28/05/2009: Berlino: lotta per la città


Nell’anno appena passato Berlino si è messa in moto. La lotta per lo sviluppo della città e della sua costituzione sociale ha guadagnato in asprezza. Il magazine “Zitty” ha annunciato l’avvio, addirittura, della lotta per la città. I temi regionali e sovraregionali riferiti al concetto di “gentrification” (ristrutturazione urbanistica comprendente i trasferimenti delle persone) ricevono una grossa attenzione. Ciò è soprattutto merito della politica urbana della sinistra radicale, che deve proseguire anche nel 2009.
Questo crescente e nuovo interesse verso la politica urbana non è inventato di sana pianta. Prima di tutto va fissato che le questioni critiche nei rapporti sociali, economici e culturali, nello spazio urbano sono completamente di natura concreta. A Berlino la trasformazione della città motivata dal punto di vista neoliberale rimane in superficie, e ha la durata di un fuoco di paglia.

Divisione sociale, rivalutazione, interesse del capitale.
La divisione sociale della città si inasprisce. Tante persone sbarcano il lunario, si trovano cioè in condizioni d’occupazione precarie, devono vivere facendo conto sui contributi statali o si affidano all’illegalità.
Con la rivalutazione delle zone residenziali a buon mercato, queste persone vengono sistematicamente cacciate dal centro cittadino. Affitti in crescita, traslochi coatti e terrorismo dell’amministrazione agiscono sul piano individuale e dietro le quinte. Il settore immobiliare parla nella sua lingua corrente, e dice, riferendosi a Berlino, che c’è da attendersi margini di guadagno. Le persone cacciate devono far posto alla nuova Berlino. I negozi devono diventare un palcoscenico di vetro e cemento per le élites altamente qualificate e creative, le quali devono urgentemente portare in città il denaro necessario. Berlino vuole porsi a pari grado con New York, Parigi e Londra. Che questo si concluda con il cedimento del suo carattere a favore di una città varia e inadatta può dunque essere ignorato.
In proposito è anche chiaro che nei confronti dei problemi reali sta consumandosi una capitolazione politica. Coscientemente, disoccupazione, emarginazione sociale, violenza giovanile e infanzia povera, vengono sospinte ai bordi della città. La città diventa specchio dei rapporti sociali in generale. Siccome una grossa parte della popolazione non è più necessaria al processo capitalistico, essa viene posta ai margini e amministrata al limite dell’esistenza e della dignità. Nello stesso tempo vengono creati nuovi spazi rappresentativi per la valorizzazione del capitale, i quali sono esclusivi ed ampiamente redditizi. Nel caso di Berlino governo e capitale contraggono una relazione funesta. Ogni volta che si fanno avanti degli investitori, la città apre loro casa e cortile, e mette a disposizione l’infrastruttura finanziata con denaro pubblico. Come contromossa vengono promessi da parte del capitale nuovi posti di lavoro, indirizzati, a ben guardare, a coloro che comunque trovano lavoro, oppure che significano nuova occupazione precaria. Anche se gli intrecci sono di gran lunga più complessi di quanto può essere esposto qui, giungono da questa divisione del lavoro, da questo mercato del lavoro sufficienti sintomi per comprendere che la lotta contro la ristrutturazione urbana è immediatamente lotta anticapitalistica.

