07/02/2009: Berlino: lotta per la città


Nell’anno appena passato Berlino si è messa in moto. La lotta per lo sviluppo della città e della sua costituzione sociale ha guadagnato in asprezza. Il magazine “Zitty” ha annunciato l’avvio, addirittura, della lotta per la città. I temi regionali e sovraregionali riferiti al concetto di “gentrification” (ristrutturazione urbanistica comprendente i trasferimenti delle persone) ricevono una grossa attenzione. Ciò è soprattutto merito della politica urbana della sinistra radicale, che deve proseguire anche nel 2009.
Questo crescente e nuovo interesse verso la politica urbana non è inventato di sana pianta. Prima di tutto va fissato che le questioni critiche nei rapporti sociali, economici e culturali, nello spazio urbano sono completamente di natura concreta. A Berlino la trasformazione della città motivata dal punto di vista neoliberale rimane in superficie, e ha la durata di un fuoco di paglia.

Divisione sociale, rivalutazione, interesse del capitale
La divisione sociale della città si inasprisce. Tante persone sbarcano il lunario, si trovano cioè in condizioni d’occupazione precarie, devono vivere facendo conto sui contributi statali o si affidano all’illegalità. Con la rivalutazione delle zone residenziali a buon mercato, queste persone vengono sistematicamente cacciate dal centro cittadino. Affitti in crescita, traslochi coatti e terrorismo dell’amministrazione agiscono sul piano individuale e dietro le quinte. Il settore immobiliare parla nella sua lingua corrente, e dice, riferendosi a Berlino, che c’è da attendersi margini di guadagno. Le persone cacciate devono far posto alla nuova Berlino. I negozi devono diventare un palcoscenico di vetro e cemento per le élites altamente qualificate e creative, le quali devono urgentemente portare in città il denaro necessario. Berlino vuole porsi a pari grado con New York, Parigi e Londra. Che questo si concluda con il cedimento del suo carattere a favore di una città varia e inadatta può dunque essere ignorato.
In proposito è anche chiaro che nei confronti dei problemi reali sta consumandosi una capitolazione politica. Coscientemente, disoccupazione, emarginazione sociale, violenza giovanile e infanzia povera, vengono sospinte ai bordi della città. La città diventa specchio dei rapporti sociali in generale. Siccome una grossa parte della popolazione non è più necessaria al processo capitalistico, essa viene posta ai margini e amministrata al limite dell’esistenza e della dignità. Nello stesso tempo vengono creati nuovi spazi rappresentativi per la valorizzazione del capitale, i quali sono esclusivi ed ampiamente redditizi. Nel caso di Berlino governo e capitale contraggono una relazione funesta. Ogni volta che si fanno avanti degli investitori, la città apre loro casa e cortile, e mette a disposizione l’infrastruttura finanziata con denaro pubblico. Come contromossa vengono promessi da parte del capitale nuovi posti di lavoro, indirizzati, a ben guardare, a coloro che comunque trovano lavoro, oppure che significano nuova occupazione precaria. Anche se gli intrecci sono di gran lunga più complessi di quanto può essere esposto qui, giungono da questa divisione del lavoro, da questo mercato del lavoro sufficienti sintomi per comprendere che la lotta contro la ristrutturazione urbana è immediatamente lotta anticapitalistica.

Vita alternativa, subcultura, spazi liberi
Dove lo spazio urbano deve diventare fonte di profitto, naturalmente disturbano i luoghi in cui vengono praticate impostazioni dell’abitare ed economiche, di lavoro sociale e di culture alternative. Considerati troppo sudici e politicamente molesti, gli spazi liberi vengono tenuti sotto permanente minaccia. I progetti alternativi collettivi, le attività gratuite, gli aiuti fra vicini di casa, oppure le osterie (birrerie) non-commerciali devono vedersela con attività esercitate con rese elevate che hanno la pretesa di essere aperte a tutte le persone. Per questo l’essere degli spazi liberi è parte costitutiva elementare della lotta contro la rivalutazione, poiché in gioco c’è il tentativo di organizzare lo spazio urbano in modo inclusivo e indipendente dal capitale.
La ristrutturazione della città accresce sempre la pressione sugli spazi liberi esistenti. Di conseguenza a Berlino, almeno 10 progetti, da subito o nel medio periodo, sono minacciati di sgombero. La perdita di questi spazi per tante persone sarebbe fatale, poiché questi luoghi sono fonte di idee e di azioni politiche, qui vengono compiuti i primi passi o anche più semplicemente sono luoghi soltanto alternativi. In questo senso deve essere chiaro che un attacco ad essi riguarda tante più persone di quelle che li abitano. Ragazze e ragazzi che vanno a scuola, che il fine-settimana si recano al loro concerto punk, devono essere considerati sullo stesso piano delle attiviste e degli attivisti a tempo pieno. Loro, assieme, utilizzano e organizzano gli spazi liberi e si danno da fare per l’infrastruttura subculturale e politica, che offre un’alternativa all’ambiente delle feste (party) scic e all’impegno politico nei partiti.

