04/06/2009: Cronache dalla RFT
IL CARCERE DI ESPULSIONE DEV'ESSERE CHIUSO
Le/gli abitanti di Ingelheim inviano scritti al comune per la chiusura della carcere d’espulsione [il nome dei Cpt/Cie al di là del Reno, NdT].
Nella cittadina del land Renania-Palatinato, Ingelheim, martedì mattina [12 maggio], numerose e numerosi abitanti hanno scritto una lettera di sfogo. Per loro quello sfogo ha il significato di voler metter fine alla nomina di Ingelheim quale “città in cui c’è il carcere d’espulsione”.
Lo scritto, a giudicare dalla carta adoperata, chiaramente del comune, dice che nel consiglio del distretto finalmente sarebbe stata decisa la chiusura l’istituto per la custodia dei profughi espatriati. Contemporaneamente cittadine e cittadini di Ingelheim sono stati esortati a prendere parte a un dibattito aperto in cui trovare, confrontare idee per la riutilizzazione del vecchio edificio carcerario. Questo, infatti, in futuro dovrebbe diventare un luogo di incontro della gente di Ingelheim e del mondo.
Un sogno meraviglioso sta avverandosi. Un sogno, non soltanto delle migliaia di persone ostili al carcere d’espulsione, che ogni anno si riuniscono per manifestare contro le condizioni nelle carceri, contro la pura esistenza di questo carcere, contro la politica dell’espulsione e per la libertà di movimento globale.
Questo sogno è stato però distrutto, martedì scorso, dalla smentita dell’amministrazione comunale della città di Ingelheim. E’ stata revocata anche la giornata di confronto sulle idee per trovare la riutilizzazione dell’edificio. Il comune non parla con la sincerità richiesta. Esso avrebbe potuto utilizzare quell’incontro anche come scambio, perché in fondo esistono tante persone critiche del carcere e questo significa socialmente qualcosa, in genere, per una città avere al suo ingresso un carcere d’espulsione, chiudere continuamente gli occhi di fronte al torto.
L’amministrazione della città, invece di mettersi in discussione, sporge querela. Ciò nonostante martedì mattina il carcere è stato sicuramente per tante persone il tema posto sul tavolo della colazione. Questo tema, le stesse domande intellettuali presenti nella lettera e il pensiero critico, sono nelle teste delle persone.
Affinché si destino e finalmente si alzino dal tavolo della colazione.
da de.indymedia.org/2009/05/250515.shtml
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SOSPENSIONE DI UN'ESPULSIONE
Felleke Bahiru Kum dopo essersi difeso nel 2006 contro la sua espulsione in Etiopia e dopo che il pilota dell’aereo che doveva trasportarlo là, rifiutò di partire, è stato accusato di resistenza nei confronti dell’ufficiale giudiziario.
Oggi, con la gioia dell’opinione pubblica interessata, il procedimento di espulsione è stato sospeso.
Oggi alle 9 davanti alla pretura di Francoforte si sono trovati circa 20 antirazzisti, con striscioni e volantini, in segno di protesta contro lo scandaloso procedimento riguardante un’espulsione impedita.
Dopo 15 minuti l’udienza per “resistenza a pubblico ufficiale” è stata sospesa. Così è finito il secondo giorno di processo. E’ stata un’udienza rapida come la prima, in ogni caso una vittoria.
Dpo che Felleke Bahiru Kum nel settembre 2006 si era difeso con successo contro la sua espulsione, dopo che il pilota che dovevo condurlo in Etiopia, si era rifiutato di decollare, nel dicembre 2007 seguì il tentativo di una rapida condanna. Allora il tribunale non volle seguire l’eccessivo zelo del pubblico ministero, in quanto l’accusato era fisicamente debilitato.
