19/05/2009: TERREMOTO IN ABRUZZO. E' partito il business della ricostruzione, è ora di rilanciare la lotta di classe contro classe!
La catastrofe. Dopo tre mesi di scosse continue – più di 300, alcune delle quali molto forti - alle 3:32 del 6 aprile è arrivato il terremoto devastante: 298 morti, 1.500 feriti, 65.000 sfollati tra L'Aquila (42.000 abitanti, totalmente da ricostruire) e altri 49 comuni.
I centri storici di L'Aquila, Onna, Paganica, San Gregorio e Tempera (più di 16.000 abitanti coinvolti) compongono la “zona rossa” dei territori totalmente distrutti, nelle zone a questi limitrofi gli edifici inagibili sono più del 50%.
Più di 35.000 sfollati sono allocati in 170 tendopoli, in larga parte persone che hanno perso il lavoro, anziani e immigrati. Gli altri, per la maggior parte impiegati statali, insegnanti e rappresentanti della borghesia locale, sono nelle strutture ricettive della costa o in tende “separate”.
La prevenzione costa. Una delle zone più sismiche d'Italia, tre mesi di scosse continue, una casistica identica a quella del devastante terremoto del 1703 (l'intera città distrutta) eppure: nel 2003 era stato declassato il rating sismico della regione Abruzzo da “1” a “2” (italianspot.wordpress.com e www.protezionecivile.it/cms/attach/editor/Classificazione.jpg) con provvedimento nr. 3274/2003 firmato Silvio Berlusconi, il che significava meno spese per l’edilizia, meno spese di costruzione, meno ferro, meno cemento, meno sicurezza; mancavano importanti certificati per garantire l'agibilità di edifici pubblici fondamentali (l'ospedale); molte delle costruzioni nuove che sono crollate non rispettavano gli standard più elementari; non è stata fatta nessuna esercitazione per preparare la popolazione; non è stato approntato nessun piano d'emergenza; fino al verificarsi della catastrofe i media si sono ben guardati dal parlare dei pericolosi segnali che nei mesi andavano accumulandosi... il tutto a vantaggio dei profitti dei costruttori e con grande risparmio da parte dello Stato.
Magnitudo 5.8? Il 13 maggio si è riunita a L'Aquila, nella Scuola della Guardia di Finanza di Coppito, la Commissione Internazionale di sismologi. Scopo della riunione, fortemente voluta da Bertolaso, era confermare che l'entità del terremoto è stata di magnitudo 5.8 della scala Richter. Il problema è che i siti degli istituti di sismologia USA (earthquake.usgs.gov/eqcenter/eqinthenews/2009/us2009fcaf/) parlano di magnitudo 6,2 e quelli giapponesi di 6,3. Infatti, se viene superata la magnitudo 6.0, cambiano le norme finanziarie per la ricostruzione e il contributo dello Stato passa dal 33% al 100% (IlCapoluogo.it 27 aprile 09 ).
Le tendopoli. Nell'ultimo secolo non era mai successo che un sisma distruggesse un capoluogo di regione. Nelle tendopoli la situazione è drammatica. Le tende sono caldissime durante il giorno (si raggiungono anche i 40 gradi) e fredde durante la notte (in inverno si arriverà a 15 gradi sotto lo zero). Le condizioni igieniche sono precarissime - per esempio a Lucoli, frazione di Spogna, ci sono 2 docce per 130 persone -, mancano medici, medicine e vestiti. Il cattivo odore è spesso insostenibile. Sono in atto epidemie di dissenteria, bronchiti e polmoniti. Mosche, zecche e ratti sono in attesa di disinfestazione.
I veri sciacalli. In città, dopo pochi giorni dal sisma distruttivo, sono apparse numerose case in legno, poste in mostra da ditte varie per essere vendute. I prezzi dei terreni, anche agricoli, dove sarebbe stato possibile allocarle sono immediatamente schizzati alle stelle. Lo spazio per immagazzinare la roba degli sfollati costa quindici euro al metro quadro, mentre le false associazioni della pelosa carità stanno facendo oro a palate con i fondi raccolti per i terremotati.
Lo stato. Bertolaso ha detto chiaramente che non sono previsti alloggi alternativi fino ad ottobre inoltrato, quando i moduli abitativi non provvisori saranno approntati nelle aeree ritenute antisismiche, ma che a tutt'oggi non sono state ancora espropriate. Chi non usufruisce delle tendopoli o degli alloggi sulla costa può inoltrare domanda al Comune per avere un risarcimento pari a 100 euro al mese, 200 per gli ultra sessantacinquenni, somma che non arriverà prima di settembre.
Il decreto-terremoto (28 aprile 2009, n. 39). Appare quanto di più farraginoso e meno leggibile si possa immaginare. Si parla di ricostruzione immediata e, poi, di finanziamenti dilatati sino al 2033. 4,7 miliardi di euro saranno racimolati dall'indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione. I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee... ma non troppo: “moduli abitativi destinati ad una durevole utilizzazione… in attesa della ricostruzione”. 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Un modulo prefabbricato di 50 mq costerà intorno agli 80mila euro, verranno costruiti quindi, circa, 8.750 moduli. Rispetto alla loro localizzazione e costruzione i Sindaci e la Provincia non avranno alcuna voce in capitolo.
