14/07/2010: Vafammocca alla Fiat e a chillu sfaccimm'e Marchionne
Considerazioni sulla proposta del democratico e illuminato Amministratore Delegato della FIAT, Sergio Marchionne, agli
operai fannulloni della FIAT di Pomigliano d'Arco.Ovvero, come funziona la democrazia del padrone.
In una intervista del 2006, l'allora Presidente della Camera Fausto Bertinotti così pontificava:
“La maggioranza attuale, quella che ha vinto le elezioni del 9 e 10 aprile, ha sempre avuto di fronte a sé il problema
dell’allargamento: cioè accrescere il consenso sociale, oltre le cifre risicate di quello elettorale, aumentare la sua
influenza e capacità di orientare i cittadini. Mi è già capitato di dire che questa operazione, se non vuole diventare
puro politicismo, significa, per esempio, un’alleanza del popolo di sinistra con quel pezzo di borghesia che è disposta
ad andare oltre il liberismo - quella che ammette che la compressione dei salari non è la strada giusta per uscire dalla
crisi italiana. Marchionne, per fare anche un nome”.
Nel giugno del 2010 un tal Sergio Marchionne (evidentemente “omonimo” di quello che il Signor Bertinotti indicava come
esempio di borghese illuminato e democratico, stranamente pero' anche omologo di quello poiché, come quello,
Amministratore Delegato della FIAT) ha messo all'asta tra i lavoratori FIAT dello stabilimento polacco di Tichy e quelli
dello stabilimento italiano di Pomigliano d'Arco un imprecisato numero di posti di lavoro. Si tratta, non c'è bisogno di
dirlo, di un'asta al ribasso: i lavoratori che accetteranno di peggiorare di più le proprie condizioni di vita e di
lavoro avranno il “premio”.
Il Signor Sergio Marchionne, fedele alla propria natura di “democratico” e “illuminato” (stando alle dichiarazioni dei
suoi ammiratori1) non ha voluto imporre nulla a nessuno, se non una sola cosa: un “referendum” tra i lavoratori che
aveva un scopo politico abbastanza chiaro: spaccare i lavoratori, metterli in ginocchio per avere mano libera a
Pomigliano (e non solo), aprendo contestualmente la strada al dilagare di “accordi in deroga” in altre decine di
imprese. Un'operazione nell'interesse specifico della FIAT e di quello generale del padronato italiano.
Lo ha chiarito bene il Ministro Sacconi (che Eugenio Scalfari ha opportunamente definito un uomo “ridicolo” per la sua
maniacale fissazione di attaccare la CGIL (e a maggior ragione la FIOM):
“'Pomigliano farà scuola' ha affermato ieri il ministro Sacconi a margine dell'Assemblea annuale di Confindustria di
Modena, perché 'dimostrerà che nei territori si possono raggiungere punti di incontro tra esigenze di competitività
d'impresa e quelle legate alla qualità e alla buona remunerazione del lavoro dall'altro'. L'obbiettivo di Sacconi è
quello di arrivare a deroghe sostanziali dello Statuto dei Lavoratori in base ad accordi sul territorio e forme
bilaterali. Un federalismo normativo che corrisponda alle esigenze produttive”2
Il risultato del referendum-capestro è risultato di fatto impattato perché senza consenso la “qualità totale” (se
vogliamo chiamarla schematicamente così) non funziona; ma nessuno ha avvisato l'uomo ridicolo che ha continuato a
rilasciare dichiarazioni deliranti3 senza capire che si era aperta una fase nuova. E infatti l'uomo ridicolo ha iniziato
a domandarsi preoccupato come mai la FIAT non sembra più tanto intenzionata a portare la produzione della Panda a
Pomigliano4 fingendo di non capire (o non capendo?) che il piano di Marchionne non era quello di portare in Italia la
produzione della Panda bensì quello di portare in Italia il modo in cui i lavoratori polacchi costruiscono la Panda.
Per questo Marchionne non ha chiesto un generico consenso, ma ha voluto una vera e propria prova di forza, per
schiacciare ogni resistenza in fabbrica (in primis quella dei lavoratori COBAS e FIOM) sotto il peso di un plebiscito
strappato con la minaccia della chiusura. Ma se “almeno” i no avessero superato i sì la FIAT avrebbe potuto, almeno,
prendere quel no a pretesto per chiudere “baracca e burattini” scaricando sui lavoratori COBAS e FIOM la responsabilità
della chiusura. E invece è venuto fuori quello che per la FIAT è forse il “caso peggiore”, il caso che fa annunciare
alla FIAT l'intenzione di andare avanti, ben sapendo che contro la metà degli operai non c'è accordo che tenga.