Oggi il processo è ripreso con giudice e pm nuovi. All’inizio la difesa ha consegnato una dichiarazione in cui viene criticato il processo. Le indagini sono state svolte in modo disordinato, non prevedono neppure l’ascolto del pilota come testimone. Oltre a ciò dal 2006, quando venne impedita l’espulsione, fino ad oggi l’Ufficio Federale per l’Immigrazione e i Profughi [BAMF, iniziali dal tedesco: Bundesamt fuer Migration end Fluechtlinge, NdT] non ha preso nessuna decisione a riguardo delle successive richieste di asilo. Queste richieste erano motivate dal fatto che a Felleke erano state riconosciute 2-3 settimane di vita, da questo emerge che Felleke nell’istanza ha avanzato motivi assolutamente giustificati.
La critica della difesa al processo e alla procura federale è stata chiara. La procura federale, indipendentemente dall’imputato voleva sanzionare la resistenza all’espulsione. Da questo caso concreto in ogni caso l’illegittimità dell’espulsione viene in luce quando si tiene conto dei tempi lunghi della decisione della BAMF.
Di conseguenza giudice e pm presenti sono stati colti rapidamente della convinzione che una sospensione è giustificata.
La sospensione giunge in ritardo, poiché l’apertura del processo è scandalosa. La conclusione è che la resistenza alle espulsioni è sempre efficace!
No Border – No Nation – Stop Deportation
29 aprile 2009
da de.indymedia.org/2009/04/248727.shtml
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LETTERA APERTA DEI PROFUGHI
Da parecchie settimane i profughi rinchiusi nel lager di Moehlau [provincia di Wittenberg] raccolgono firme per una lettera aperta (riportata sotto), in cui descrivono le catastrofiche situazioni in cui vivono e in cui chiedono la chiusura del lager e una vita umana dignitosa. Sostenete la lettera aperta e sottoscrivetela.
Sulla situazione attuale a Moehlau
Nelle settimane scorse a Moehlau hanno avuto luogo diversi incontri nei quali è stata descritta la situazione. Attraverso questi incontri è stata resa pubblica la condizione sempre più spaventosa e le sue conseguenze catastrofiche. A causa di queste lunedì della settimana scorsa nel lager di Moehlau è morta una donna. Sarah, aveva 48 anni ed era fuggita dall’Irak in cui è tornata chiusa nell’urna delle ceneri.
Altri profughi nel corso degli anni sono morti nel soggiorno coatto nel lager di Moehlau. Alcuni sono stati sepolti ad Halle, poiché la loro origine non era chiara. I profughi non possono visitare le tombe dei loro parenti, nel caso sapessero dove sono, poiché ricevono denaro soltanto per piccole spese e buoni-spesa, di conseguenza non possono pagare il viaggio verso Halle.
Nel lager di Moehlau vivono parecchi profughi anziani, malati cronici. Le cure mediche riservate a queste persone sono sistematicamente insufficienti, distanti dalle reali necessità; fra l’altro, data l’assenza della traduzione, non riescono a capire la diagnosi delle loro malattie. In caso di malattie acute possono sperare su un certificato medico valido soltanto 3-4 giorni. Con la morte di Sarah si estende il panico, in particolare fra le persone anziane. Così nel lager di Moehlau accadono parecchi tentativi di suicidio.
In seguito agli incontri tenuti nel lager di Moehlau e alla pubblicazione della lettera aperta, la polizia ha consegnato un mandato di comparizione ad un profugo, Salomon Wantchoucou, che, in una lettera pubblica, scrive:
“In base alle domande della polizia ho risposto che i profughi, organizzati in ‘Voice und Karawane’ hanno il diritto di esprimere i propri sentimenti, di protestare e di esprimersi nella forma di una lettera di protesta. A riguardo la polizia ha detto che una protesta deve essere ben dichiarata e registrata con relativa data presso l’ufficio dell’ordine. La polizia mi ha chiesto in quale lingua ho scritto i protocolli delle riunioni di ‘Voice und Karawane’: Ho detto loro che abbiamo adoperato l’inglese, ma che non avevamo fatto la traduzione in tedesco. Non l’hanno presa bene. Infine ho ribadito loro che ‘Voice und Karawane’ agisce in sostegno delle persone profughe e migranti e in casi avessero ulteriori domande di rivolgersi al mio avvocato".
La lettera aperta.
