05/09/2009: IL LATO OSCURO DELLA CRISI: DOVE C’ERA BENESSERE OGGI CI SONO DEBITI


Il sole di Ferragosto ha scaldato l’ottimismo degli economisti, che annunciano la fine della crisi. La loro previsione si basa su piccoli cenni di ripresa in alcuni settori produttivi di Germania e USA, dopo mesi di caduta libera. Poca roba, per giustificare tanto ottimismo, che è comunque smentito da una tendenza generale di segno contrario.
Nel frattempo, la crisi ha già innestato una mina ad alto potenziale, l’indebitamento delle famiglie, che sta vagando in tutti i Paesi del ricco Occidente. L’indebitamento delle famiglie, causato da mutui immobiliari, credito al consumo, finanziamenti per ristrutturazioni di immobili, ecc., è stato ampiamente dilatato dal crack, anche in Italia, che da tempo non è più un Paese di risparmiatori.
L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre (associazione di artigiani e piccoli imprenditori) ha calcolato che dal 2002 (introduzione dell’euro) al 2008 il debito delle famiglie è aumentato dell’81,28% a livello nazionale; in alcune province l’aumento tocca il 117%. La media nazionale è oggi di 15.067 euro per famiglia; al di sopra di questa media, si collocano alcune piccole e ricche province, tra cui: Lodi (Primo posto, con 20.960 euro), Reggio Emilia (5°), Prato (6°), Como (7°), Brescia (10°), Bergamo (12°), Varese (13°), tutte sopra i 19mila euro. Queste province negli anni scorsi hanno avuto una forte propensione ai consumi, grazie al benessere frutto di una diffusa struttura industriale, che oggi è pesantemente colpita dalla crisi, con il conseguente ridimensionamento o chiusura di molte attività produttive, cui corrisponde la crescita dei senza lavoro e dei cassa integrati, con una generale diminuzione dei redditi. In prospettiva, pagare il debito diventerà sempre più aleatorio. Per esempio, per le carte di credito, si prevede un’insolvenza attorno al 5% (area UE 7%). Anche se non siamo ai livelli di insolvenza di USA (14%) e di Gran Bretagna (circa il 10%), il dato nasconde l’usura, quanto mai dilagante sulla spinta della crisi. Draghi, governatore della Banca di Italia, ha denunciato che nel 2008 ci sono state 14.000 segnalazioni, che rappresentano solo la punta dell’iceberg. Una parte dell’usura colpisce piccoli imprenditori, artigiani e commercianti, ma una parte sotterranea e più ampia colpisce i «consumatori», soprattutto proletari che non riescono a tirare la fine del mese.
Indebitamento e insolvenza hanno conseguenze giudiziarie che spesso culminano con l’esproprio dei beni, soprattutto immobili, provocando in questo modo una più accentuata polarizzazione della ricchezza, a tutto danno degli strati subalterni, destinati a una condizione di precarietà permanente.
La polarizzazione della ricchezza è poi favorita da una struttura economica, in cui prevale la piccola e la media impresa, che ancora oggi alcuni imbecilli indicano come l’ancora di salvezza del capitalismo italiano. Al contrario, proprio questa struttura è la zavorra del capitalismo italiano, che lo rende più vulnerabile di altri.
Secondo un’inchiesta di Infocamere, due Srl su tre hanno meno di 20mila euro di patrimonio. Questo significa che più di 30mila imprese possono andare a gambe all’aria dall’oggi al domani. Fin’ora si sono salvate solo con i bassi salari e le giornate di 10/12 ore, spesso con il lavoro nero, in gran parte estorto agli immigrati. Ma questo disinvolto sfruttamento dei lavoratori sta già mostrando la corda, dal momento che è un esempio sempre più seguito da padroni e padroncini di altri Paesi.
E a fronte di un sistema economico sempre più asfittico, anche Tremonti farà fatica a trovare i quattrini per sostenere, come ha fatto adesso, migliaia di piccole imprese alla canna del gas. Certamente, molti padroncini falliti e capetti disoccupati potranno trovare occupazione nelle squadracce di Maroni.

d.e.
Milano, 17 agosto 2009

http://www.autprol.org/