03/10/2009: Appropriazione operaia di una fabbrica, la Zanon in Argentina. L’esperienza si consolida ed estende ad altre situazioni. E in Italia? Si può seguire la stessa strada?
Il numero delle fabbriche occupate aumenta. In Argentina dalla crisi economica arriva una nuova ondata di chiusura di fabbriche. In connessione ad essa sta sopraggiungendo una nuova ondata di occupazioni di fabbrica. Solo quest’anno ne sono state occupate 20. In Patagonia, nella provincia di Nequem, la “fabbrica senza padroni” (da cui FASINPAT, dallo spagnolo Fabbrica Sin Patrones, ex Zanon) è stata finalmente legalizzata.
Gli operai della fabbrica di ceramica FASINPAT in Argentina, questa settimana hanno raggiunto una grossa vittoria.
Adesso la fabbrica appartiene, anche secondo il diritto borghese, alla popolazione. Il governo della provincia ha proceduto ad un esproprio della fabbrica, contemporaneamente l’ha consegnata ad una cooperativa di operai nella forma di amministrazione illimitata.
Dal 2001 operaie-operai lottano per ottenere il riconoscimento legale rispetto al controllo della fabbrica. Per raggiungere lo scopo, sostenute-i da un progetto cooperativo e dai movimenti sociali, hanno continuato a lavorare e ad amministrare da sé la fabbrica, dimostrando nei fatti di non aver bisogno di padroni.
“La notizia è incredibile, siamo felici. L’esproprio è un atto di giustizia”, dice Alejandro Lopez segretario generale del sindacato ceramica, sopraffatto dalla gioia della vittoria. “Non dimenticheremo mai la gente che è stata dalla nostra parte nei tempi duri, che ha firmato la nostra petizione di esproprio.”
Centinaia di operai-e FASINPAT hanno atteso e seguito la conclusione votata dal parlamento della provincia di Nequem. La legge sull’espropriazione è passata con 26 voti favorevoli (su un totale di 35) e 9 contrari.
Migliaia di persone si sono unite alle operaie e agli operai della ex Zanon di fronte al parlamento provinciale nonostante il tempo invernale inclemente. In coro hanno continuato a ripetere: “Qui ci sono gli operai e le operaie della Zanon, operai-e senza padrone”.
FASINPAT lavora sotto il controllo operaio sin dal 2001, anno in cui il padrone decise di chiudere e di licenziare, senza pagamento di diverse mensilità. Già nel 2000 operai-e avevano iniziato a lottare per il pagamento degli arretrati e per la continuità produttiva.
Il proprietario, Luis Zanon, indebitato fino al collo (75 milioni di dolari debiti contratti con varie banche internazionali e non, compresi 20 milioni di dollari con la Banca Mondiale) suscitò gli animi di operai-e con la decisone, nel 2001, di chiudere la fabbrica – “una serrata del padrone”.
Nell’ottobre 2001 operai-e si impossessarono della fabbrica ed avviarono il controllo operaio. Si attendarono davanti ad essa, distribuivano volantini, periodicamente bloccavano l’autostrada. Nel corso di quelle lotte un tribunale decise che il personale poteva vendere le scorte del magazzino per trarne gli stipendi. Quando nel marzo 2001 i magazzini furono effettivamente svuotati, l’assemblea operaia decise di far ripartire la produzione pur senza il padrone. Da allora l’occupazione assunse il nome FASINPAT.
Per far seguire a tutte persone interessate le votazioni del parlamento provinciale, operai-e hanno fissato un grande schermo ad una parte sul quale scorrevano le immagini della seduta. Quando è stata letta la decisione operaie e operai sono scoppiati a piangere, per tanti di loro riuscire a conquistare dopo 8 anni di lotta il controllo legale della fabbrica ha dell’incredibile. “questa decisione rispecchia una lotta organizzata vinta con il sostegno della popolazione” dice Veronica Hillipan della confederazione dei Mapuche. Lei dice, inoltre, che la rete delle comunità indigene Mapuche in Patagonia, hanno sostenuto la lotta delle operaie e degli operai Zanon e che la decisione è “un trionfo politico dell’organizzazione operaia”.
Operai e operaie della Zanon ricordano chi li ha sostenuti, fra questi anche Carlos Fuentealba, un insegnante della provincia di Nequem, che, nel corso di una protesta pacifica per la difesa dell’istruzione pubblica, fu ucciso dalla polizia. Lavoratrici e lavoratori Zanon non hanno creato soltanto lavoro, ma, bensì, sostenuto le lotte operaie sul piano nazionale e internazionale. Erano presenti alla manifestazione in cui con la granata di una bomba lacrimogena fu colpito direttamente alla testa Carlos Fuentealba. Di questa repressione è responsabile la coalizione conservatrice MPN di Nequenm, che ha il domino nella provincia della Patagonia sin dai tempi (1976-1983) della dittatura militare.