***
Possiamo dire che, con il risultato del referendum, alla fine gli operai hanno vinto? In certa misura si'. Marchionne ha
subito oggettivamente uno smacco e per sincerarsene basta leggere le sue dichiarazioni del dopo voto. Ma questo smacco
potrebbe essere solo transitorio se qualcuno, dopo aver fatto la nobile scelta di non accettare il diktat, decidesse
adesso di dare alla FIAT con una mano ciò che non aveva voluto dare con l'altra5.
Quella del “fronte del no” è stata – di fatto - una vittoria numerica perché solo il 59% degli “aventi diritto” ha detto
sì6 mentre gli altri lavoratori hanno detto no o non hanno neppure partecipato al voto. Tra gli operai la percentuale
dei favorevoli all'accordo è stata ancora più scarsa (circa il 50%) e chissà quanti sono quelli che avrebbero voluto
dire no al ricatto della FIAT, di CGIL-CISL-UIL, dei preti, di quasi tutti i partiti parlamentari, di quasi tutto il
sistema “informativo” (televisione, radio, giornali...)..., ma non ne hanno avuto il coraggio.
Ma la vittoria dei lavoratori è, più ancora che numerica, politica. Questo 40% che ha resistito ad una violenta e
spudorata campagna di aggressione, di mistificazione, di denigrazione... una campagna condotta in modo trasversale da
più o meno tutte le forze politiche parlamentari e che mai si era vista all'opera con questa sfrontata veemenza anti-
proletaria... è un patrimonio per la classe operaia del Meridione (e non solo) perché invia agli altri lavoratori FIAT
(e non solo) un messaggio di straordinaria forza d'animo, di coraggio, di dignità... in un passaggio davvero
difficilissimo. È un messaggio che dice: abbiamo ancora voglia di resistere contro il ricatto del padrone e dei suoi
servi politici, sindacali, giornalistici...
Quello che arriva da Pomigliano d'Arco è un messaggio contro la rassegnazione, un punto di resistenza da cui ripartire:
oggi, i lavoratori FIAT sono più forti e l'errore più grande che si potrebbe fare sarebbe quello di svendere questo
risultato con un accordo che desse alla FIAT, nella sostanza, quello che vuole, solo in modo un po' meno brutale e un
più concertato7.
I lavoratori hanno detto no al 18° turno, allo spostamento e al comando delle pause, all'aumento dei ritmi e dei carichi
di lavoro, alla triplicazione degli straordinari, alla penalizzazione dello sciopero... e magari - perché no? - molti
lavoratori giovani hanno detto di no anche al passare il sabato sera con i capi in fabbrica invece che con gli amici o
le fidanzate. È forse sbagliato? Chi dice che bisogna rinunciare a tutto e sacrificare la propria intera esistenza alle
esigenze di profitto del capitale?
Eppure qualcuno già si dice disponibile a sottoscrivere un accordo che introduca il 18 turno e un aumento di
produttività che permetta alla FIAT di raggiungere i suoi obbiettivi. E invece i lavoratori è proprio a questo
gigantesco aumento di produttività (cioè di sfruttamento) non retribuito preteso dall'azienda che hanno detto di no. Non
hanno detto: "che rientri dalla finestra quello che abbiamo buttato fuori dalla porta”.
Ora, è chiaro un po' a tutti che, aldilà delle dichiarazioni ufficiali, il “piano Marchionne” rischia di arenarsi, a
meno dei sotterfugi di qualcuno che pensa di dimostrarsi disponibile in privato dopo essersi mostrato indisponibile in
pubblico. Che senso avrebbero, altrimenti, le dichiarazioni di Epifani e Landini secondo i quali è escluso che la FIOM
metta in atto azioni di boicottaggio del piano FIAT? Per quale motivo non si dovrebbe cercare di boicottare in tutti i
modi (giuridici, sindacali e chi più “fantasia” ha più ne metta...) per impedire l'applicazione di un accordo che la
metà dei lavoratori non vuole e buona parte dell'altra metà ha dovuto subire “obtorto collo”? Se la FIAT decidesse con
arroganza di andare avanti a tutti i costi il boicottaggio non diverrebbe forse la strada obbligata? Certo che sì; anzi,
sarà proprio nella gestione del risultato del referendum che si vedrà più chiaramente l'onestà intellettuale (o meno) di
molti che oggi vengono, giustamente, elogiati per la posizione che hanno assunto.
