03/10/2009: Due lettere dal carcere di Carinola (Caserta)
Carissimi compagni, abbiamo ricevuto gli opuscoli e il vostro scritto. Vi ringraziamo per la solidarietà che esprimete a noi e a tutti i prigionieri…
Noi qui cerchiamo di ottenere qualche miglioramento anche se la cosa importante sarebbe che tutte le carceri fossero abbattute e tutti gli uomini potessero vivere liberi.
Certamente oggi la situazione carcere è molto critica ed è difficile parlarne per cercare di risolvere la questione del sovraffollamento.
Vogliono far credere alla gente che siamo in Italia un paese civile e che se non c’è più spazio faranno altre carceri. Io non credo che faranno in tempo a fare nuove carceri. Ci vogliono anni e anni per fare un’ospedale o una scuola, per aggiustare una strada che lasciano anche perdere e poi diventa tutte buche. Ma come faranno a fare nuove carceri in breve tempo? Sono solo discorsi per prendere in giro la gente. Intanto arrestano sempre di più.
Al potere va bene che la gente soffra in carcere. Chi comanda se ne frega di come si vive dentro. Anzi, potendo farebbero peggio, come fanno in America dove ci sono più di due milioni di detenuti, la maggior parte per sciocchezze. In America c’è la pena di morte e la legge in base alla quale chi diventa recidivo tre volte, non importa il “reato”, può essere condannato all’ergastolo, non si esce più. Come succede in Italia. Certo in America la gestione è affidata ai privati. Così c’è chi magna, magna sulle sofferenze dei carcerati. Qui in Italia succede più o meno lo stesso, si muovono nel sottobosco. In America è perfettamente legale e autorizzato e la società è contenta così, ma qui non siamo in America.
Certo in questi giorni l’attenzione sulla situazione nelle carceri sulle tv e i giornali è maggiore date le proteste. E non soltanto quelle che stanno avvenendo in Toscana, a Firenze, a Pisa, Massa, dove ci sono stati più giorni di protesta. Altre carceri si sono ribellate contro le condizioni di repressione e di sovraffollamento. Da Pisa arrivano notizie che hanno fatto diverso casino con le bombolette del gas lanciate come petardi.
Si spera che si arrivi a qualche soluzione, nel senso di liberare più gente e fare meno arresti e che non costruiscano altre carceri. Che diano più lavoro alla gente del popolo.
Qui per fortuna, anche se manca tutto, siamo in celle singole e proprio piccole, ma da soli. Meglio così, si ha la possibilità di studiare e leggere.
Sappiate che condivido il vostro percorso e tutte le lotte che portate avanti. Partecipo con tutti voi, per quelle che sono le mie possibilità alla solidarietà verso tutti i compagni che lottano per un mondo migliore e anche senza galere.
Saluti a tutti i compagni e alle compagne.
Con affetto Antonino. Saluti a tutti da parte di Mario.
Il 16 settembre sono in Sicilia, dove rimarrò due mesi per un processo e per i colloqui, vi farò avere mie notizie.
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Il carcere di Caltanisetta è composto da 2 sezioni di celle singole, dove però mettono anche 3 persone.
Si vive una situazione detentiva di particolare isolamento, non c’è nulla. Si rimane chiusi nelle celle 20 ore al giorno. Non c’è nessuna possibilità di effettuare attività sportive, ricreative, culturali; non ci è permesso ricevere i libri della biblioteca interna, né di frequentare la scuola.
Le ore d’aria (4 al giorno) si svolgono in cubicoli di dimensioni offensive della nostra dignità. Misurano 30 mq, ma ci passeggiamo in 10 anche 15 persone. Ai colloqui con i familiari non puoi portare nulla per i bambini.
Al piano terra sono disposte le celle (25) di isolamento per chi colpito dal 14-bis e dall’Alta Sorveglianza 1.
Ci sono state varie proteste da parte di tutti carcerati, ma la direzione è sorda. C’è un regime ingiustificato, la volontà di annullamento dell’individuo, di oppressione, di soprusi è palese!
