12/02/2009: Milano: Sul processo elettorale: un voto perso da chi è votato all'anarchia


Giovedì 12 febbraio ci sarà la prima udienza del processo in cui sono imputato con l'accusa di tentato incendio. Ma ripercorriamo i fatti: durante il periodo dell'ultima tempesta demagogica che precede ogni votazione politica, vengo arrestato a Milano per una serie di azioni compiute in risposta alla frastornante paccottiglia propagandata dai manichini della politica. Dopo un mese circa vengo rimesso in libertà e, una volta chiuse le indagini, vengo rinviato a giudizio in due differenti processi. Il primo dei due, che inizierà il 12 febbraio, riguarda il tentato incendio ai danni di un gazebo di propaganda elettorale del Partito Democratico. In merito al secondo procedimento penale, la data della prima udienza non è ancora stata fissata e i capi di imputazione riguardano due incendi ad altrettanti gazebi, uno de “La destra” e l'altro del PD; due danneggiamenti, uno a Banca Intesa e l'altro ad una pelletteria, e diverse scritte contro le votazioni in differenti punti della città.
Partiamo da un dato oggettivo: il processo in atto è prettamente politico, non solo perchè il sottoscritto gli attribuisce tale carattere, ma soprattutto perchè la motivazione del mio arresto era di preservare il clima di serenità politica, in merito alle azioni di disturbo notturno contro i gazebi della propaganda partitica, allestiti per lo svolgimento della campagna elettorale, “momento di grande importanza nella vita democratica del paese in vista delle elezioni politiche” (così si legge testualmente negli atti del tribunale). In questa brillante opera di contenimento, la DIGOS ha avuto il ruolo preponderante: non si è certo risparmiata a chiedere con insistenza l'ordine di cattura.
Chiaramente non sorprende l'atteggiamento delle forze repressive, preposte a garantire meccanicamente la sicurezza dello status quo. Tanto meno stupisce che la giustizia ordinaria si appresti a celebrare il potere di cui fa parte, processando l'eresia di un'idea. L'individualizzazione è una prerogativa del codice penale: giudicare qualcuno, non solo in base all'infrazione di una norma legislativa, ma ricorrendo all'analisi individuale di chi è imputato, sentenziando sulla personalità, le tensioni e le pulsioni soggettive, e in questo caso sull'identità politica. Da parte mia non c'è l'intenzione di presenziare in aula, segno del mio rifiuto di riconoscere l'autorità che mi processa secondo l'arbitrarietà dei suoi criteri di giudizio: sono insuscettibile di ravvedimento. Proseguo a testa alta il percorso politico che ho intrapreso; non sarà certo un ostacolo di percorso a farmi recedere. Invece di votare, per poi lamentarsi dei problemi lasciati irrisolti o di nuove leggi liberticide, credo sia meglio opporsi a priori ai progetti della classe politica e attaccare integralmente il sistema per imboccare un nuovo sentiero, dove chi lo percorre potrà scegliere di costruirsi il proprio orizzante di cambiamento. A ognuno il suo.

Mattia di Milano

da indymedia lombardia

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