Può sembrare, questa nostra, una nota pessimistica in un momento di parziale sollievo, ma ci preoccupa sentire il
Segretario Nazionale della FIOM ripetere in modo singolarmente ossessivo, prima, durante e dopo il voto, che è
necessario riaprire la trattativa per realizzare gli obbiettivi del Piano FIAT con gli strumenti del CCNL (che peraltro
la FIOM non ha firmato). Non vorremo che accadesse – nella sostanza, se non nella forma – quello che è già successo nel
rinnovo degli integrativi alla Fincantieri di Porto Marghera o alla Piaggio di Pontedera dove la FIOM ha accettato di
sottoscrivere l'accordo dopo aver perso il referendum tra i lavoratori.
A questo proposito vale la pena di segnalare due elementi: il primo elemento lo ricaviamo da un articolo del “Professor
Flessibilità” e parlamentare PD, Pietro Ichino, che non ci dorme la notte per scovare i metodi più efficaci per aiutare
i padroni a colpire la “rigidità” del lavoro (che poi vuol dire tentare di abbattere ogni argine di resistenza da parte
dei lavoratori) il quale ci narra una cosa nota, ma che merita di essere ricordata ovvero il fatto che di accordi in
deroga al CCNL se ne fanno eccome e pure la CGIL ne ha firmati8. Il secondo elemento è legato al primo ed è un
“ricordo”, il ricordo di un accordo in deroga sottoscritto anche dalla FIOM proprio nel Gruppo FIAT e per la precisione
per la nascita dello stabilimenti di Melfi, realizzato con i soldi dello Stato e con l'annullamento preventivo di molti
diritti dei lavoratori, nel contesto di quella che è stata spesso definita la politica del “prato verde”.
***
La FIAT si conferma fedele alla propria tradizione “democratica” di lungo periodo, iniziata negli anni in cui finanziava
Mussolini e il fascismo, proseguita negli anni '50 quando l'AD Valletta faceva isolare i comunisti e i sindacalisti più
attivi nei “reparti confino”, rinverdita dai “cesari” Romiti - che tra le altre cose degne di nota (penale) è stato
condannato per aver fatto pedinare gli attivisti dei Cobas - e infine riportata a splendore dal Signor Marchionne (che
anche lui non scherza in quanto a “reparti confino” visto che ha infilato a Nola un po' di lavoratori rompiscatole,
purtroppo con il “silenzio assenso” anche di organizzazioni sindacali che oggi lamentano il tentativo di essere
isolate).
Un'azienda così ligia alle libertà dei lavoratori non poteva permettere che un manipolo di facinorosi facesse fallire il
“Grande Referendum” che univa in un sol coro padroni, governo, opposizioni, sindacati, preti... Ed è con questa
irresistibile aspirazione alla democrazia (obbligatoria) che si spiegano le asfissianti pressioni - di ogni di tipo e da
ogni parte – piovute sui lavoratori, senza contare la più formidabile di tutte le pressioni: il ricatto della perdita
del posto di lavoro in un territorio in cui lavoro ce n'è sempre meno. Tutti, ma proprio tutti, dai preti più o meno
pedofili ai politici e i sindacalisti di ogni colore (cioè del solo colore, giallo, amico del padrone), dai “semplici
cittadini” fino al padronato (con l'insuperabile appello del presidente campano di Confindustria “bisogna capire che qui
sono in gioco migliaia di famiglie!!!”. Dio bono... anche lui che non è certo un'aquila “capisce” che bisogna “difendere
i figli degli operai” e non lo capiscono i padri di questi figli, gli operai, i fannulloni, gli assenteisti, i tifosi..
Che gente, Contessa.
Un inciso a proposito di “fannulloni” visto che questo refrain viene ripetuto periodicamente.
Iniziò il Signor Tommaso Padoa Schioppa affermando che i giovani italiani sono solo “bamboccioni” che non hanno voglia
di lavorare e preferiscono starsene in famiglia fino a 40 anni a prendere la paghetta dalla mamma. Bell'analisi davvero
della situazione sociale giovanile italiana...
Poi venne il Signorino (qui il diminutivo è d'obbligo) Renato Brunetta che fece una bandiera del luogo comune circa la
fannullaggine congenita dei dipendenti pubblici. Erano i tempi in cui il Piccolo, la Gelmini e tutto il resto del
Governo tagliavano miliardi di euro un po' dovunque (e particolarmente alla scuola pubblica, tanto per “non” fare un
favore a quella privata monopolizzata dal clero). Naturalmente qui l'attacco ai lavoratori era funzionale ad isolarli
nel momento di un attacco frontale: Legge 133, tagli alla ricerca e ai servizi, taglio dei trasferimenti alle Regioni,
prosieguo del blocco del turn-over, blocco dei salari per 4 anni, aumento dell'età pensionabile per le donne9, ecc...