Vita alternativa, subcultura, spazi liberi.
Dove lo spazio urbano deve diventare fonte di profitto, naturalmente disturbano i luoghi in cui vengono praticate impostazioni dell’abitare ed economiche, di lavoro sociale e di culture alternative. Considerati troppo sudici e politicamente molesti, gli spazi liberi vengono tenuti sotto permanente minaccia.
I progetti alternativi collettivi, le attività gratuite, gli aiuti fra vicini di casa, oppure le osterie (birrerie) non-commerciali devono vedersela con attività esercitate con rese elevate che hanno la pretesa di essere aperte a tutte le persone. Per questo l’essere degli spazi liberi è parte costitutiva elementare della lotta contro la rivalutazione, poiché in gioco c’è il tentativo di organizzare lo spazio urbano in modo inclusivo e indipendente dal capitale.
La ristrutturazione della città accresce sempre la pressione sugli spazi liberi esistenti. Di conseguenza a Berlino, almeno 10 progetti, da subito o nel medio periodo, sono minacciati di sgombero. La perdita di questi spazi per tante persone sarebbe fatale, poiché questi luoghi sono fonte di idee e di azioni politiche, qui vengono compiuti i primi passi o anche più semplicemente sono luoghi soltanto alternativi. In questo senso deve essere chiaro che un attacco ad essi riguarda tante più persone di quelle che li abitano. Ragazze e ragazzi che vanno a scuola, che il fine-settimana si recano al loro concerto punk, devono essere considerati sullo stesso piano delle attiviste e degli attivisti a tempo pieno. Loro, assieme, utilizzano e organizzano gli spazi liberi e si danno da fare per l’infrastruttura subculturale e politica, che offre un’alternativa all’ambiente delle feste (party) scic e all’impegno politico nei partiti.

Berlino in movimento, variegata ed efficace.
Alle spalle Berlino ha un anno turbolento, per quel che riguarda la politica urbanistica: il passeggio lungo noti marciapiedi del centro contro MediaSpree (società probabilmente immobiliare-televisiva; Spree nome tedesco dello Sprea, il fiume che attraversa Berlino), giornate di manifestazioni e occupazioni di case, giardini, natanti nello Sprea contro gli investitori, presa di posizione decisa della cittadinanza contro MediaSpree, manifestazioni degli affittuari e numerose altre azioni, che, fra l’altro, consigliarono il questore Glietsch a non parcheggiare la sua Porsche nel quartiere di Kreuzberg. Ciò che in questa protesta, nonostante tutto, unisce le più diverse impostazioni è il suo orientamento extraparlamentare, mobilitante e la rivendicazione di una politica più radicale. Non esiste in ogni caso un grosso legame organizzativo. Tutto è sciolto, nasce dal nulla e scompare. Una visione generale di questo insieme non è possibile, ed è bene che sia così.
Che la ristrutturazione urbanistica adesso sia diventata un tema centrale per l’opinione pubblica della città, lo si può senz’altro considerare un successo della politica urbanistica della sinistra radicale; di questo per un momento ce ne rallegriamo. Innanzitutto ciò dimostra che, nonostante la permanente marginalizzazione e criminalizzazione, si può infondere nell’opinione pubblica il desiderio politico, che altrimenti non verrebbe neppure formulato. Un ulteriore forte successo è il fatto che nell’ultimo anno non c’è stato nessun sgombero di un progetto di casa collettiva avviato.
Allo stesso tempo esiste anche la tendenza all’incasso. Di recente si è potuto chiaramente osservare, nei momenti precedenti le manifestazioni degli affittuari, quanto il sindaco di Kreuzberg, Schultz, volesse solidarizzare con i manifestanti. Come in altre occasioni adesso si pone la questione: fino a che punto riusciamo a buttare via l’attenzione guadagnata?