Noi profughi protestiamo contro le condizioni di vita nella casa di Moehlau, provincia di Wittenberg.
Gentilissime signore e gentilissimi signori, siamo richiedenti asilo provenienti da Benin, Cina, Kossovo, Sierra Leone, Siria e altri paesi e ci troviamo sepolti nella casa d’asilo di Moehlau. Le nostre condizioni di vita sono disumane e viviamo da oltre 15 anni nell’ex caserma dell’esercito della DDR di Moehlau.
Ecco come si svolge la vita in questo luogo:
- I mezzi a nostra disposizione sono costantemente al di sotto del minimo di esistenza.
- Non possiamo muoverci liberamente.
- Le cure mediche sono assolutamente insufficienti.
- La vita delle nostre famiglie viene pesantemente ostacolata.
- Siamo bersaglio di attacchi razzisti e di estrema destra.
- Le autorità preposte all’immigrazione sembrano perseguire soltanto un obbiettivo, la nostra espulsione.
In particolare
Per il sostentamento la gran parte di noi riceve mensilmente due buoni-spesa di 66 euro, che devono essere adoperati, ogni volta, contemporaneamente e comunque in supermercati prescritti (Kaufland, Penny), e allo stesso tempo ogni mese riceviamo 20 euro in moneta per piccole spese.
Per raggiungere Moehlau esiste un solo collegamento pubblico, cioè un bus, che passa al mattino e al pomeriggio, in altro orario ci possiamo muovere solo in bicicletta o a piedi.
Non ci vengono consegnate licenze, permessi per allontanarci dal soggiorno assegnato, per esempio, andare in visita presso famigliari o amici. In caso di viaggi non consentiti dobbiamo pagare una multa di 300 euro.
La tolleranza (sospensione dell’espulsione a causa di impedimenti) viene concessa soltanto una volta ogni 3 mesi. Questo ci mette in una posizione di costante insicurezza. Trovare un’abitazione e un lavoro è, date queste circostanze, comunque quasi impossibile.
In ogni caso nessuno di noi ha un permesso di lavoro.
Se è necessaria una visita medica deve essere seguita la seguente procedura: per primo, deve essere concordata una data, poi questa data deve essere comunicata all’assistente sociale del lager. E’ lui o lei competente all’inoltro della richiesta. L’autorizzazione ha la durata di 3-4 giorni ma vale soltanto per 1 giorno, quello datato. Nei casi acuti, in cui la durata delle cure si allunga, i costi aggiuntivi li dobbiamo pagare noi, se non paghiamo gli interventi medici vengono interrotti. Noi non possiamo acquistare i medicinali (per, esempio, nemmeno in caso di diabete).
In numerosi casi l’autorità impedisce la coabitazione di famigliari. In parte dobbiamo vivere in diverse case d’asilo. In altri casi i famigliari più giovani, che hanno un permesso di soggiorno, non possono dare abitazione ai propri genitori. In parte ai bambini nati qui non viene rilasciato nessun certificato di nascita (competenti sono l’autorità dell’immigrazione e l’anagrafe).
A causa degli assalti dell’estrema destra sui giovani, questi vengono obbligati a cambiare scuola. Anche gli adulti sono oggetto della volgarità e degli attacchi razzisti.
L’autorità preposta a noi chiede, esige, carte e documenti dei nostri paesi d’origine, solo in questo modo possiamo ricevere un permesso di soggiorno. Lo dobbiamo pagare noi stessi, ed è una spesa che noi, spesso, non riusciamo a sostenere; di conseguenza non viene presentata nessuna istanza di asilo, ma, al contrario, viene spinta in avanti la nostra espulsione. Parecchi di noi hanno ricevuto un’ingiunzione di espatrio, per altri è già stata fissata la data dell’espulsione. In numerosi casi la base di questa procedura è l’accordo tedesco-siriano in materia di espulsioni raggiunto all’inizio dell’anno.
Noi chiediamo una vita umana normale per i-le richiedenti asilo.
Vogliamo vivere in abitazioni nostre, vogliamo decidere noi stessi quel che dobbiamo acquistare! Vogliamo denaro contante e un permesso di lavoro, per guadagnare denaro.