Nel marzo del 2009 il Ministro del Padrone, il Signor Maurizio Sacconi, ha proposto un DDL per azzerare di fatto il
diritto di sciopero nel trasporto pubblico (foriero di analoghi provvedimenti per il resto del Pubblico Impiego)
additando i lavoratori dei trasporti come responsabili dei disagi per i pendolari.
Ed ecco ora il Democratico Marchionne.
Ogni volta che un segmento di lavoratori viene attaccato si scatena, ormai in modo puntuale, una vera e propria campagna
di denigrazione il cui obbiettivo è quello di isolare i lavoratori descrivendoli come egoisti, fannulloni, assenteisti,
gente che non si preoccupa né del destino dell'Italia, né di quello della Santa Impresa, né di quello dei loro stessi
figli... Le “leggi del mercato” capitalistico, quelle, per intenderci, che fanno centinaia di migliaia di morti sul
lavoro e decine di milioni di disoccupati all'anno, sono intoccabili. I miseri diritti residui dei lavoratori, invece,
quelli devono essere messi a disposizione ogni volta che il padrona schiocca la frusta.
Si cerca di nascondere l'unitarietà dell'attacco che viene sferrato contro i lavoratori nel loro insieme ovvero contro
la classe dei lavoratori e li si spinge a reagire solo quando sono attaccati singolarmente: che m'importa degli
immigrati, io sono italiano... Che mi porta dei lavoratori pubblici? Io sto nel privato... Che mi importa dei precari?
Io sono “garantito”... E così, mentre i lavoratori di disgregano e si combattono gli uni con gli altri, i padroni
intanto ingrassano assieme ai sindacalisti di regime, ai preti pruriginosi, ai politicanti di destra e di “sinistra”.
Ecco perché a Pomigliano è partita una campagna forsennata contro i lavoratori che fanno resistenza ad infilare la testa
nella ghigliottina. Giornali e televisioni hanno pompato la ridicola “fiaccolata per il sì” organizzata dalla FIAT per
emulare la cosiddetta “marcia dei 40.000” dell'80. Questi vampiri della FIAT, mai sazi del sangue che hanno succhiato
per decenni dalle casse dello Stato ovvero soprattutto dalle tasche dei lavoratori dipendenti, mobilitano tutta la
propria influenza per additare i lavoratori al pubblico ludibrio.
E la CGIL cosa fa? Critica la FIOM. E il PD cosa fa? Si mette in prima fila per sostenere la voce del Padrone; basta
leggere le dichiarazioni del cameriere Enrico “Letta letta”10 (come Sergio Saviane amava chiamare suo zio) o del Signor
Bersani Pierluigi che sta al Signor D'Alema Massimo e al Sig. Marchionne Sergio come il pupazzo Rockfeller sta al
ventriloquo José Luis Moreno, cioè con il di lui braccio infilato nel didietro. Solo “en passant” possiamo ricordare le
pornografiche dichiarazioni di quella spazzatura umana che porta il nome di Veltroni Walter e Fassino Piero o la
“straordinaria” lettera con cui 8 senatori del PD hanno scritto a Sergio Zavoli, Presidente della RAI, lamentando il
troppo spazio riservato alla FIOM nei TG. Se non fossimo daccordo con il povero Franco Basaglia e non sapessimo che le
tasche di questi sudici individui sono irrorate con il denaro della FIAT verrebbe da dire “roba da manicomio”11...
E che dire dei giornali “democratici” i quali, mentre si lamentano di essere imbavagliati da Berlusconi con la legge
sulle intercettazioni, imbavagliano a propria volta ogni voce non pienamente in sintonia con quella del padrone e hanno
dato spazio a chiunque avesse da buttare veleno contro i lavoratori della FIOM e dei COBAS...
***
Abbiamo sempre saputo che in una società capitalistica, aldilà delle dichiarazioni di principio di una delle più
avanzate (e meno applicate) Costituzioni esistenti, quello del lavoro non è un diritto, ma un dovere, anzi un obbligo,
non soddisfatto il quale viene compromessa la stessa riproduzione fisica dei lavoratori. Ma che il super-sfruttamento
salariato in fabbrica sia diventato persino il premio di una “gara d'appalto” al ribasso delle condizioni di vita e di
lavoro senza che nessuno (o quasi) se ne scandalizzi (anzi, tutti o quasi chiedono ai lavoratori “senso di
responsabilità”) beh, forse non sarà una cosa nuova, ma fa sempre schifo lo stesso.