“Questo è un capitolo importante delle lavoratrici e lavoratori Zanon, da 9 anni in lotta sulla strada. All’inizio loro (Zanon) hanno tentato di vendere l’area su cui sorge la fabbrica. La lotta degli operai e delle operaie e delle comunità ha costretto il governo all’espropriazione”, dice Raul Godoy, operaio Zanon in un’intervista al quotidiano Pagina 12. Oggi la fabbrica esporta ceramica in 25 paesi.
Numerosi deputati erano orientati ad esigere da operaie e operai l’autoamministrazione della fabbrica in cambio di un “patto a favore della pace sociale”. Secondo operai e operaie il patto è stato rotto quando gli affaristi in maniera autoritaria e truffaldina imposero il fallimento e li gettarono in strada. “I capitalisti non smettono di attaccarci con le alte tariffe delle aziende pubbliche privatizzate e scaldano gli animi della gente. Di fronte a questa situazione lavoratori e lavoratrici si sono difesi da sé; ed hanno deciso di difendersi battendosi in strada, costi quel che costi.”
Secondo la nuova legge FASINPAT resterà sotto il controllo della cooperativa composta da 470 lavoratrici e lavoratori (operai e impiegati). Lo stato pagherà ai creditori 22 milioni di pesos (circa 5 milioni di euro. Fra le banche creditrici si trova anche la Banca Mondiale, che prestò a Zanon 20 milioni di dollari per la costruzione della fabbrica. Altro creditore principale è la società italiana SACMY, costruttrice delle macchine per la lavorazione della ceramica, prestò 5 milioni di pesos.
Come sempre lavoratrici e lavoratori non hanno accettato i pagamenti dello stato (ai creditori). Il tribunale ha dimostrato che loro hanno ragione, cioè, che i creditori hanno preso parte alla bancarotta fraudolenta della fabbrica, poiché i crediti sono fluiti direttamente nelle tasche di Luis Zanon e non sono stati investiti nella fabbrica. “Se qualcuno deve pagare, questi è proprio Zanon, accusato di evasione fiscale” dice Omar Villablanca lavoratore FASINPAT.
Altre fabbriche occupate: prima la vittoria, poi lo sgombero
La vittoria di FASINPAT porta speranza alle oltre 200 fabbriche argentine occupate, che già lavorano nella forma dell’autoamministrazione. Numerose fra queste si trovano sotto la minaccia giuridica. Nelle prime ore dello stesso mattino in cui veniva sancita la vittoria dei lavoratori e delle lavoratrici della FASINPAT, la polizia ha sgomberato la fabbrica tesile Quilmes. Questa fabbrica è stata occupata nell’ondata di occupazioni partita quest’anno. I quattro operai del turno notturno sono stati messi da parte brutalmente dalla polizia. Il governo di Buenos Aires nel frattempo sta discutendo l’ipotesi dell’espropriazione della Quilmes e di altre numerose fabbriche occupate nella provincia di Buenos Aires. Operaie e operai di questa fabbrica hanno occupato il cortile davanti alla fabbrica, raccolgono i sostegni per riprendere l’occupazione nonostante la presenza della polizia. Hanno già avuto segnali buoni lanciati dal governo provinciale.
Alla Quilmes hanno occupato l’11 febbraio 2009. “Abbiamo piantato delle tende fuori dalla fabbrica per impedire la rimozione delle macchine da parte del padrone. I lavoratori si sono decisi all’azione diretta: occupazione e costruzione di una cooperativa” dice Eduardo Santillan, operaio alla Quilmes. Al riavvio della produzione erano presenti più di 80 operai. Una prassi ampiamente seguita dai padroni, dichiarare bancarotta nonostante una domanda crescente per il loro prodotto. In questo modo, per esempio, il padrone di Febatex, Ruben Giuliani è riuscito a non pagare le ferie ai lavoratori e neppure a versar loro i contributi sociali. I lavoratori informano che il padrone li costringeva a compiere turni di 12 ore, una prassi vietata da oltre 100 anni.
Dopo 6 mesi di occupazione i lavoratori, senza alcun intervento del sindacato tessili, hanno riavviato la produzione. Dimostrano che il sindacato, che aveva voltato loro le spalle, adesso negozia in favore del padrone.
Le occupazioni in Argentina si estendono, il paese è colpito dalla crisi economica globale; la disoccupazione aumenta e la crescita industriale ristagna, mentre il settore della finanza resta intatto – dopo il crollo del 2001.
da de.indymedia.org/2009/08/259211.shtml
Tradotto dallo spagnolo al tedesco da Marie Trigona, 27 agosto 2009
http://www.autprol.org/