Se ci ammaliamo vogliamo andare direttamente dal dottore.
Vogliamo vivere con la nostra famiglia e per incontrare gli amici. Non desideriamo vivere a lungo isolati in un’ex caserma.
E non vogliamo venir espulsi nei paesi dai quali siamo fuggiti, perché là ci minaccia il pericolo!
7 maggio 2009
da de.indymedia.org/2009/05/249709.shtml
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AIR BERLIN DEPORTA VIETNAMITE-I
Lunedì 28 maggio 2009 si è riunito a Berlino il comitato per l’ordine e la sicurezza interna. Fra gli altri temi affrontati è stata anche discussa l’espulsione in massa di persone vietnamite da parte della polizia federale con l’aiuto della società erea Berlin.
I politici hanno parlato di “espulsione via charter”, termine tecnico adoperato in luogo di “deportazione” per mezzo di aerei. In totale, secondo indicazioni del comitato, devono essere espulse 80 persone vietnamite dalla Germania e 20 dalla Polonia. Secondo il deputato attualmente a Berlino ci sono 42 persone vietnamite sotto arresto perché ne è stata ordinata l’espulsione; 8 di queste persone prima di essere espulse dovranno trascorrere un periodo in carcere.
Di 27 persone da espellere manca ancora la conferma delle autorità vietnamite, le quali hanno il compito di identificare le persone prima della loro espulsione. Il deputato Benedikt Lux ha chiesto se fra le persone espulse vi sono anche dei bambini e se sono stati sentiti dei parenti. Koerting ha detto che dalle informazioni in suo possesso non risulterebbero bambini, “il problema non esiste”.
Giyasettin Sayan del Partito di Sinistra ha chiesto perché sia stata la responsabilità del trasporto all’Agenzia Frontex, attiva nel mar Mediterraneo contro i profughi. Koerting ha risposto che la scelta è stata fatta dalla polizia e dalla società aerea.
28 maggio 2009
da de.indymedia.org/2009/05/251833.shtml
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SETTIMANA ANTIRAZZISTA E MANIFESTAZIONE A RENDSBURG
Al termine della settimana antirazzista organizzata da Netzwerk Asyl e Antifa Rendsburg, in questa stessa località ha avuto luogo una manifestazione contro il carcere di espulsione qui aperto.
Circa 100 persone nella mattinata del 30 maggio si sono raccolte sulla piazza antistante il teatro della cittadina situata nel land Schleswig-Holstein [all’estremo nord della RFT] per manifestare contro la politica tedesca e europea sui profughi e contro il carcere di espulsione. All’inizio della manifestazione è stato letto un riepilogo della settimana di iniziative a cui è seguita la lettura di un contributo redatto dalle due organizzazioni promotrici sul razzismo statale, sulla storia e sullo sviluppo sociale del razzismo.
Al governo federale è stato richiesto di recarsi direttamente in carcere dove ogni anno avvengono oltre 300 omicidi colposi. La manifestazione dopo aver percorso il centro della città si è portata davanti al carcere di espulsione. Dall’interno i prigionieri hanno risposto, attraverso le sbarre, con parole d’ordine, battiture e saluti a braccio. E’ stato letto un appello in tedesco, inglese, kurdo e persiano.
Nel corso della settimana è stata realizzata, fra le altre, la proiezione del film “La terra vi sottometta!” in cui è trattata la problematica della costruzione della diga sul fiume Tigri nell’Anatolia del nord. Il film narra delle conseguenze sociali, culturali ed ecologiche successive alla costruzione della diga, alla cui costruzione hanno preso parte imprese tedesche, austriache e svizzere.
In un’altra serata è stato letto il contributo: “Sviluppo storico e sociale del razzismo”. In questo documento viene detto: il razzismo si caratterizza per l’emarginazione delle persone umane sulla base della loro origine o delle caratteristiche biologiche e culturali dei gruppi. Queste caratteristiche sono intese in modo rigido oppure come difficilmente modificabili. L’emarginazione può essere rafforzata da fattori come la povertà. Il razzismo dunque può avere diverse motivazioni e sagomature.