Non si può parlare fra cella e cella, tanto meno scambiare oggetti o viveri. Tutte le responsabilità vanno ricercate, senza ombra di dubbio nel volere della direzione del carcere che vuole tenere una certa repressione finalizzata all’annullamento psicologico del carcerato. Le perquisizioni sono giornaliere, compiute con il disprezzo per quei pochi abiti e per il cibo che abbiamo in cella. Viene proibita ogni cosa necessaria che può evitare le sofferenze che questi luoghi comportano.
Si cerca di organizzare della resistenza, delle lotte, ma è molto difficile, perché loro sono sordi a qualsiasi forma di buon senso e agiscono solo con la repressione. Qui manca tutto, i problemi sono molti. Isolamento e 14-bis vengono inflitti con troppa facilità, con la minaccia di togliere i benefici. Tanti, come a Carinola, sono disposti a lottare, ma per giuste motivazioni e cose concrete che abbiano una ragione costruttiva.
Ci vuole coraggio e intelligenza per riuscire a qualificare l’agire rivoluzionario. Le battaglie settoriali, cioè, che riguardano solo certe “categorie” di detenuti, rischiano di rivelarsi “zoppe” e di essere facilmente recuperate da opportunisti di turno. Non ci si può limitare a certe critiche di circostanza senza conoscere la vera realtà, perché si rischia di vedere snaturati i propri propositi, di far rientrare le lotte nei binari del consentito, magari solo per ottenere qualche “contentino” e “ad personam”. Fatto che non cambia però le condizioni generali. Ci si deve porre degli obiettivi non per elemosinare, ma per darsi rivendicazioni collettive immediate, su cui costruire una convergenza di forze individuali e collettive capaci di rimettere in discussione i rapporti di forza. E con questo non intendo i rapporti fra rivoluzione/controrivoluzione, ma quelli specifici che giocano sul piano della lotta da portare avanti. Allora è sempre bene fare attenzione a non fare battaglie troppo personalistiche, a tener conto invece di come una rivendicazione di una persona o di una categoria possa saldarsi alle rivendicazioni e ai bisogni di tutti.
Tutte le lotte per ottenere i diritti sono validissime e vanno sostenute da ognuno secondo le proprie convinzioni e modalità ritenute opportune. Le considerazioni anche critiche servono a fare meglio, non certo per sconfessare le lotte altrui o le idee diverse.
Certamente, meno si è settoriali e più si riesce a far convergere rivendicazioni “diverse”, più si acquista in termini di coscienza, esperienza e ricchezza. Del resto, non esiste una sola strada, un solo strumento, una sola idea che conducano alla libertà, E’ soltanto la ricchezza dell’esperienza collettiva che, raccogliendo le idee e le esperienze di ognuno, cresce e matura, fa un passo avanti verso l’emancipazione; che si libera dalle avversità e sofferenze che comporta vivere in questi posti.
Non è vero che non c’è solidarietà o che non ci sono più regole o valori morali. Questi non cambiano mai, ci sono da sempre e rimangono per sempre. Sono gli uomini che cambiano. Leggevo che molti animali si fanno compagnia per istinto. Gli elefanti si spostano in branco, sorvegliano attentamente i piccoli; le leonesse cacciano insieme e dividono il cibo con i maschi; i delfini giocano insieme e in certi casi proteggono anche altre categorie di animali o nuotatori (umani) in difficoltà.
Fra le creature umane invece si nota una tendenza – secondo me preoccupante – di isolamento, di mancanza di socialità, solidarietà verso chi soffre o lotta per i propri diritti. Questi atteggiamenti hanno reso la società umana indifferente alle problematiche più importanti, quali la necessità del sostegno morale solidale che aiuta a lottare uniti, e così a superare le difficoltà che ci presenta la vita in generale – soprattutto in questi posti di sofferenza. […]
Per un mondo di uomini lberi e senza galere.
Qui tutti mandano un Saluto ai compagni e alle compagne, con affetto Antonino.
Carinola, 25 settembre 2009
http://www.autprol.org/