05/09/2009: Intervista con Khalida Jarrar, compagna del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
Pubblichiamo un’intervista a Khalida Jarrar, compagna del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, di cui abbiamo curato la traduzione dall’inglese (qui la versione originale), che fa il punto sull’attuale situazione in Palestina e sulle prospettive politiche che potrebbero darsi le forze di sinistra palestinesi nel prossimo futuro.
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D: Iniziamo con il parere del FPLP in merito alla amministrazione Obama e al nuovo governo israeliano. Pensa che la nuova amministrazione americana porterà alcun cambiamento per il conflitto israelo-palestinese?
R: Noi non riteniamo che i singoli possono fare molto per la politica di un paese. Credo che Obama non porterà alcun cambiamento sostanziale, almeno per quanto riguarda la politica estera americana. Stiamo parlando di politiche istituzionali, non di quelle dei singoli. Naturalmente, ogni Presidente, ogni partito ha un approccio diverso sul modo di attuare la politica estera, e non ci saranno più folli politiche come quelle fatte da Bush, ma Obama non può cambiare il sistema, e le contraddizioni sono all'interno del sistema stesso: il sistema economico capitalista, l’imperialismo che ha portato all’occupazione militare in Iraq e in Afghanistan. Verso il Medio Oriente e, in particolare, la causa palestinese, stanno ancora parlando di "processo di pace", che non significa nulla per noi, non è un vero e proprio processo di pace. E credo che la priorità per gli Stati Uniti ora sarà la crisi finanziaria ed i problemi economici all'interno del sistema capitalistico stesso. Pertanto, non siamo ottimisti, Obama, non intende modificare il sistema e, di conseguenza, per i palestinesi, la situazione non cambierà molto.
D: Che dire del governo israeliano? Sembra non essere ancora impegnato per la soluzione dei due Stati...
R: Il governo israeliano? Le elezioni dimostrano che il governo israeliano sta andando sempre più verso l'estrema destra. La cosa nuova è che Lieberman è riuscito a ottenere molti consensi e un ruolo nel governo come ministro degli Esteri. Egli stesso rappresenta chiaramente, ora a livello ufficiale, il razzismo, la pulizia etnica delle politiche del governo israeliano nei confronti dei palestinesi. C’è un aumento nel numero di insediamenti, nelle demolizioni di case a Gerusalemme; così, parlare o non parlare con loro? Io appartengo a un partito che ha detto fin dall'inizio che questo processo di pace non porterà a nessuna pace o giustizia per i palestinesi. Noi stiamo chiedendo da tempo di interrompere qualsiasi tipo di negoziazione con i governi israeliani, in particolare con questa. Noi non crediamo in un processo di pace sulla base di colloqui personali, individuali, senza la reale esecuzione delle risoluzioni internazionali relative alla causa palestinese e senza il riconoscimento dei diritti fondamentali dei palestinesi. Io non parlo solo del diritto di creare uno Stato palestinese pienamente indipendente, ma anche il diritto di autodeterminazione e il diritto al Ritorno per i profughi palestinesi. Non vi è alcuna necessità di discutere o di compromesso su tali fondamentali diritti inalienabili, che dovrebbero solo essere attuati attraverso una conferenza internazionale in base al diritto internazionale e alle risoluzioni ONU pertinenti.
D: Il dialogo del Cairo: pensi che qualsiasi tipo di riconciliazione tra Hamas e Fatah sia realistico?
R: Sono pessimista sulla possibilità di una riunificazione. Non credo che ci sono delle vere e proprie trattative tra le due parti in materia di riunificazione nazionale, ma colloqui individuali. Ciascuna parte utilizzerà il suo potere per creare meccanismi che diano ancora più potere e legittimità nel settore che già controllano. Pensiamo che ci debba essere una discussione, senza interferenze esterne e precondizioni su come dovrebbe essere formato il nuovo governo. Come partiti politici palestinesi, noi condividiamo la situazione di essere sotto occupazione: per questo noi dovremmo rispettarci a vicenda e utilizzare solo strumenti democratici per risolvere i nostri problemi, invece di controllare le cose attraverso l'uso della forza. Abbiamo bisogno di tenere le elezioni, cambiare la legge elettorale, al fine di dare a tutti i partiti politici la possibilità di partecipare. Dobbiamo porre fine a questo terribile meccanismo in cui il feudo Hamas-Fatah, anche grazie a interferenze esterne, controlla tutto.
D: Un numero crescente di critici e dissidenti della leadership dell’Autorità Palestinese (AP) sta diventando un obiettivo per l'apparato di sicurezza dell'AP in Cisgiordania. Pensi che la AP stia diventando sempre più autoritaria e le forze di sicurezza militarizzate? Che cosa pensi rispetto al coordinamento tra loro e gli israeliani?