Va avanti così anche quest’anno.
L’impegno della sinistra radicale nella lotta per la città proseguirà anche quest’anno. Purtroppo in futuro sono minacciati tanti progetti di spazi liberi. Per questo viene chiamata a Berlino per il 14 marzo una manifestazione nazionale degli spazi liberi affinché anche nel 2009 non ci siano sgomberi. Anche la Lega degli affittuari ha già annunciato una propria manifestazione, che a paragone della prima guadagna in ampiezza. E la campagna “Noi restiamo tutti!” (che si può anche leggere con ‘Noi non ce ne andiamo’) annuncia settimane di azioni durante l’estate, al culmine delle quali è stata posta l’occupazione in massa dell’aeroporto in disarmo di Tempelhof (costruito dopo il primo dopoguerra del secolo scorso, chiuso sul finire del 2008). Ci si muoverà a seconda di come reagiranno complessivamente le autorità. Il movimento è capace di agire in ogni caso, di essere in futuro un passo avanti.
Fin qui l’euforia, adesso anche una parola critica. C’è sicuramente bisogno sia di una migliore comunicazione che di talune forme d’azione. Ci si deve domandare perché non riusciamo a raggiungere più persone. Oltre a ciò potrebbe essere necessario un miglior collegamento con le altre città. Per esempio, Potsdam, che si trova nelle immediate vicinanze di Berlino, ha predisposti davanti a sé profondi cambiamenti contro i quali la gente è pronta a scendere in strada. Alla fine la lotta per la città è possibile vincerla soltanto come lotta collettiva, in cui ci si sostiene reciprocamente. Infine c’è bisogno di un approfondimento delle motivazioni di fondo della politica urbanistica della sinistra radicale. Proprio di fronte alle cause della crisi finanziaria ed economica bisogna riuscire a cogliere il legame fra la ristrutturazione urbana in generale, il capitale e il fallimento di quest’ultimo. E tutto questo va comunicato in modo comprensibile.

"wir bleiben alle" [restiamo tutti], 30 gennaio 2009
da de.indymedia.org/2009/01/240710.shtml

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Erfurt: prosegue la lotta attorno alla casa occupata
(da de.indymedia.org/2009/04/247239.shtml)

Il 14 aprile scorso la polizia intervenuta in forze e armata ha sgomberato la casa occupata sull’area Topf&Soehne. Il giorno stesso sono state realizzate azioni e manifestazioni di solidarietà in numerose città della RFT; anche in Svezia sono scesi in strada. Lo stesso il giorno dopo.
Erfurt sembra un campo di battaglia, in cui la polizia non è riuscita ad impedire i blocchi e la rottura delle vetrine in città, si è limitata a sgomberare i nuovi occupanti. I danni causati dall’intervento della polizia assommano a 170.000 euro; questa cifra supera ampiamente quanto la città non ha voluto spendere per l’acquisto della stessa casa.
Ad Erfurt tutto ora sembra inevitabilmente portare ad un grosso scontro. Dopo che il 3 aprile è stata pronunciata da un giudice locale l’ordinanza di sgombero nei confronti di presunti occupanti, l’imminenza del giorno X è palpabile.
Tanto più la situazione del progetto messo in piedi si faceva disperata, tanto più negli ultimi giorni si sono infittite le azioni delle e degli occupanti e di chi li sostiene: nonostante il taglio della luce e dell’acqua, centinaia di persone nel fine settimana di pasqua hanno festeggiato l’8° anniversario dell’occupazione. La corrente elettrica, grazie ad un generatore, hanno ripreso meravigliosamente a fluire. Nella notte di sabato sono stati incendiati, nelle vicinanze della casa occupata, container carichi di immondizia, un cellulare della polizia accorso è stato attaccato con sassi e molotov. L’assemblea settimanale della casa occupata ha affermato che tutte le forme d’azione sono espressamente desiderate. Non soltanto il giorno dello sgombero, ma anche nelle giornate e settimane successive, è stato chiarito che questo sgombero costerà loro caro.

