29/06/2009: Evasioni, arresti e associazioni sovversive


Questa è la storia dell'ennesimo tentativo di costruire a tavolino l'ennesima “associazione con finalità di terrorismo o di evasione dell'ordine democratico”.
Tutto ha inizio lunedì 8 giugno; a Milano si svolge un'udienza per “imbrattamento” che vede come imputati Madda, che è sottoposta agli arresti domiciliari per un altro procedimento e Toni.
A Madda viene concesso di presenziare all'udienza libera e senza scorta e di raggiungere il tribunale di Milano con mezzi propri.
Viene accompagnata in auto dal suo coinquilino Francesco “Strego”. Entrambi vivono in provincia di Ferrara e non hanno mai guidato per la città di Milano.
L'udienza ha inizio alle 9,30 e Madda, Francesco e Toni sono già in aula, ma il fascicolo del procedimento no. Ciò nonostante, l'udienza non viene rinviata e si procede alla ricerca della carta straccia perduta. Alla fine il fascicolo salta fuori. L'udienza inizia dopo le 11,30 e finisce alle 11,50, con un rinvio di alcune settimane.
Ore 12,00: i tre escono dal tribunale, si dirigono verso la macchina dopo aver chiesto indicazioni su come raggiungere l'autostrada. Si dirigono verso il sud della città. Toni, dal momento che è di strada, si ferma due minuti per ritirare i suoi effetti personali in casa di amici. Nel frattempo gli altri due rimangono nel veicolo.
Una volta ripartiti, Francesco, si accorge di essere seguito da una pattuglia dei carabinieri. Presume di averli dietro a causa della sua guida inesperta per una metropoli.
All'altezza della stazione di Porta Genova, sono le 12,20 circa, complice lo stop dovuto al passaggio di un tram su rotaia, i carabinieri si affiancano ai tre e gli intimano di accostare all'incrocio con Via Vigevano.
Sembra un controllo dovuto ai motivi di circolazione, ma subito le domande degli sbirri si indirizzano su un altro versante. Viene chiesto se hanno problemi con la giustizia, precedenti e il motivo della loro presenza a Milano. La vista di un volantino a firma Anarchici Ferraresi fa partire, come da copione, provocazioni e minacce.
Dopo un'occhiata neanche tanto sommaria all'auto e agli effetti personali dei tre, Madda viene presa da parte e interrogata sul perché si trovi a Milano nonostante gli arresti domiciliari.
Nemmeno la visione dell'autorizzazione firmata dal giudice per presenziare all'udienza dissuade i militari dal rompere i coglioni.
Uno di loro si inventa, dopo aver sequestrato copia dell'autorizzazione, che su di essa è scritto che Madda poteva arrivare e ripartire da Milano unicamente in treno. Nulla vale il fatto che fosse stata assicurata dall'avvocato a venire in auto.
Con questa scusa viene fatta sopraggiungere un'altra gazzella. La carica Madda, la seconda carica Toni, mentre un carabiniere sale sull'auto di Francesco. Destinazione: Comando Regionale dei Carabinieri di Via Moscova. Già durante il viaggio si inizia a respirare un'aria piuttosto pesante: lo sbirro in auto con Francesco, estrae dal nulla, un coltello dallo stivale, con gesto plateale lo apre automaticamente e lo ripone nello stivale di nuovo, dicendo: “Vedi che succede a fare favore agli amici?” (per Madda si era già prefigurata l'ipotesi di reato di “evasione”).
Arrivati al comando, Madda e Toni vengono portati ai piani superiori mentre Francesco viene fatto scendere con la macchina in un garage interrato, si procede alla perquisizione del veicolo. Tutto ciò, a sentir loro, per un semplice controllo di polizia giudiziaria. Non si parla né di fermo né di arresto, ma non viene permesso l'uso del cellulare e, solo dopo innumerevoli obiezioni, Francesco riesce a contattare il suo avvocato.
Nella macchina si trovavano ancora zaino e borsa di Toni e Madda che vengono fatti oggetto pure essi di sequestro nonostante l'assenza dei loro possessori.
Nel corso della perquisizione viene sequestrato solo materiale cartaceo (libri, opuscoli, volantini e manoscritti) anarchico. Al termine delle operazioni, Francesco viene portato nell'ufficio dove sono trattenuti anche Madda e Toni.
I cellulari immediatamente sequestrati così come il contenuto delle tasche.
Passano molte ore, ma ai tre non vengono date spiegazioni di sorta.
Si viene solo a sapere che si sta indagando, a piede libero, per “evasione” nei confronti di Madda e per “procurata evasione“ per quanto riguarda Toni e Francesco.
Ad un certo punto, da un'altro ufficio, si riescono a cogliere alcune parole: “Si, il 2 e 70”, “da 7 a 15 anni”. Subito i tre volgono la mente al 270 bis c.p. Ma, data l'assurdità di tale ipotesi, si convincono di aver capito male.
Nel tardo pomeriggio, dopo l'impossibilità di contattare qualsivoglia avvocato, si vuole sottoporre gli indagati a perquisizione corporale. Con tanto di piegamenti. La motivazione è che lo stato di Madda, Francesco e Toni è cambiato: sono tutti in arresto.