R: Questo aspetto è parte degli accordi della Road Map. Noi rifiutiamo nel modo più assoluto il coordinamento tra le forze di sicurezza palestinesi e gli israeliani e pensiamo che dovrebbe essere immediatamente interrotto. Tutte le forze di sicurezza dovrebbero aiutare i palestinesi nella loro lotta e attuare e garantire i diritti dei nostri cittadini, invece di collaborare con l'occupante. Questo è uno dei temi ora sul tavolo del dialogo. Siamo contrari a qualsiasi tipo di forze di sicurezza legate ai partiti politici, come è adesso in Cisgiordania e Gaza. Sono molto preoccupata per la violazione dei diritti umani dei palestinesi: sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza ci sono prigionieri politici, assassini, la chiusura delle istituzioni del partito rivale. A Gaza Hamas non permette a Fatah di tenere una normale attività politica, e la stessa cosa accade in Cisgiordania controllata da Fatah. Le prime vittime di queste politiche sono i diritti umani dei palestinesi stessi.
D: L'Autorità palestinese continua a ritenere che i negoziati di pace sono il modo migliore per raggiungere la pace e la giustizia per i palestinesi. Pensi che l’AP rappresenta gli interessi dei palestinesi?
R: Sono membra di un partito che si è opposto al cosiddetto “processo di pace” sin dall'inizio. Non siamo d'accordo sul modello dei singoli e continui negoziati e chiediamo che la AP metta fine a questa politica che non porta da nessuna parte. Noi vediamo che Israele usa i negoziati di pace come uno strumento e una copertura per le loro azioni sul terreno, la loro costante aggressione e gli attacchi contro i palestinesi e la loro terra.
D: C'è la necessità di un'altra forma di rappresentanza per i palestinesi? Anche l'OLP è ormai sorpassato?
R: Non abbiamo bisogno di creare un’altra istituzione. Noi vediamo l'OLP come una rappresentanza politica dei palestinesi dentro e fuori la Palestina e il simbolo della loro lotta. La AP non rappresenta tutti i palestinesi, la maggior parte dei quali sono profughi all’estero, deve solo essere un ente per aiutare i palestinesi a sopravvivere sotto l’occupazione. Quindi, abbiamo bisogno di una rappresentanza politica: ritengo che si debba salvare l'OLP riformandolo. Prima di tutto è necessaria una politica di revisione: dobbiamo imparare la lezione dal passato e fermare la politica dei futili negoziati di pace e degli accordi. In secondo luogo, vi deve essere una riforma democratica all'interno della stessa OLP. L’elezioni per una Conferenza Nazione palestinese dovrebbe essere tenute in modo da dare a tutto il popolo palestinese la possibilità di essere adeguatamente rappresentato. Da queste elezioni saranno creati un Comitato Centrale e un Comitato Esecutivo. Tutti sanno che un altro aspetto del conflitto tra Hamas e Fatah è la questione della rappresentanza: Fatah non vuole far entrare Hamas nell'OLP, al fine di mantenere l'egemonia su di esso. Al contrario, Hamas vuole avere una forma alternativa di rappresentanza, perché ha vinto le elezioni. Noi vediamo nell’OLP una casa di tutti i palestinesi e uno strumento per la loro rappresentanza nella lotta per l'autodeterminazione.
D: Affrontiamo la questione della Sinistra Palestinese. Può una Sinistra divisa rappresentare una reale terza forza nello scontro tra Hamas e Fatah?
R: Le critiche alla frammentazione dei partiti di sinistra è giusta, questa è una grande debolezza. Noi riteniamo che la sinistra dovrebbe essere unita. Non sto parlando di un nuovo partito o di una immediata riunificazione, ma una coalizione di tutti i gruppi di sinistra e progressisti, delle organizzazioni di base e degli individui intorno a un minimo di piattaforma politica. Questo potrebbe essere il primo passo verso un processo che potrebbe condurre verso una sinistra unitaria. In caso contrario, questa situazione in cui Hamas e Fatah controllano ogni cosa ci guiderà per un lungo periodo di tempo. Solo se i partiti palestinesi democratici e di sinistra, insieme ai palestinesi che li sostengono, si uniscono in una coalizione, la Sinistra può rappresentare una terza via. Stiamo lavorando molto su questo. In alcuni consigli studenteschi hanno già affrontato l’elezioni insieme, i movimenti di sinistra delle donne stanno discutendo un documento sulla base del quale unirsi in una coalizione...
D: Quali sono gli ostacoli concreti contro l'unificazione della sinistra?
R: I principali ostacoli sono di carattere politico. Per esempio abbiamo opinioni diverse sul processo di pace: alcuni partiti sono d'accordo con gli accordi di Oslo, la Road Map, ecc. Altri no. Tuttavia, come ho detto prima, questo non deve impedirci di accordarci su una agenda politica minima.