Perché lottiamo.
Per chiarire perché è diventato importante lottare per questo progetto, bisogna compiere una breve escursione negli anni scorsi. Le case ad Erfurt vennero occupate nel 1989.
In questa città, prima di questa occupazione e nei tra anni successivi, non esisteva nessun centro autorganizzato di sinistra. Dopo aver chiuso il progetto abitativo legale “Korax” il comune aveva fatto delle promesse per un nuovo progetto, senza però dare indicazioni precise. Perciò la gente decise di non abbandonare la città e di occupare le case esistenti. Dopo parecchi tentativi naufragati, riuscì l’occupazione di una parte dei terreni dell’ex-area industriale Topf&Soehne. Nel corso degli anni qui è nato ogni genere di spazio, da una piazza con tanti banchi di lavoro, a un’altra per concerti d’ogni tipo, compresi quelli delle bande, un café per la lettura e per la comunicazione internet, un cinema, uno spazio per lo sport e una “cucina per tutti”. Inoltre la casa occupata offre spazio ai gruppi politici e in questo modo essa stessa diventa politicamente attiva.
Il fatto che il progetto si trovi in un luogo in cui erano attivi i promotori dell’olocausto, è spiegato dalla storia della società Topf&Soehne. Nella manifestazioni e negli itinerari organizzati su quest’area emerge nitida la partecipazione volontaria impegnata della normale popolazione tedesca alla costruzione della tecnologia per realizzare il genocidio. Viene mostrato che tanto l’antisemitismo, il razzismo, il lavoro salariato che lo spaccio aziendale quale unico sostentamento riconosciuto, il delegare all’ “alto” la responsabilità, furono decisivi a determinare la partecipazione di lavoratori e lavoratrici della Topf&Soehne al genocidio.
Con il sostegno della critica ai meccanismi sociali determinati dall’alto nell’odierna società, la casa occupata cerca di respingere le tendenze di destra. Indipendentemente da questo gli e le occupanti cercano di portare avanti pubblicamente la critica a strutture sociali quali il sessismo, l’omofobia e il capitalismo. Nel progetto si tenta di rendere pratica questa critica nel miglior modo possibile, in quanto ai propositi del progetto, da parte delle condizioni sociali generali, sono posti dei limiti. E’ secondo noi perciò importante aspirare ad un cambiamento della società e non a creare soltanto una “nicchia nel sistema” libera dalle contraddizioni. Ciò nonostante la casa occupata per tante persone è un importante luogo di ritrovo poiché non vengono tollerati i nazi e vengono sostenute le persone minacciate dalle aggressioni sessiste e razziste. Anche le persone che spesso non possono permettersi di prendere parte le manifestazioni culturali o i concerti, qui trova le porte aperte. Progetti di questo tipo in Turingia sono una rarità. Tenere in piedi questo spazio di sinistra, autorganizzato e tanto più importante, in quanto anche in Turingia è presente una rafforzata tendenza di destra.

I risultati dell’occupazione.
Contrariamente alle attese del gruppo occupante iniziale, l’occupazione ha avuto continuità l’amministratore straordinario dell’intera area ha sottolineato alle autorità la condizione disperata di poter rendere sicuri gli edifici dopo uno sgombero seguito da una rioccupazione. I timori iniziali delle autorità per vietare che il luogo divenisse teatro di scontri e di impedire in questo modo le manifestazioni pubbliche, nel corso degli anni sono stati ignorati con efficacia. Tantissime persone della Turingia e di altre regioni utilizzano da otto anni il progetto , di volta in volta qui vi sono abitate costantemente 30 persone. Fino all’inizio del 2007 l’area è stata amministrata dal comune, poi è stata venduta all’impresa edile GmbH und Co KG di Muelhausen. L’occupazione, dopo aver sopportato l’amministrazione pubblica straordinaria, si è trovata di fronte alle intenzioni del nuovo proprietario, il signor Golla, dirette ad abbattere tutti gli edifici, il più rapidamente possibile. Il suo piano è insediare al posto dei vecchi edifici un’area commerciale e abitativa.