Verso sera vengono portati in un'altra caserma per le rilevazioni fotografiche e per il prelievo delle impronte digitali. Qui, tra le righe delle motivazioni per cui si procede, leggono “arrestati in flagranza di reato per il reato di evasione/procurata evasione.
Arrestati per il reato di associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico”. Nel frattempo vengono avvisate alcune persone di fiducia dell'arresto.
Infine i tre vengono tradotti per la notte in cella di sicurezza, Fadda in una caserma, Toni e Francesco in un'altra.
Svegliati alle 8 della mattina successiva, vengono portati dai carabinieri, in pieno centro a Milano ad una media di 120 Km/h, al palazzo di giustizia per direttissima.
I tempi sono morti e l'udienza inizia verso le 14:00. Giudice e PM, vista l'inconsistenza dell'impianto accusatorio, incentrano dibattimento e interrogatorio sui precedenti dei tre e sul materiale sequestrato.
Circa due ore dopo, tempo in cui il giudice sparisce per pranzare alla faccia del digiuno degli imputati protrattosi ormai da quasi trenta ore, viene convalidato l'arresto e disposta la custodia cautelare in carcere per Madda e la scarcerazione con obbligo di dimora per Francesco e Toni.
Liberati, vengo portati a conoscenza di altri episodi rilevanti accaduti in contemporanea al loro arresto.
A Ferrara, la sera di lunedì, tre anarchici vengono portati in questura e sottoposti a perquisizione corporale, senza il rilascio di alcun verbale, per una (inesistente) “diffusione di stampa clandestina”!
Poche ore prima, nell'abitazione di Lia, coinquilino di Francesco e Madda ed intestataria del veicolo in uso dai tre arrestati, irrompono una decina di carabinieri della stazione del suo comune di residenza, del Nucleo Provinciale di Ferrara e del reparto cinofili di Bologna. Il tutto parte dell'arresto di Madda, Francesco e Toni e del ritrovamento di materiale anarchico.
I militari non presentano nessun mandato di perquisizione, ma entrano ai sensi dell'art. 41 del T.U.L.P.S., alla ricerca di armi ed esplosivi, con l'ausilio di un cane addestrato alla ricerca di materiali esplodenti.
Manco a dirlo, di questi nemmeno l'ombra, ma metà del materiale cartaceo presente in casa più il computer vengono sequestrati.
In contemporanea a Milano, viene perquisita con le stesse modalità la casa dove i tre arrestati si fermano per consentire a Toni di riprendere i propri effetti.
Mercoledì 10 viene notificata a Lia e Francesco (e, presumibilmente, a Madda in carcere) la convalida della perquisizione e del sequestro e l'informazione di garanzia che la procura di Ferrara sta procedendo nei loro confronti per il reato di cui l'art. 270 bis c.p. “ per aver partecipato ad associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico”.
Questa è la storia, fino ad oggi.
Che l'operazione sia partita dal Reparto Operativo di Milano e che la Procura di Ferrara avesse già un fascicolo aperto con ignoti per “associazione sovversive” ancora non ci è dato saperlo.
Fatto sta che i tre compagni sono stati seguiti dall'uscita dal tribunale, questo per stessa ammissione di uno dei carabinieri al processo, e fermati con una motivazione che definire futile o pretestuale e poco.
Da una sosta di due minuti scaturisce l'ennesima carcerazione per Madda e l'apertura di una indagine per 270 bis che colpisce duramente Ferrara, dopo che in meno di una settimana due anarchici ferraresi (Ale prima e Francesco ora) sono stati relegati a casa con obbligo di dimora, di uno con foglio di via dal capoluogo estense; dopo che sono partite denunce per “ricettazione” per aver venduto vino benefit in un carrello della spesa trovato per strada; dopo che la digos si sia permessa di minacciare di botte ragazze e di promettere di far bere piscio ai “capetti” del “movimento”.
La situazione si sta facendo sempre più irrespirabile, ma ciò che preoccupa è che rischia di estendersi a macchia d'olio.
Il semplice fatto che nell'avviso di garanzia si parli solo di “partecipazione” a fantomatiche associazioni sovversive fa presupporre che se c'è chi partecipa, deve esserci per forza, seguendo la logica sbirresca, chi promuove e/o organizza tali associazioni.
E se gli indagati non sono accusati di questo, ciò può voler dire che si punta a gettare in questo lurido calderone altre persone.
Ormai queste macchinazioni, per quanto indubbiamente pericolose, non ci stupiscono più, né devono trovarci impreparati o spiazzati.
La spudorata voglia di eliminare quelle situazioni per loro potenzialmente pericolose, perché nascono come altre rispetto al produco-consumo-pago-pretendo, al giorno d'oggi si estrinseca nel ricorso a manovre come queste.
Manovre che non devono pero' metterci knock out, ma anzi essere un ulteriore stimolo di lotta.
Quel che non uccide fortifica.
Noi non abbiamo nessuna intenzione di farci uccidere.

da informa.azione.info

http://www.autprol.org/