20/11/2009: Sul processo di Roma contro alcuni compagni in carcere per la costituzione del PC-pm


Maltrattati, vessati, insultati e ora sotto processo!
Sul processo di Roma contro alcuni compagni in carcere per la costituzione del PC-pm

I primi di ottobre dello scorso anno, durante un trasferimento dal carcere confino di Siano-Catanzaro (dove esiste un braccio solo per prigionieri politici comunisti) a quello di Opera a Milano, dove si svolgeva il processo contro di loro, alcuni compagni dell’inchiesta “Tramonto” sono stati appoggiati per la notte al carcere romano di Rebibbia. Qui hanno subito un pestaggio perché hanno protestato contro le degradanti perquisizioni corporali a cui sono stati sottoposti. Da “vittime” a colpevoli, sono stati denunciati per i reati 336, 337, 339, 590, 594, 650 c.p. (violenza, minaccia, resistenza a Pubblico Ufficiale aggravata, lesione personale e inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità). Vogliono seppellirli con anni di galera dopo la già pesante sentenza di 110 anni emessa il 13 giugno a Milano, sentenza motivata con il fatto che non hanno rinnegato la loro identità rivoluzionaria.
Presso il tribunale di Roma si sono già tenute, in questo mese, due udienze preliminari, la prossima si svolgerà il 2 dicembre.

Udienza 11/11/2009
Dinnanzi al GUP Dott.ssa Finiti, gli avvocati della difesa hanno sollevato varie questioni in relazione alla illegittimità, nonché arbitrarietà delle perquisizioni subite dai compagni, sia perché le stesse non dovevano essere ripetute nel carcere di Rebibbia, dato che erano già state effettuate a Catanzaro all’atto della partenza, sia per le modalità vessatorie e degradanti con cui sono state realizzate. Hanno fatto acquisire al fascicolo sia una sentenza della Corte Costituzionale, n. 526 del 2000, inerente alla questione, sia una serie di riferimenti alle modalità delle perquisizioni e alla Circolare del DAP n. 3542/5992 del 2001.
È stata data inoltre lettura integrale della denuncia, fatta pervenire da Ghirardi Bruno, contro le guardie carcerarie in relazione alla quale alla prossima udienza il Giudice trasmetterà gli atti alla Procura, giacché la difesa ne ha fatto esplicita richiesta messa a verbale.
All’esito della camera di consiglio il Giudice ha disposto l’integrazione istruttoria al fine di verificare l’arbitrarietà dell’atto di perquisizione convocando un’ulteriore udienza per il 18 novembre. Ha disposto la citazione dei testi Tranquilli Mauro e Reni Antonio (guardie carcerarie) e ha inoltre disposto l’acquisizione del Regolamento vigente a Rebibbia nella parte relativa alle perquisizioni.

Udienza 18/11/2009
In questa udienza, fissata perché il giudice aveva disposto un’integrazione probatoria, è stato acquisito l’ordine di servizio della casa circondariale di Rebibbia, datato 22 maggio 2003, che dispone in ordine alle modalità di perquisizione personali a carico dei detenuti sulla base dei principi stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2002 che aveva fissato dei paletti molto rigidi per l’espletamento delle perquisizioni.
Sono inoltre stati sentiti due testi, l’Assistente Capo Mauro Tranquilli e l’Ispettore superiore Antonio Reni.
Il primo è quello che materialmente ha proceduto ad eseguire la perquisizione nei confronti di tutti. Ha deposto, dunque, raccontando la sua versione dei fatti.
Sostanzialmente ha ammesso che le perquisizioni sono state fatte con denudamento perché questa è la modalità che loro abitualmente seguono nei confronti di tutti i detenuti, indipendentemente dalla loro classificazione interna, e seguono questa modalità principalmente per due motivi: il primo è perché non sono autorizzati a mettere le mani addosso a nessuno e in secondo luogo per motivi igienici non toccano nessuno.
Il Giudice è stata molto attenta alle sue risposte e lo ha anche incalzato chiedendogli, per esempio, come mai in altre sedi, quali aeroporti o luoghi ove tutti vengono sottoposti a controllo non viene denudato nessuno e l’igiene è salvaguardata per esempio attraverso l’utilizzo dei guanti.
Il teste, inoltre, ha affermato che in tutti gli anni di servizio le perquisizioni si sono sempre svolte seguendo quel protocollo, in barba, come gli ha fatto notare il Giudice, ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale. L’unica modifica che si è registrata negli anni sarebbe, a suo dire, l’abolizione della flessione.
Egli ha giustificato il loro operato richiamando ragioni di sicurezza interna dell’istituto perché a perquisizione vengono sottoposti tutti coloro che entrano a Rebibbia dall’esterno, equiparando così sia quelli che rientrano da un permesso senza scorta, per i quali è espressamente prevista, a chi vi giunge da altro carcere ove è stato perquisito all’uscita.
Durante la sua escussione è incorso in contraddizioni. Invece, Reni, non ha assistito fin dall’inizio all’episodio, ma è sopraggiunto chiamato da Tranquilli e ha confermato in aula l’aggressione fisica avvenuta, a detta del Tranquilli, da parte dei compagni.
In parte ha contraddetto il suo collega rispetto alla pratica delle perquisizioni che a suo dire si svolgerebbero senza procedere al denudamento, ma toccando gli indumenti e poi utilizzando il metal detector, il cui uso era stato invece negato da Tranquilli.
Gli Avvocati hanno fatto notare ai testi che i principi espressi con la sentenza della Corte Costituzionale sono stati recepiti da una circolare del DAP del 2002 che è stata prodotta al Giudice.
Dalla discussione in aula è emerso chiaramente l’atto arbitrario della polizia penitenziaria. L’udienza per la discussione è stata rinviata al 2 dicembre.

Questa cronaca delle udienze mostra ancora una volta qual’è il trattamento riservato ai prigionieri nelle carceri e, in particolare, le vessazioni a cui sono sottoposti i prigionieri rivoluzionari.
Non si tratta di “casi” e questo emerge in questo periodo con lo stillicidio di morti in carcere, ammazzati di botte come Stefano Cucchi, o uccisi dal 41bis, come la compagna Diana Blefari.
È un sistema carcerario che ha nella barbarie del trattamento e nella tortura dell’isolamento, finalizzato all’annientamento di chi non piega la testa, le sue radici.
Come Associazione di Solidarietà Parenti e Amici degli arrestati il 12 febbraio 2007 ci stringiamo attorno alla resistenza dei nostri familiari per sostenerla e a fianco di tutti coloro che subiscono la brutalità del carcere. Abbiamo visto, nella nostra piccola esperienza, che il carcere è anche resistenza e lotta e che questa è l’unica possibilità per cambiare le cose. Ci impegneremo a denunciare ogni abuso e ad appoggiare ogni protesta.

Sostenere la resistenza dei prigionieri!
Uniti si vince!

Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati il 12/02/07
NOVEMBRE 2009

parentieamici@gmail.com
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