Resistenza contro lo sgombero.
Azioni e contrasti nei confronti dello sgombero e della demolizione pianificata si sono svolte su molteplici piani. Artisti, creatori di cultura, persone socialmente attive e istituzioni chiedono con vigore di conservare la casa occupata “nella sua attuale forma” (www.soli.arranca.de), fanno appello ad azioni di blocco (platznehmen.blogsport.de) o annunciano con un linguaggio diretto la resistenza militante (riotdefendtopfsquat.blogsport.de). Lo sgombero unifica il consenso sul fatto che le diverse forme d’azione hanno la loro giustificazione.
Nei media locali la “casa”, come tanti la chiamano ad Erfurt, ha trovato una costante attenzione. (Una raccolta di testi della stampa si trova sotto www.topf.squat.net nella rubrica “Testi”).
Da mesi in città vengono tracciate scritte murali, dipinti murales senza che la polizia sia riuscita ad arrestare autrici e autori.
Nel frattempo il proprietario Helmut Golla ha lanciato due ultimatum, le e gli occupanti non si sono mossi, gli ultimatum sono caduti nel vuoto. Golla ha perciò presentato una richiesta di sgombero alla pretura e in seguito al tribunale provinciale affinché predispongano lo sgombero dell’ex area Topf&Soehne. Venerdì 3 aprile è stata pronunciata la sentenza a favore dello sgombero. L’avviso ad abbandonare la casa è stato inviato all’inizio della successiva settimana. La corrente e l’acqua sono state staccate già mercoledì 1° aprile.
Poiché il solo spazio offerto dal comune era troppo piccolo ed oltre a ciò, siccome la fondazione dell’associazione doveva seguire le corsie legali, le e gli occupanti, a cui era giunta l’intimazione di sgombero, si misero alla ricerca di nuovi spazi. Una nuova occupazione , tentata il 21 febbraio 2009, non è riuscita.
Il gruppo Antifa di Erfurt AG17, fa appello alla resistenza contro lo sgombero con i seguenti argomenti: “Ad Erfurt e in Turingia l’ambito della sinistra non doveva abbandonare senza resistenza il progetto occupato dell’area Topf e Soehne. Anche se da un punto di vista giuridico l’opposizione allo sgombero non ha scampo, opporsi è necessario per stare al passo. Soltanto in questo modo viene socialmente chiarito che qui ed ora esiste una volontà alternativa e non soltanto nel santo giorno del mai della rivoluzione comunista o nell’armonia sociale assoluta dell’economia di mercato, nei beati girotondi della democrazia. A tal riguardo non dovevano essere fatte considerazioni sulle miserie argomentative di Tierbach e Bauswein nei confronti della frazione della CDU (partito principale della città) Legge e Ordine nel consiglio comunale. Si trattava soltanto di una rissa nel partito. Lotte per le case e progetti occupati sono sempre state lotte politiche e sociali, in cui i mezzi non si misurano secondo il metro di ciò che è permesso e vietato, ma, bensì, di quel che è adeguato e opportuno.”

Il giorno X.
Occupanti e sostenitrici e sostenitori ad Erfurt si mobilitano sotto la parola d’ordine “Lo sgombero è un disastro” . In un appello scrivono:
“Nelle ultime settimane sono stati lanciati appelli a raggiungere Erfurt per sostenere la casa occupata. Alcuni hanno seguito l’appello e le iniziative degli ultimi mesi sono nei relativi portali. Qui ripetiamo soltanto l’appello: venite ad Erfurt, dimostrate che né il comune né la Domicil Hausbau GmbH (la società che vende l’area), con la sentenza giuridica, hanno detto l’ultima parola.
Per il momento non si sa esattamente quando sarà il giorno X. Resta fermo che: a partire da venerdì vogliamo festeggiare l’8° anniversario dell’occupazione. Ma possiamo anche non farcela. Per impedire lo sgombero immediato e per rendere anche possibile il festival abbiamo bisogno di TE delle tue amiche e dei tuoi amici, qui, nella casa occupata.
Per riuscire a trasformare lo sgombero in un disastro che colpisce il comune, la provincia e il signor Golla, è meglio arrivare ad Erfurt già domani. Chi però non può venire subito, può manifestare solidarietà il giorno X. Perciò quando inizierà lo sgombero si terrà una manifestazione in città fino alle 19. Il luogo dell’appuntamento verrà comunicato al momento dato.

http://www.autprol.org/