26/07/2009: Del rapporto dello stato tedesco con gli attivisti dei profughi. I casi di Felix Otto e Mouctar Bah


Felix Otto prendeva parte come attivisti dei profughi alle lotte contro l’obbligo di residenza e per la chiusura del lager di Katzhuette. Per impegnarsi contro le leggi speciali razziste, lui, naturalmente, non ha fatto richiesta alle autorità preposte all’ufficio stranieri del distretto Saale-Orla. Questa sarebbe stata un’impresa disperata, poiché le autorità possono rifiutare, senza motivarlo, il “permesso di trasferimento” (abbandono). Una chance per poter aver quel permesso c’è soltanto nei casi di viaggi per feste in famiglia, per particolari festività e per visite all’avvocato. Così Felix Otto viaggiava illegalmente al di fuori del distretto Saale-Orla – e controllato assieme a tanti altri. La prima “infrazione” all’obbligo di residenza è stata punita come irregolarità, mentre la seconda come reato. L’obbligo di residenza è una curiosità nel diritto tedesco, risalente al nazismo, al 1938. L’infrazione di un tempo, oggi viene considerata irregolarità, l’accumulo di più infrazioni diventa reato. Fino al 1981 l’obbligo di residenza non era in vigore, in seguito questa misura, così come era, venne di nuovo resa legge.
In base ad essa Felix Otto venne condannato a 8 mesi di carcere, adesso si trova nel carcere giudiziario di Suhl-Goldlauter. Il 15 luglio si è tenuto presso la pretura di Suhl un processo per consentire, al termine della carcerazione, l’espulsione di Felix. Lui stesso è stato informato del processo appena due giorni prima, il suo avvocato non è stato nemmeno chiamato. Felix Otto è stato condotto in aula con le catene ai polsi e ai piedi. La pretura considera legittima l’espulsione motivata dall’infrazione dell’obbligo di residenza.
Il 16 luglio ha avuto luogo a Suhl davanti al carcere giud8iziario una manifestazione.
Già nel centro-città la polizia ha cercato di disturbare la manifestazione con minacce di arresto e altre discussioni. Davanti al carcere, un quartiere in cui sono concentrati altri uffici e centri istituzionali, i/le manifestanti erano attesi da un grosso schieramento della polizia di Erfurt. La manifestazione hanno voluto che si svolgesse lontano dal carcere considerato territorio privato! Han fatto di tutto affinché Felix Otto non potesse sentire la musica, i saluti inviati attraverso l’impianto acustico. Il senso della manifestazione, mostrare (portare) solidarietà ai prigionieri, doveva essere impedito.
La polizia di Erfurt era fornita di cannocchiali e di cineprese con le quali ha filmato tutte e tutti i manifestanti, senza fosse compiuto alcun reato. Chi fra i manifestanti faceva foto è stato fermato dalla polizia e costretto a cancellare le foto. La polizia aveva paura che venissero rese pubbliche foto e filmati su se stessa.
Al termine della manifestazione ai/alle manifestanti è stato impedito di salire a bordo delle auto. [Probabilmente hanno scaglionato le partenze, ndc].
Un altro caso simile è la continuata criminalizzazione e le minacce nei confronti di Mouctar Bah, amico di Oury Jalloh (originario della Sierra Leone ucciso il 7 gennaio 2005, dopo essere stato fermato, in una caserma della polizia di Dessau nella Sassonia orientale), fondatore della “Iniziativa in memoria di Oury Jalloh” e divenuto forzosamente ex esercente di un telecafé a Dessau.
Già all’inizio del 2006, come reazione al suo impegno successivo alla morte di Oury Jalloh, gli venne ritirata la licenza di esercente. Lui non sarebbe stato sufficientemente offensivo contro i venditori di droghe nei paraggi del suo negozio. Siccome, in ogni caso, lui continuò a lavorare nel suo stesso telecafé, il nuovo proprietario venne messo sotto una tale pressione fino a quando Bah dovette abbandonare. Il telecafé è così divenuto punto di partenza di altre angherie.
Mouctar Bah, come sempre, dal 2006 non ha più ricevuto la licenza di esercente. La motivazione è stata ampliata: siccome lavorava da solo nel suo negozio era “in prevalenza era impegnato”, fatto contrario agli obblighi connessi alla licenza. La sua clientela sporcava i paraggi del telecafé, urinava contro i muri e faceva rumore di notte. Il commercio di droga non conosceva sosta. Secondo osservazioni messe insieme dalla polizia, il locale era prevalentemente frequentato da africani.
Alcuni frequentatori del telecafé avrebbero abbandonato senza permesso il distretto loro assegnato e di conseguenza infranto l’obbligo di residenza. Oltre a ciò Mouctar Bah è stato aggredito e preso di mira da un razzista. Nel corso del processo per l’uccisione di Oury Jalloh indicò un poliziotto da lui chiamato “killer di neri”. La denuncia venne in seguito lasciata cadere.
L’ufficio dell’ordine pubblico, nel rifiutargli la licenza, considera tutto questo quale indizio di “grossa mancanza caratteriale”.
Il 17 luglio 2009 la Lega Internazionale per i diritti umani ha comunicato di conferire al capitano del Cap Anamur (Cap Anamur è il nome di una associazione umanitaria tedesca, impegnata dal 1979 nell'assistenza sanitaria in zone di guerra. Cap Anamur si chiamava la vecchia nave da carico, che prendeva il suo nome da un promontorio sulla costa turca, acquistata nel 1979 da Christel e Rupert Neudeck e impegnata in una missione di salvataggio di profughi vietnamiti…) Stefan Schmidt e Mouctar Bah la medaglia Carl-vonOssietzky. La cerimonia avrà luogo il 13 dicembre 2009.
“Il coraggio civile con il quale Mouctar Bah a Dessau si è adoperato con ostinatezza per il diritto e la giustizia, apertamente disapprovato da parti della popolazione e tutt’altro che spronato dalle autorità statali…”

da de.indymedia.org/2009/07/256786.shtml
No lager halle, 23 luglio 2009

http://www.autprol.org/