Qualcuno dice: qua si vuole “polacchizzare” o “serbizzare” i lavoratori italiani. In parte è vero, certo. Ma anche nella
“democratica America” certe proposte del “democratico Marchionne” l'aveva già spuntata. Il “democratico” Obama aveva
infatti scelto lui per gestire la ristrutturazione della Chrysler (e già questo doveva suonare un campanello d'allarme
nella zucca intontita di certi infausti personaggi), dopo il fallimento di questa a seguito del tracollo finanziario di
Wall Street del settembre 2008. Obama – o, per meglio dire, il contribuente nordamericano – ci aveva messo i soldi;
Marchionne ci ha messo il suo cervellone “democratico” e i lavoratori, naturalmente, ci mettono il proprio sudore,
perdendo per strada “qualche” diritto come quello di sciopero, sospeso per 5 anni12. Dunque, quando si afferma che il
“Democratico” vorrebbe “polacchizzare” i lavoratori italiani si dice una cosa parzialmente inesatta e si potrebbe anche
dire che li vuole “statunitensizzare”.
Il fatto è che la cosiddetta “globalizzazione” aumenta la competizione tra i vari blocchi industriali, commerciali,
finanziari... a caccia di fette di mercato e questa competizione si riversa sui lavoratori spingendoli ad una rincorsa
al ribasso. Una rincorsa che l'attuale approfondimento della crisi capitalistica accentua ulteriormente13. Ecco un
motivo in più per diffidare di tutti coloro che sfornano ricette per uscire dalle crisi del capitalismo. Per i
lavoratori l'unica uscita utile è quella dal capitalismo.
***
Ora, in Italia la cosa del vietare lo sciopero non si può fare in modo diretto perché la Costituzione non lo consente,
ma l'astuto e “democratico” Marchionne non si lascia certo scoraggiare da una Costituzione qualsiasi ed ha studiato un
escamotage: penalizzare le organizzazioni sindacali che scioperando creano problemi al raggiungimento degli obbiettivi
di produzione. Ora, ci si domanderà: per quale altro motivo si dovrebbe indire uno sciopero (a parte quelli
propagandistici del venerdì pomeriggio) se non quello, appunto, di creare difficoltà all'azienda per costringerla a
trattare? Forse quello di levarsi la soddisfazione di buttare una giornata di stipendio? Beh, il “Democratico” ha le sue
idee e non teme di rivelarcele
“Smettiamola di prenderci per i fondelli. Lunedì a Termini Imerese si è scioperato solo perché giocava la Nazionale. E
così si fa a Pomigliano e in tutti gli stabilimenti italiani”14.
Qui il problema rischiava di farsi serio. Quest'anno c'erano i Mondiali di calcio in Sudafrica e le famiglie di Termini
Imerese, Pomigliano e di tutti gli altri stabilimenti FIAT già cominciavano a tremare al solo pensiero che l'Italia
arrivasse in finale. Evidentemente, tutte queste famiglie si sono riunite ed hanno fatto una bella fattura alla
Nazionale (operazione peraltro perfettamente riuscita) affinché essa fosse eliminata al primo turno altrimenti, se
l'Italia andava avanti a vincere e gli operai andavano avanti a scioperare per vederla in televisione, sarebbero
arrivate a casa buste paga piuttosto magre.
Una piccola caduta di stile del “Democratico”.... Bisognerebbe chiedere cosa ne pensa l'elegantone inFausto che di buone
maniere se ne intende. Dire che gli operai di Termini Imerese, che hanno scioperato e lottato per mesi per difendere lo
stabilimento dalla chiusura imposta dal diktat del “Nostro”, gettano via i propri pochi soldi per il pallone è
sintomatico di quale rispetto abbia il Signor Marchionne per i lavoratori: nessuno. E il modo in cui cerca di imporre le
proprie ristrutturazioni ne è la conferma. Altro che “borghese illuminato” e “no global”...
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Nelle sue esternazioni il “Democratico” ha sostenuto che la Panda in Polonia viene “prodotta bene, a un livello di
qualità mai raggiunto in uno stabilimento italiano”. Può darsi. Embé? Per 1200 euro al mese pretende pure la gara a chi
sgobba meglio (ovvero, di più)?
Se il Democratico pensa di suscitare l'orgoglio italico affinché i lavoratori si rimbocchino le maniche e dicano “adesso
vi facciamo vedere chi lavora di più e meglio” l'unica risposta che merita è la seguente: del premio come operai più
sgobboni del mondo nun ce ne po' fregà de meno... Giochiamo magari a chi lavora di meno, a chi non perde la vita o la
salute, a chi non va fuori di cervello, a chi non deve riempirsi di integratori, di psicofarmaci o di cocaina per
reggere i ritmi e lo stress, a chi difende la propria dignità di lavoratore, a chi i ricatti cerca di rispedirli al
mittente.... Quella gara lì, sì, facciamola. A Pomigliano sono in testa alla classifica? Bravi.