La parola “razza” origina dallo spagnolo e caratterizza l’originarietà dei diversi gruppi sociali. Nel significato “sangue nobile” vale a dire “origine nobile”, il razzismo divide i diversi ceti presenti nella società feudale. Quei concetti vennero adoperati nell’ambito della Riconquista, dell’espulsione del dominio musulmano dalla penisola iberica, e dal colonialismo spagnolo in Sudamerica, per giustificare lo sfruttamento e la cacciata delle persone di origine o religione diversa. Lo scopo del concetto è, sin nella sua origine, di conferire all’emarginazione sociale un diritto naturale.
L’affermazione cercò di conferire un fondamento scientifico al razzismo. In passato, sulla base della parificazione, generalmente accettata, di religione e scienza, il razzismo era visto come divisione divina e perciò naturale, vennero portate avanti ricerche pseudo-antropologiche su una presunta ragione mondiale a favore dell’emarginazione. Esempio calzante in proposito può essere l’opera di Kant “Determinazione del concetto di una razza umana”, in cui l’umanità lui la divide in 4 gruppi e a questi attribuisce anche una valenza, al gruppo europeo attribuisce le maggiori capacità spirituali.
Anche altri pensatori avanzarono curiose teorie sulle razze, ma nessuno di loro, ad esempio, si rivoltò contro il “Codice nero”, la legge che regolava il trattamento inumano delle schiave, degli schiavi nelle colonie francesi. L’esempio del comportamento di fronte a schiave, schiavi confuta esattamente il punto di vista borghese, secondo cui la società borghese-capitalista garantisce l’uguaglianza degli esseri umani davanti alla legge. Che in America la schiavitù abbia avuto luogo in grande stile, fu un prodotto della lavorazione industriale del cotone, una condizione motivata in termini razzisti. Il razzismo nella società non è terminato con la fine della schiavitù, fino agli anni 60 ha dominato una divisione sociale segnata dal razzismo ed anche un presidente nero non ancora messo fine al razzismo sociale. Qui si viene in luce che il razzismo nasce da una condizione economica concreta e può anche penetrare come tradizione nella maggioranza della società e rendersi anche autonomo.
Dopo che il razzismo raggiunse in Germania, nel terzo reich, la sua triste punta massima, con l’annientamento su scala industriale di esseri umani, giunsero negli anni 60 in questo stesso paese, a causa della carenza di forza-lavoro, tanti migranti chiamati Gastarbeiter (lavoratori stranieri). Spesso arrivavano qui per fare lavori contro bassi salari per i quali tanti tedeschi erano divenuti troppo delicati. L’affermazione popolare “die Auslaender” (gli stranieri) prendono i posti di lavoro, è collegata alla comparsa della crisi capitalistica, alla carenza dei posti di lavoro.
Che il razzismo, come detto sopra, sia diventato parte della tradizione sociale, viene dimostrato, fra l’altro, quando i padroni non assumono migranti, nonostante abbiano una migliore qualificazione. Una scelta economica totalmente irrazionale, la quale tuttavia dimostra che il razzismo nel suo sviluppo è stato certamente favorito dal capitalismo, che la sua continuità però non è collegata alla sopravvivenza del capitalismo.
Ad ogni modo ancor oggi il razzismo compie un’importante funzione economica. Nell’UE interi settori economici si basano sugli immigrati illegali da sfruttare sotto le peggiori condizioni. Questi lavoratori, dallo stato considerati illegali, non hanno così alcuna possibilità di reclamare i diritti sociali. Che in gioco ci sono i diritti sociali è stato dimostrato dagli scioperi dei lavoratori illegali in Francia e Spagna, i quali chiariscono che della forza-lavoro di queste persone c’è assolutamente bisogno.
Possiamo così affermare che lavoratrici, lavoratori migranti spesso lavorano in condizioni precarie.