I fondi per la ricostruzione dell'abitazione principale (massimo 150mila euro) saranno divisi, manco fosse un film di Troisi, in 33%, 33% e 33%: 50 mila euro li concederebbe - cash - il governo; 50 mila sarebbero tramutati in credito di imposta (anticipato dalla famiglia terremotata e ammortizzato in un arco temporale di 22 anni); altri 50 mila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo (Repubblica 5 maggio 2009). Per i contributi a fondo perduto il Governo stanzierebbe all’incirca due miliardi di Euro spalmati fino al 2033.
Fintecna. Nel caso in cui i fondi stanziati, come in moltissimi casi avverrà, non risultassero sufficienti e/o le persone non avessero fondi personali da aggiungere alla somma erogata: NO PROBLEM. L'immobiliare Fintecna, ditta controllata dal Ministero dell’Economia e Finanze, avrà l'opzione di acquisto sugli immobili in questione e diventerà, di fatto, padrona di gran parte del territorio.
La protezione civile. La Protezione civile blinda e decide, con arroganza e saccenza. Ti mette da parte (miskappa.blogspot.com). Ci sono i cartellini che ogni abitante deve portare al collo, senza di questi non si entra e non si esce dai campi (terremoto09.wordpress.com). Continui controlli dei documenti, posti di blocco, coprifuoco in tutto il territorio dopo le 20, per non parlare, poi, dei tanti problemi createsi a causa dell’eccessiva burocratizzazione delle catene di comando. L'intero territorio è sottoposto ad un clima di militarizzazione stretta, clima che si è aggravato quando la distribuzione di alimenti agli “auto-gestiti” - campi che vivono fuori dal controllo diretto della protezione civile - è stata bruscamente interrotta e sono comparse colonne di mezzi antisommossa delle forze dell’ordine lungo la statale 17 (“Sollevati Abruzzo n°4”, www.site.it).
Come sempre, è una questione di classe. Ci sono oggi in Abruzzo migliaia di nuovi disoccupati senza nessuna fonte di entrate. Come già sta avvenendo, gli appalti per la ricostruzione andranno fuori regione, il subappalto generalizzato aumenterà lo sfruttamento dei clandestini, il rischio di incidenti ed i profitti per gli imprenditori aumenteranno a dismisura.
Fin dai primi giorni è emersa in maniera palese la differenza tra chi è stato alloggiato nelle strutture alberghiere o ha potuto godere di una tenda della protezione civile isolata dalle altre, con tanto di servizi igienici individualizzati, e chi è stato ammucchiato nelle tendopoli. A partire dalle proteste spontanee di Onna, Fossa e Paganica, si sono verificate prime opposizioni ad un modello di ricostruzione fortemente ineguale, ma il problema centrale rimane la necessità di distinguere i differenti interessi in campo.
Da un lato c'è il grande capitale che si sta buttando a pesce nel business della ricostruzione. Il decreto-Abruzzo è steso a suo uso e consumo ed offre possibilità di grandi profitti, oro colato in questi tempi di crisi, tanto alle aziende private quanto alla rete delle “cooperative rosse”.
Ci sono poi gli interessi della piccola borghesia che si è ritrovata improvvisamente immiserita e vorrebbe il 100% del risarcimento (campagna 100%, www.carta.org), che vorrebbe partecipare alla progettazione della ricostruzione, che vive con terrore la proletarizzazione nella quale è stata improvvisamente gettata e vorrebbe entrare, sebbene con quota minoritaria, al banchetto della ricostruzione... ma non è stata invitata.
C'è poi il proletariato che si è ritrovato disoccupato - se già non lo era -, gli operai che continuavano a lavorare nei fabbricati gravemente lesionati prima che questi venissero chiusi, gli immigrati regolari o meno, molti dei quali sono rimasti sepolti sotto le macerie e nessuno andrà mai più a cercarli, i lavoratori in genere con pochi soldi da parte e nessuna proprietà o, al massimo, un mutuo cinquantennale che la Fintecna si incaricherà presto di espropriare. Questa massa di persone erano già spoliate di tutto prima del sisma e non hanno oggi nulla da ricostruire perché vivevano, di fatto, in affitto. Questi proletari non avranno nulla di buono da ricavare dalla ricostruzione, se non (forse) un umido “modulo abitativo” e inverni di freddo, miseria e disoccupazione.
E' a loro ed ai milioni di sfruttati e proletari che vivono fuori dall'Abruzzo che rivolgiamo il nostro appello affinché trovino la forza, e noi siamo con e tra loro, per affermare che non abbiamo nulla da gestire assieme agli sciacalli tanto che si parli di ricostruzione, quanto che in argomento sia la scadenza del contratto o la chiusura dell'azienda. I nostri interessi sono opposti a quelli della attuale società e di chi vi comanda, per questo la combattiamo con tutte le nostre energie e per questo, in ogni risvolto, ribadiamo la nostra autonomia politica. La lotta è di classe contro classe. Noi non abbiamo interessi in comune con chi gestisce il business della ricostruzione e nemmeno con chi, a questo business, vuole partecipare.
Lotus 15/05/09
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