E poi si fa presto a parlare. In Polonia mica avevano una Nazionale come la nostra; loro non devono mica scioperare
visto che ai Mondiali manco ci sono arrivati...
L'egregio Signor Sergio Marchionne si lamenta per l'assenteismo negli stabilimenti, soprattutto a Pomigliano. L'egregio
Signor Guglielmo Epifani, che non perde mai una sola occasione per tacere e per ribadire quanto abbia a cuore i problemi
del padrone, gli fa il controcanto
“La Cgil è assolutamente disponibile a trovare soluzioni per un assenteismo che a tratti ha assunto a Pomigliano
caratteristiche intollerabili”15
Vabbé, quella dell'assenteismo era già cosa vecchia come ha dimostrato persino Landini, Ma “Epifanio” ha fatto finta di
non saperlo per assestare un bello schiaffone ai lavoratori nel momento di massima pressione, offrendo consapevolmente
agli amici della FIAT una potente arma di attacco propagandistico. Bravo Guglielmo, così si fa... Poi magari qualcuno si
domanda come mai quelli di Pomigliano a quelli come lui, nel 1992, li prendevano a bullonate...
Posto che probabilmente non si assentano solo i lavoratori di CISL e UIL, ma magari – eventualmente – anche quelli della
CGIL cosa intende fare il Sig. Epifani? Ingaggiare detectives come faceva il buon Cesare Romiti per pedinare i
lavoratori del suo sindacato e poi denunciarli alla FIAT? Sbirri e pure sbirri in casa propria? Ci sovvengono poi un
paio di interrogativi: Primo: le assenze sono “intollerabili”, dice Epifani, per chi? Per la CGIL? Secondo
interrogativo: se fosse vero che i lavoratori di Pomigliano si fingono malati per ogni cazzata, se si fanno permessi
fasulli per starsene a casa, se si assentano in modo addirittura “intollerabile”... ma che cazzo di bisogno hanno di
scioperare per guardare la partita? Un permessino fasullo, un raffreddorino al momento giusto, un “intollerabile”
assenza... et voilà, Forza Italia! Ops, scusate la parolaccia. E poi chissà se a Pomigliano tifavano tutti per l'Italia.
Al mondiale c'è anche Diego Armando Maradona...
Il Sig. Epifani - con quella sua faccia di persona che non ha mai lavorato un minuto in tutta la sua vita - ha
rilasciato in questi giorni una raffica di interviste. Tutti gli chiedono cosa pensa della FIOM e della proposta FIAT. E
lui senza neppure tanti giri di parole fa capire che per lui la FIOM non va manco considerata della CGIL e che la FIAT
deve fare qualche finta concessione per permettere alla FIOM di firmare dopo quello che non ha voluto firmare prima. E
se non lo fa allora cannonate anche in casa.
Qui merita fare un breve inciso. La posizione della FIOM è una posizione per alcuni aspetti da sostenere, per altri da
discutere. E' da sostenere la scelta di non firmare e di resistere contro numerose pressioni. E' un pochino più da
discutere quello che ha dichiarato Landini ovvero che la FIOM ha fatto (lei) una proposta grazie alla quale si può
realizzare il piano di Marchionne (dal 18° turno alla lotta contro l'assenteismo, dall'aumento della produttività a, in
definitiva, la realizzazione del numero di vetture richieste) senza violare la legge e il contratto nazionale (cioè
senza penalizzare i sindacati per gli scioperi che influenzano il raggiungimento del “target”, senza comandare le pause
mensa, senza triplicare gli straordinari obbligatori...). Questa posizione è discutibile perché rende dogmatici, ovvero
indiscutibili, gli obbiettivi (ufficiali) di Marchionne sul piano sindacale. E soprattutto: chi diavolo glielo ha
chiesto tutto questo zelo?
***
Lo scontro in casa CGIL non è una novità. Semmai, la novità sarebbe se, almeno per una volta, la CGIL riuscisse a stare
dalla parte dei lavoratori.