Lo sfruttamento innanzitutto ha luogo nelle ex colonie europee, ma anche su scala globale. Chi arriva qui come profugo spesso viene costretto alla fuga dal paese d’origine dalle condizioni di vita. La ricchezza in Europa si fonda dunque, ciò che può sembrare un paradosso, da una parte sulla compartimentazione di queste persone e sulla costruzione della fortezza Europa, ma dall’altra sul fatto di sfruttare le persone che qui hanno creato questa condizione con l’aiuto della legislazione razzista.
Affinché poche persone fuggano è importante stabilire da dove fuggono. Là devono essere create le strutture che rendano possibile alle persone di condurre una buona vita nella sicurezza materiale e personale. Un buon esempio sul piano regionale sono i zapatisti in Chiapas/Mexico. Una popolazione che si è organizzata su base democratica e che lotta per la propria dignità. E’ importante costruire un collegamento internazionale fra le persone progressiste, in modo che possiamo portare avanti insieme le nostre lotte.
Nel mondo, però, i movimenti progressisti promettenti non sono ovunque. Spesso le persone vengono perseguitate nei loro paesi d’origine, proprio perché si impegnano per una vita migliore. Affinché i profughi non vivano in condizioni miserevoli nel paese di destinazione, deve essere dato a tutti loro un diritto a restare. Soltanto con uno status di soggiorno assicurato è possibile adoperarsi con sicurezza per migliori condizioni di vita. Noi chiediamo il diritto a restare per tutti, tutte – subito, adesso!
Combattere i pregiudizi razzisti nelle teste delle persone, può essere, al contrario, un processo lungo. I pregiudizi coltivati per secoli non scompaiono facilmente, possono essere contrastati soltanto mediante la chiarezza. Entrate nella mischia quando le persone si esprimono in maniera razzista, allora vi rendete conto che esse parlano in modo pericolosamente insensato, scrivete e cantate con il vostro gruppo musicale poesie contro il razzismo, organizzate manifestazioni sui pregiudizi razzisti, aprite una scuola antirazzista, sostenete colleghe e colleghi vittime dell’ostilità razzista e mostrate ai razzisti, quando necessario, la mano dura!
Diritti sociali per tutti!
Combattere il razzismo, anche nel quotidiano!
Per la libertà di movimento globale!
http://www.antira-aktionswoche.org
30 maggio 2009
da de.indymedia.org/2009/05/252136.shtml
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BIELEFELD: A FUOCO L'UFFICIO DEL LAVORO
Diversi media hanno informato che il fine-settimana scorso è stata compiuta un’azione incendiaria contro l’Ufficio del lavoro di Bielefeld. Purtroppo la molotov ha causato danni solo alla facciata esterna.
Bielefeld, città di tradizioni operaie, è una delle poche città di provincia tedesche in cui le lotte sociali vengono ancora portate avanti con mezzi militanti. Ricordiamo soltanto le mobilitazioni del 2007 attorno all’introduzione di tasse generalizzate per l’iscrizione alle scuole superiori e all’università. Qui, fra l’altro, fu fatta saltare l’auto del direttore dell’università.
Nel territorio di Bielefeld esiste, ufficialmente, una disoccupazione pari al 10%. Interessati, in particolare, sono i quartieri operai tipici come Brackwede e, prima di tutto, il mercato del lavoro manuale. Per prima bisogna prendere in considerazione la crescente precarizzazione nel settore dei servizi. Bielefeld dispone di una forte e combattiva presenza dei sindacati.
Gli studenti di Bielefeld sono stati ugualmente colpiti dai tagli sociali e ne hanno risentito, poiché, nell’università locale e nelle scuole superiori, qui è presente un’alta quota di studenti proveniente da strati con formazione generica e con redditi deboli.
Dall’altra parte anche a Bielefeld e nei comuni confinanti ci sono le onnipresenti élites sociali. I processi di espulsione e ammassamento delle persone in nuovi quartieri (gentrification) hanno inserito da tempo l’ovest della città.
I tanto citati disordini sociali sono realtà. È bene che diventino anche visibili.
15 maggio 2009
da de.indymedia.org/2009/05/250579.shtml
http://www.autprol.org/