Berlino in movimento, variegata ed efficace
Alle spalle Berlino ha un anno turbolento, per quel che riguarda la politica urbanistica: il passeggio lungo noti marciapiedi del centro contro MediaSpree (società probabilmente immobiliare-televisiva; Spree nome tedesco dello Sprea, il fiume che attraversa Berlino), giornate di manifestazioni e occupazioni di case, giardini, natanti nello Sprea contro gli investitori, presa di posizione decisa della cittadinanza contro MediaSpree, manifestazioni degli affittuari e numerose altre azioni, che, fra l’altro, consigliarono il questore Glietsch a non parcheggiare la sua Porsche nel quartiere di Kreuzberg. Ciò che in questa protesta, nonostante tutto, unisce le più diverse impostazioni è il suo orientamento extraparlamentare, mobilitante e la rivendicazione di una politica più radicale. Non esiste in ogni caso un grosso legame organizzativo. Tutto è sciolto, nasce dal nulla e scompare. Una visione generale di questo insieme non è possibile, ed è bene che sia così.
Che la ristrutturazione urbanistica adesso sia diventata un tema centrale per l’opinione pubblica della città, lo si può senz’altro considerare un successo della politica urbanistica della sinistra radicale; di questo per un momento ce ne rallegriamo. Innanzitutto ciò dimostra che, nonostante la permanente marginalizzazione e criminalizzazione, si può infondere nell’opinione pubblica il desiderio politico, che altrimenti non verrebbe neppure formulato. Un ulteriore forte successo è il fatto che nell’ultimo anno non c’è stato nessun sgombero di un progetto di casa collettiva avviato.
Allo stesso tempo esiste anche la tendenza all’incasso. Di recente si è potuto chiaramente osservare, nei momenti precedenti le manifestazioni degli affittuari, quanto il sindaco di Kreuzberg, Schultz, volesse solidarizzare con i manifestanti. Come in altre occasioni adesso si pone la questione: fino a che punto riusciamo a buttare via l’attenzione guadagnata?

Va avanti così anche quest’anno
L’impegno della sinistra radicale nella lotta per la città proseguirà anche quest’anno. Purtroppo in futuro sono minacciati tanti progetti di spazi liberi. Per questo viene chiamata a Berlino per il 14 marzo una manifestazione nazionale degli spazi liberi affinché anche nel 2009 non ci siano sgomberi. Anche la Lega degli affittuari ha già annunciato una propria manifestazione, che a paragone della prima guadagna in ampiezza. E la campagna “Noi restiamo tutti!” (che si può anche leggere con ‘Noi non ce ne andiamo’) annuncia settimane di azioni durante l’estate, al culmine delle quali è stata posta l’occupazione in massa dell’aeroporto in disarmo di Tempelhof (costruito dopo il primo dopoguerra del secolo scorso, chiuso sul finire del 2008). Ci si muoverà a seconda di come reagiranno complessivamente le autorità. Il movimento è capace di agire in ogni caso, di essere in futuro un passo avanti.
Fin qui l’euforia, adesso anche una parola critica. C’è sicuramente bisogno sia di una migliore comunicazione che di talune forme d’azione. Ci si deve domandare perché non riusciamo a raggiungere più persone. Oltre a ciò potrebbe essere necessario un miglior collegamento con le altre città. Per esempio, Potsdam, che si trova nelle immediate vicinanze di Berlino, ha predisposti davanti a sé profondi cambiamenti contro i quali la gente è pronta a scendere in strada. Alla fine la lotta per la città è possibile vincerla soltanto come lotta collettiva, in cui ci si sostiene reciprocamente. Infine c’è bisogno di un approfondimento delle motivazioni di fondo della politica urbanistica della sinistra radicale. Proprio di fronte alle cause della crisi finanziaria ed economica bisogna riuscire a cogliere il legame fra la ristrutturazione urbana in generale, il capitale e il fallimento di quest’utimo. E tutto questo va comunicato in modo comprensibile.

wir bleiben alle (restiamo tutti), 30 gennaio 2009
da de.indymedia.org/2009/01/240710.shtml

http://www.autprol.org/