“Lei condivide la posizione della Fiom? 'Io dico ciò che chiede la Cgil: che si realizzi rapidamente l'investimento
previsto per lo stabilimento di Pomigliano. Questo è il frutto di anni di mobilitazione nel territorio da parte dei
sindacati, della Cgil, della Chiesa, delle istituzioni locali. A Napoli non c'è alternativa. Stiamo parlando di 15 mila
posti di lavoro, compresi quelli dell'indotto. Un piano di queste dimensioni impone una sfida che sicuramente deve
essere raccolta: quella della saturazione degli impianti e della turnazione. Su questo non dobbiamo avere timidezze. I
18 turni non sono una novità. In molte fabbriche si lavora 24 ore su 24 per sette giorni. Sappiamo che sarà un
sacrificio alto per i lavoratori, perché non è facile lavorare il sabato e la domenica di notte, perché non è la stessa
cosa lavorare alla catena di montaggio o stare seduti davanti a una scrivania'”16.
Come lui, appunto. La risposta comunque è chiarissima. Anche un idiota capisce che la CGIL è totalmente daccordo con la
proposta di Marchionne e del resto lo si era capito benissimo dal momento che si sono dichiarati per il sì, oltre ad
Epifani, anche il Segretario Regionale della Campania e quello Provinciale di Napoli. E tra l'altro, rispondere a chi
chiede “cosa pensi della FIOM” “ti dico cosa pensa la CGIL” è rappresentare non tanto una distanza, ma una estraneità,
un sentirsi due organizzazioni sindacali diverse.
In tutto questo c'è del buono: forse i lavoratori della FIOM prenderanno atto di questa estraneità, prima di essere
isolati e stritolati dall'attacco combinato della struttura repressiva della CGIL e del padronato; forse smetteranno di
sostenere inutili battaglie interne che servono solo per spolverare lo scranno di qualche dirigente; forse finalmente
usciranno da una organizzazione come la CGIL che sta dimostrando, oggi come non mai, il proprio collateralismo e la
propria subalternità al padrone, anche quando questo si presenta con il peggiore dei volti.
***
Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco rappresenta, assieme a quello di Arese, la storia del marchio Alfa Romeo (quello
che Marchionne vorrebbe portare negli USA). Ma l'Alfa Romeo non è sempre stata della FIAT; prima di entrare nel gruppo
era di proprietà del Gruppo IRI (ovvero dello Stato). Chi ebbe la bella pensata di privatizzarla fu il Sig. Prodi
Romano, nel 1986, per ripianare i conti. È un vizietto che il Sig. Prodi e i suoi sostenitori politico-sindacali hanno
avuto per tutti gli anni '80 e, soprattutto, '90: fare cassa (IRI o Tesoro) svendendo i punti cardine del sistema
economico pubblico (dall'auto alle telecomunicazioni, dalle banche all'energia) ciò che ha prodotto danni incalcolabili.
Vediamo cosa ha prodotto sull'Alfa Romeo. Quando ne fu avviata la privatizzazione vennero fuori due offerte principali:
una della FIAT e una della FORD. La FORD offriva molto di più della FIAT, ma la FIAT aveva un asset vincente:
l'italianità (in realtà, gli intrallazzi politico-sindacali e magari anche qualche “mazzetta” agli amici). L'IRI decise
quindi di regalare l'Alfa Romeo (tra l'altro un marchio di qualità) alla FIAT perché, si disse, questo avrebbe
rappresentato una maggiore garanzia per i lavoratori. Il sindacato confederale applaudì.
Alla vigilia della privatizzazione l'Alfa Romeo aveva “circa 30.000 dipendenti (qualche migliaio a Milano Portello,
8.000 a Pomigliano d'Arco e 19.000 ad Arese”17. Vediamo l'effetto dell'italica FIAT: il Portello è chiuso. Arese è
sostanzialmente chiusa anche ci sono diverse centinaia di lavoratori “in esaurimento” ed è in atto una gigantesca
speculazione immobiliare sulle aree realizzata anche attraverso i soldi che la FIAT ha preso per la realizzazione di
produzioni che non ha mai realizzato. Adesso si minaccia di chiudere anche Pomigliano. Circa 30.000 dipendenti
spolverati in 20 anni e il tutto ricevendo una quantità spropositata di denaro pubblico sotto le più diverse forme.
Evviva l'italianità !!
Se si avesse la capacità di guardare la propria storia si capirebbe che nessuna promessa fatta da questi “signori”
rappresenta una garanzia per i lavoratori. E se dopo aver ottenuto quello che vuole la FIAT decidesse di non metterceli
più i 700 milioni, magari accampando qualche scusa legata al “mercato internazionale”? Dopo 20 anni di continui
arretramenti i lavoratori – anche sotto la spinta di una crisi che ne minaccia drasticamente la condizione, cominciano a
muoversi. Non è facile perché devono vincere decenni di inerzia e di sconfitte. Soprattutto, devono muoversi contro
tutti, contando solo sulle proprie forze, cominciando con la resistenza che concretamente sono in grado di esprimere.
