13/10/2009: Una lettera di Güler Zere, prigioniera del DHKP-C


Di seguito pubblichiamo una lettera di Güler Zere, prigioniera del DHKP-C (Partito-Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo), 37 anni, di origine kurda, catturata nel 1995 in occasione di un rastrellamento dell’esercito contro la guerriglia del DHKP-C nelle montagne del Dersim.
Condannata dalla Corte di sicurezza di Stato (DGM) di Malatya all’ergastolo in quanto membro del movimento marxista, imprigionata da 14 anni, affetta da cancro terminale alla bocca Güler potrebbe esser liberata per ragioni di salute ma viene arbitrariamente mantenuta in detenzione mentre i soldati golpisti dell’organizzazione fascista “Ergenekon” accusati di volere sovvertire il governo AKP sono stati recentemente liberati per banali mal di testa dopo solo poche settimane di detenzione.
Güler Zere ha scritto questa lettera il 1° settembre 2009 dall’ospedale di Balcali (Adana, sud della Turchia) dove è curata in stato di detenzione. Questa lettera è indirizzata prima di tutto ai suoi amici e compagni accampati davanti all’ospedale, a quelli in presidio davanti all’Istituto medico-legale di Istanbul, ma anche agli innumerevoli sostenitori che lottano per la sua liberazione.
Güler sta morendo. Güler non può più nutrirsi. Güler non può più parlare. Riesce appena a scriverci. Ma per quanto tempo ancora?
A questo Stato crudele che la sta lasciando morire a poco a poco, gridiamo: Lasciate almeno che muoia senza le manette ai polsi! Lasciate che muoia libera!

Comitato delle libertà
comitedeslibertes@gmail.com
3 settembre 2009

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Buongiorno,
in questo momento, nella notte, io sento la vostra voce, ancora una volta.
E così come io sento la vostra voce, so che voi sentite la mia.
I palpiti del vostro cuore si mescolano ai miei. E’ un cuore immenso quello che palpita dentro di me alla mia sinistra.
Il cuore… com’è gonfio il nostro cuore… Cosa non siamo riusciti a contenere nei nostri cuori.
Nel mio cuore, ci sono tante cose. In primo luogo un amore grande, quindi il profumo dei garofani, che sono al mio capezzale e il cui odore si mescola a quello dei fiori di montagna, poi voi, anime sensibili che mi siete care e tutti coloro che io amo, tutte le cose che ho lasciato a metà, tutti coloro il cui affetto io avverto…
Ogni volta che il mio cuore si stringe, che il mio corpo si contorce di dolore, vi sento a portata di mano, i vostri occhi sfiorano i miei, questa piccola cella si mescola alla folla e una polifonia vocale si sprigiona. Rimango impietrita. Rispondo ad ogni suono con un sorriso. In modo involontario, spontaneo. E voi accogliete ogni rantolo cavato alle mie viscere con i vostri occhi sorridenti.
Che voi siate al mio capezzale, all’ingresso della mia porta, ad un passo da me, nella strada o in non importa quale città, in presidio davanti all´Istituto medico-legale o altrove, io vi sento.
Il vostro calore, la vostra forza e le vostre voci mi cingono. E’ per questo che rimango a testa alta ogni volta che il male mi bracca. E’ grazie a questo che sono pronta a fargli lo sgambetto. Voi siete con me, di conseguenza, che importa il resto!
Quando seguendo un breve tragitto, i vostri occhi incrociano i miei, il mio cuore si mette a tremare come un passero.
Sì, è di voi che parlo, miei cuori valorosi ardenti come la canicola di Adana, gli occhi scintillanti come il riflesso della luna nel fiume Seyhan. Io vi amo. Voi non siete accampati dinanzi alla mia porta, ma nel bel mezzo del mio cuore.
Ci sono poi coloro che aspettano, seduti, nella città della mia lotta. Siete là da giorni e chi può dire il numero di volte che mi sono protesa verso voi? Mi protendo e tocco la vostra speranza. Sapete, questo stato di sublimazione in cui la voce dei vostri cuori si mescola al sudore dei vostri occhi. Io sono sempre con voi. A tal punto che è moltiplicandomi che io torno alla mia cella. Ed ogni volta, è con la vostra forza che io abbatto la mia cella. Stringo le vostre mani con tutto il mio cuore, con tutte le mie forze.
E ci sono coloro che dimorano nelle profondità tumultuose del mio cuore. Coloro che instancabilmente vengono a me, la penna colma di amore, di fratellanza, di amicizia. Loro, i portatori di speranza. Questi compagni che sono anima della mia anima. Come esprimere il dolore generato dalla vostra assenza? Mi mancate tanto. Vi amo tanto…
E ci sono ancora tutti i nostri amici in questa lotta. Voi, che con la vostra amicizia siete sempre stati al mio fianco. Non avete mai cessato di far sentire la vostra presenza. E unendo la vostra voce alla mia, mi avete riempito del particolare conforto che procura la presenza di un amico nella lotta. Vi invio un sorriso amichevole pieno d’amore e di combattività… un saluto a voi tutti.
Qualunque cosa io dica o faccia, sarà insufficiente e incompleta, lo so. E’ meglio quindi che io ora vi saluti. Ma guardo con i miei occhi ai vostri occhi profondi affinché vediate la profondità dell’amore che vi porto. Concludo questa mia lettera, ripetendovi ancora una volta: vi amo, vi amo tanto!

Güler Zere
1 settembre 2009
Ospedale di Balcali, Adana

Traduzione a cura dell’ASP

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