D: Mi sembra che i gruppi di sinistra in generale, e il FPLP, sono di fronte a una crisi di consenso nella società palestinese: Perché? Dove è andata la sinistra? Cosa state facendo per essere più presenti e visibili nella società civile palestinese(ONG, organizzazioni di base, movimenti popolari)?
R: Questa è la sfida: nessun partito politico di sinistra può fare molto da solo. Ora le sinistre si trovano ad affrontare una situazione difficile: non abbiamo alcun potere, né denaro, né il sostegno internazionale. Anche nel mondo arabo, i gruppi islamici stanno avendo la parte da leone. Ci troviamo di fronte a problemi interni, come quello economico. Siamo partiti poveri e se si desidera aumentare i programmi sociali, si ha bisogno di soldi per farlo. Come si può competere contro Hamas, che ha un sacco di infrastrutture e di fondi? La gente non vuole solo discorsi, ma interventi sul piano sociale. Abbiamo anche bisogno di poter contare sui militanti. Qui sorge la domanda: come incoraggiare l’attivismo quando si devono affrontare tanti ostacoli geopolitici? A livello internazionale, soprattutto dopo il crollo dell'Unione Sovietica, abbiamo perso il sostegno, la copertura, e qualsiasi tipo di protezione. Noi ci sentiamo vulnerabili: se si dice che sono un membro del FPLP, si finisce in carcere il giorno stesso. Ma la sua critica è giusta, dobbiamo rivedere la nostra politica, tornare ai movimenti di base, essere più presente ...
D: ...Come nella resistenza popolare non violenta contro il Muro...
R: Siamo già parte delle attività in Bil'in, Ni'lin, al-Ma'sara, siamo presenti in questi comitati popolari.
D: Avete rapporti con i partiti israeliani e i movimenti internazionale anti-occupazione?
R: Noi pensiamo che la nostra lotta nazionale ha bisogno del sostegno attivo del movimento di solidarietà internazionale. Per quanto riguarda i movimenti in Israele, noi chiediamo loro il pieno riconoscimento dei diritti palestinesi...
D: Non credi che sia giunto il momento per il FPLP di impiegare maggiori sforzi sui movimenti di base e la lotta popolare, e attribuire meno importanza al confronto militare?
R: Il FPLP crede in tutti i tipi di resistenza, e, naturalmente, la principale è la resistenza popolare (il boicottaggio delle merci, il boicottaggio accademico e culturale, le manifestazioni pacifiche contro il muro e gli insediamenti). Nessun partito sta sviluppando solo la resistenza militare. La lotta armata può essere condivisa solo da singoli individui, e cambia a seconda della situazione, ma la lotta popolare è la grande parte e può essere portata avanti da un sacco di gente. Non critichiamo in linea di principio, la resistenza armata, perché non stiamo affrontando un’occupazione “buona”, questo è un’occupazione militare. Sono d'accordo che dovremmo aumentare la nostra resistenza popolare contro il muro, gli insediamenti, ecc. Ma c'è un collegamento tra i due tipi di resistenza.
D: Forse non è il momento giusto per una terza Intifada, anche vedendo la reazione in Cisgiordania durante l'attacco israeliano su Gaza non è stata così forte come ci si potrebbe aspettare ...
R: La reazione non è stata forte a causa del ruolo svolto dalle forze di sicurezza palestinesi, e perché, e questo è il motivo principale, siamo divisi a livello nazionale. Ascolta, l'Intifada ha bisogno di leader, ma non abbiamo leader. E ha bisogno di essere uniti, ma non c'è l'unità di tutti. Penso che il momento per una terza Intifada verrà, la gente non accetterà per sempre che la situazione peggiori, ma ora la priorità è quella di essere uniti come palestinesi.
D: Il FPLP è un partito laico e marxista, ma avete posizioni politiche molto più vicine a un partito religioso come Hamas rispetto ad altri partiti laici. Come si spiega questo?
R: Non credo che politicamente siamo così vicini ad Hamas. Ad esempio, critichiamo il suo approccio politico e la sua convinzione su un cessate il fuoco a lungo termine come modo per porre fine all’occupazione. Ci sono delle somiglianze, naturalmente: siamo entrambi contro gli accordi di Oslo, la Road Map, la trappola dei negoziati di pace. E come in altri movimenti rivoluzionari, per esempio quelli in America Latina, ci possono essere, in alcuni momenti storici, dei rapporti tra marxismo e religione. Dobbiamo definire la fase in cui ci troviamo, al fine di stabilire quali sono le priorità: come palestinesi, ci troviamo di fronte a una lotta nazionale e democratica. Devi definire le priorità politiche in base all'occupazione: ora la nostra lotta nazionale unitaria deve essere la priorità, in altre circostanze le questioni sociali e democratiche saranno in cima all'agenda politica. Prima di tutto, penso che dobbiamo lavorare per creare un fronte nazionale unito tra tutte i partiti per porre fine immediatamente all’occupazione.
Enrico Bartolomei, per l'Alternative Information Center
http://www.autprol.org/