I lavoratori coraggiosi che a Pomigliano hanno detto no sono una parte di questa resistenza ed è per questa ragione che
a loro va tutto il nostro sostegno di lavoratori, precari, disoccupati, immigrati..., mentre a coloro che, da destra e
da “sinistra”, li hanno denigrati e isolati va tutto il nostro disprezzo. Disprezzare questa genìa infame è oggi, forse,
il massimo che possiamo fare, ma tutti sappiamo – Marchionne compreso - che la situazione cambierà perché anche anche i
muli, dopo una certa dose di bastonate, cominciano a scalciare.
Dagli “spalti” degli stabilimenti FIAT i tifosi operai (e noi con loro) levano il loro saluto: “Marchionne, Marchionne,
la senti questa voce? Vafammocca! Vafammocca!”
NOTE
1 E non solo di Bertinotti. Il “partito del pull over” (che prende il nome dai maglioni casual che Marchionne, da uomo
“pratico” ed “efficiente” quale è, indossa al posto di giacca e cravatta) è un partito ampio e trasversale. A “sinistra”
ha irretito la massima dirigenza del PRC, ma anche quella del PD (si vedano, solo per fare un esempio, le recentissime
dichiarazioni di Enrico Letta (vice di Bersani), Veltroni, Fassino...).
2 Intervista al Corriere della Sera del 15 giugno 2010.
3 Intervista al Corriere della Sera del 24 giugno 2010.
4 Alle 11:57 di mercoledì 23 giugno il sito Internet de La Repubblica titolava: “Ira di Marchionne: accordo in bilico” e
già dal giorno prima si parlava di un nuovo piano per gestire un eventuale scenario negativo (ovvero una bassa adesione
alla proposta FIAT).
5 Fiom pronta a riaprire la trattativa. Ma la Fiat rispetti le leggi, La Repubblica online, 1 luglio 2010.
6 Aventi diritto al voto 4.881 lavoratori, votanti 4.642, SI 2.888, NO 1673
7 E questo è, purtroppo, quello che emerge con una certa chiarezza dalle dichiarazioni di Maurizio Landini (vedi la
Conferenza Stampa del 23 giugno sul sito www.fiom.cgil.it).
8 P. Ichino, Appunti di un giurista su Pomigliano, lavoce.info, 18.06.2010. Alla fine dell'articolo il “professorone” è
capace di riportare, “a sostegno” delle proprie tesi, persino una statistica contraffatta o, per meglio dire,
interpretata “ad arte”: si tratta degli IDE (Investimenti Diretti Esteri) in Europa. Secondo Ichino il fatto che in
Italia (ma anche in Germania e Francia) si facciano pochi IDE è male, mentre è bene che se ne facciano molti in Estonia,
Latvia, Slovakia... Forse al Prof. sfugge che spesso sono proprio i paesi che ricevono pochi IDE a farne molti per la
ragione banale che le imprese dei paesi “non virtuosi” (nel senso di Ichino) vanno ad impiantare imprese in quelli
“virtuosi” (sempre nel senso di Ichino) dove i lavoratori sono supersfruttati.
9 E, proprio in questi giorni, blocco governativo del rinnovo delle RSU.
10 Corriere della Sera, 15 giugno 2010.
11 Adragna, senatori Pd e Api a Zavoli: Nei Tg su Pomigliano spazio solo alla Fiom, 5 giugno 2010, PD Senato.
12 AffariItaliani.it. Auto/Chrysler, Uaw: stop scioperi per 5 anni. Marchionne scommette su bancarotta, 29 aprile 2009:
“Fiat mette le mani su Chrysler ma niente scioperi fino al 2015. L'intesa raggiunta con i sindacati della Chrysler,
infatti, limita notevolmente la possibilità di pressioni da parte dell'Uaw, che si è impegnato a non protestare almeno
per 5 anni”.
13 Sono ormai decine e decine i milioni di posti di lavoro bruciati in questi due anni. E il Fondo Monetario
Internazionale, al G20 di qualche giorno fa, ha indicato (per difetto) in 30 milioni i posti di lavoro che si perderanno
nei prossimi mesi.
14 Marchionne: “A Termini sciopero per vedere l'Italia”, RaiNews24.
15 Intervista de La repubblica a Guglialmo Epifani, 15 giugno 2010
16 Intervista de La repubblica a Guglialmo Epifani, 15 giugno 2010
17 http://it.wikipedia.org/wiki/Alfa_Romeo
6 luglio 2010
PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati
http://www.autprol.org/