25/04/2003: comunicato Brukman "La polizia si ritiri dalla nostra fabbrica".


I lavoratori e diversi settori popolari continuano ad essere le principali vittime di una scalata repressiva del governo, fatta di sgomberi delle fabbriche rimesse in funzione dai loro operai, aggressioni agli asambleístas e arresti di dirigenti piqueteros e sindacali, che reclamano lavoro e dignità.
Oggi, alle due, l'impressionante operativo di polizia, che militarizzava il barrio di Once e bloccava le sue strade principali, retrocedeva fino alla porta della fabbrica, dove concentrava tutti i suoi effettivi.
Ma questa disposizione dittatoriale diveniva inattuabile dopo il massiccio ripudio popolare, che mobilitava più di 20.000 persone tra lavoratori, studenti, cittadini, artisti, deputati nazionali e di Bs As, organizzazioni per i diritti umani, nonchè un gran numero di cittadini e di commercianti, stanchi di vivere in una zona occupata dalla guardia di fanteria, dal gruppo GEO e dai servizi d'intelligence.
Noi lavoratori della Brukman vogliamo chiarire, rispetto ad alcune versioni giornalistiche, che non abbiamo realizzato nessun tipo di accordo con la polizia.
La decisione di liberare la zona militarizzata è stata presa dalla stessa polizia, di fronte al massiccio dissenso popolare e al discontento dei cittadini e commercianti della zona.
Pretendiamo inoltre l'immediato ritiro della polizia dalla fabbrica e dintorni. Questa è l'unica condizione per porre le basi per un dialogo con il governo e con la giustizia. Non accetteremo mai il ricatto di un dialogo, mentre la polizia punta le sue armi verso di noi e verso la fame dei nostri figli.
Lontani dall'essere intransigenti, sapremo posticipare la nostra richiesta di statalizzazione della fabbrica sotto controllo operaio, per concordare quattro punti fondamentali
Li abbiamo prospettati migliaia di volte al governo e con il ritiro della polizia siamo disposti a discuterne ancora.

Nello stesso senso del piano di opere pubbliche, proposto dai ceramisti della Zanón, chiediamo:
- l'espropriazione definitiva e senza alcun pagamento dell'immobile e dei macchinari, per poter proseguire con la produzione sotto controllo operaio
- che lo Stato garantisca i salari, rispettando il contratto collettivo e conceda un sussidio di 150.000 pesos per gli investimenti e per diversificare la produzione
- che lo Stato si impegni ad acquistare parte della nostra produzione, per rifornire di lenzuola gli ospedali, di camici i collegi e di indumenti la popolazione indigente.

Porre la fabbrica al servizio della comunità: questo è l'unico accordo credibile, per conservare i posti di lavoro e crearne altri, che noi faremo con lo stato.
Quello stesso stato, che non richiede all'impresario Jacobo Brukman milioni di dollari mai versati in imposte e che ne regala 18.000 milioni alle banche che hanno truffato i risparmiatori, e che oggi ha militarizzato la nostra fabbrica, perchè un giudice sostiene che gli interessi economici vengono prima di qualsiasi altro diritto.

Saranno i lavoratori, coloro che riusciranno a porre la fabbrica al servizio della comunità, non gli impresari corrotti, nè i funzionari repressori e i giudici della dittatura.

Trabajadoras y trabajadores de Brukman

Venerdì, 24 Aprile 2003


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