09/12/2009: Genova, 11/12: presidio al processo contro i blocchi del porto dell'aprile 2007


Di lavoro si muore perché di precarietà si vive!
Venerdì 11 dicembre processo alla solidarietà
Chi scende in piazza per dire basta alle morti sul lavoro viene processato nell'indifferenza dei più.

Durante le giornate che seguirono la morte di Enrico Formenti, avvenuta mentre lavorava in porto il 13 aprile 2007, alcune centinaia di portuali e persone solidali bloccarono i varchi con ogni mezzo. Per quelle giornate sono finiti sotto processo 6 compagni.
Venerdì 11 dicembre avrà luogo la terza udienza per quei fatti.
Chiediamo a tutti i lavoratori e a chiunque voglia portare solidarietà di essere presenti in aula al tribunale di Genova dalle ore 9.
Per non dimenticare Enrico. Basta con la barbarie dei padroni e l'ipocrisia dei sindacati.

"Perché non saranno mai i padroni di loro spontanea volontà, a darci la sicurezza sul lavoro, né gli addetti alla sicurezza, le commissioni, i sindacati o i giudici, ma soltanto la nostra lotta".

Genova: venerdì 11 dicembre, ore 9
Appuntamento davanti al tribunale

Dalle ore 20 cena benefit
per Gian e Massi e gli altri arrestati del 10 giugno 2009
presso il C.S.O.A. Pinelli
a seguire Sound System!!

Assemblea in solidarietà con i processati

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"Si può fare solo una cosa cioè far valere e sostenere con tutte le forze
quello che nelle concrete situazioni sociali e politiche
può condurre ad una società di uomini liberi.
Se non si fa questo vuol dire che ci si rassegna
a che l’uomo sia solo un pezzo di fango"
J.P. Sartre

La sequela di inchieste che si stanno succedendo in Italia con una scadenza ormai semestrale testimonia la volontà dello Stato di sconfiggere l’opposizione manifesta ad un sistema sociale ed economico che ormai non ha da offrire che razzismo, sottomissione e disgregazione, andando a punire condotte reali o potenziali in qualche modo lesive dello stato di cose presenti.
L’inchiesta del 10 Giugno perfettamente si inserisce in questo panorama come tutte le altre che vedono coinvolti rivoluzionari sia anarchici che comunisti.
Quello che vogliamo ribadire è la nostra solidarietà ai compagni prigionieri in un percorso che, al di là delle sterili differenziazioni, senza vittimismo e commiserazione, sia capace di continuare e rafforzare le lotte nelle loro molteplici espressioni e modalità, e di sostenere quel filo che ci unisce ai compagni reclusi, che è lo stesso filo che unisce i compagni più esperti con quelli più giovani e volenterosi, tramandando la rivoluzione. Crediamo infatti che le lotte di questi compagni vadano tutte nel senso del rovesciamento di un dominio, di un intero sistema sociale, politico ed economico che ben conosciamo e tutto questo ci pone, noi e loro, dalla stessa parte della barricata.
In questo scenario l’unica solidarietà possibile è quella che si esprime come azione politica militante, è quella che dice agli arrestati che non sono dentro per nulla, che fuori non c’è il vuoto pneumatico, ma ci siamo noi che continuiamo la loro e la nostra lotta, consapevoli del prezzo che viene e verrà fatto pagare ogniqualvolta qualcuno alzi la testa.
È possibile sostenere i compagni prigionieri e dare prospettive alla nostra opposizione, arricchendola della coerenza, determinazione, dignità e coraggio di coloro che vengono colpiti dallo Stato, impedendo che spiragli di pratiche rivoluzionarie siano messi al bando.
E se la politica e la lotta entrano nel carcere allora la reclusione, che ha il solo obiettivo di isolare e disgregare, è resa inutile.
Solo affrontando la prigione da un punto di vista politico, e non con il codice di procedura penale in mano, gli si da la sua giusta dimensione, evitandoci anche di lottare inutilmente contro l’obiettivo sbagliato, come succede a garantisti e democratici.
Consideriamo quindi i nostri compagni semplicemente trasferiti in un altro settore di intervento.
E se è vero che il carcere è funzionale al mantenimento dell’ordine dato, allontanando dalla vista le contraddizioni del sistema ed imprigionando i rivoluzionari, sappiamo che esso, al pari di qualsiasi altro luogo di aggregazione e segregazione, può trasformarsi nel suo contrario e produrre rivoluzionari e liberazione, da Geoge Jakcson a tutte quelle forme di organizzazione politica e di rivolte che hanno attraversato l’Italia dagli anni settanta in poi.

Assemblea contro il carcere e la repressione

http://www.autprol.org/