09/12/2009: Una bomba di carta


Nella notte tra il 19 ed il 20 ottobre 2008, alcuni amanti della libertà, con il coraggio di osare laddove altri rimandano indefinitamente il tempo dell'azione, lanciavano un paio di “bombe carta” all’interno della caserma dei Vigili di Parma, responsabili del pestaggio a sfondo razziale dello studente ghanese Emmanuel Bonsu, e appendevano uno striscione nelle sue vicinanze.
Lo striscione recitava: “Contro il razzismo infiamma la reazione. Vendetta non giustizia! Monteverdi via!” (Costantino Monteverdi: l’Assessore alla Sicurezza del Comune di Parma).
Nelle ore successive furono fermati ed arrestati alcuni anarchici, accusati di essere i responsabili.
I giudici decisero l’imputazione per “esplosione e porto abusivo di materiale esplodente con finalità di terrorismo”. I tre anarchici, a cui si aggiunse la posizione di un quarto compagno indagato a piede libero, si sono fatti da allora mesi e mesi tra carcerazione preventiva, arresti domiciliari ed altre misure coercitive.
Questo fino al 2 dicembre di quest’anno, quando il Giudice, Gabriella Castore del Tribunale di Bologna, ha deciso con rito abbreviato, dopo una perizia tecnica, di modificare le accuse in quanto le famose “bombe carta” si sono rivelate semplicemente dei petardi.
Ciò non ha impedito la condanna di alcuni degli accusati. Nora è stata condannata ad un anno, Madda, che si trovava ancora ai domiciliari ed è stata finalmente liberata, ad un anno e due mesi, che è poi, “casualmente”, il tempo che ha già trascorso tra carcere e domiciliari. Giuseppe ha scelto un’altra via processuale e sarà giudicato dalla Corte d’Assise di Parma il 15 marzo. Simone, invece, è stato assolto con formula piena.
Dipinti dai giornalisti, per settimane e mesi, come terroristi da rinchiudere e diffamare, inserendo negli articoli nomi, cognomi, paesi di residenza e, in alcuni casi, perfino le loro foto, i pennivendoli infami hanno voluto creare i presupposti per una successiva condanna degli anarchici, dando prova, anche questa volta, della loro squallida propensione all’obbedienza nei confronti di chi comanda, schierandosi apertamente dalla parte dei persecutori, degli sbirri, della repressione.
I compagni hanno trascorso la detenzione accettando le conseguenze delle ritorsioni che uno stato che imprigiona le idee, i sogni e le pratiche per realizzarli inevitabilmente mette in atto contro chi si batte per un mondo senza ingiustizie e senza oppressione, senza schiavi e senza padroni.
Ma nelle galere di questa galera più grande che è l’organizzazione sociale odierna, sono migliaia le donne e gli uomini che vengono ammassati uno sull’altro e dimenticati dietro le celle dal cosiddetto mondo civile, peraltro in costante aumento a causa dell'invenzione di sempre nuovi reati e dell'inasprimento di quelli esistenti.
La maggior parte di loro si trova nella stessa identica situazione dei compagni anarchici e cioè in carcerazione preventiva, senza avere ancora subito il primo grado di un processo, alla faccia della tanto sbandierata “presunzione di innocenza”. La maggior parte di loro è detenuta per reati minori legati all’inasprimento delle leggi sulle droghe, a delitti contro la proprietà privata oppure all’immigrazione clandestina, così designata dai razzisti che ci governano e che ne hanno fatto un crimine.
Che qualcuno di questi dimenticati muoia, ad un ritmo altissimo, suicidati dallo Stato o pestati a sangue da qualche servo in divisa, non importa a nessuno.
In una società che invoca sempre più “sicurezza”, sempre più poliziotti picchiatori, sempre più telecamere, sempre più militari per le strade, sempre più controllo, nuovi “volontari civici”, nuove divisioni tra persone nate in paesi diversi, nuovi moduli carcerari, l’unica sicurezza è quella che gli sfruttati sono il bersaglio stabilito di un progetto che mira a distruggere a mano a mano le residue libertà che ancora ci sono restate. Contro questo mondo paranoide e securitario, contro l’allargamento a macchia d’olio della degenerazione collettiva, contro l’organizzazione sociale degli sfruttatori e dei carcerieri, gli anarchici non dovranno lesinare una goccia del loro sudore. Affinché il muro dell’autorità e della violenza istituzionale possa crollare e divenire macerie.
Alcuni compagni sono ritornati tra noi, sulle barricate, molti altri sono ancora prigionieri di guerra; un grosso abbraccio a Madda, finalmente libera!
Solidarietà ai compagni rivoluzionari tuttora detenuti nelle patrie galere ed in quelle di tutto il mondo.
Tutti/e liberi/e (e ribelli!)

4/12/2009
Anarchici di Ferrara

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