30/01/2009: EFFETTO GELMINI - BLOCCATO IL SENATO ACCADEMICO ALL'ORIENTALE
Questa mattina [26/01] un gruppo di studenti si è recato al Senato Accademico per avere chiarimenti sui criteri con cui l'università sceglie di congelare o accorpare i corsi di laurea!
Quella di stamattina sicuramente non è stata un'iniziativa in difesa di questa università ma un voler capire chi decide cosa tagliare e in base a cosa, chi decide cosa è valore e cosa non lo è nelle nostre università (e di conseguenza nelle nostre società). La risposta del senato accademico, che giustificava tali cambiamenti dicendo che hanno fatto e faranno delle scelte con l'obbiettivo di mantenere alti i contenuti e l'offerta formativa dell'Ateneo, sicuramente non ci convince e crediamo che dietro a tutto ciò ci sono i primi effetti della riforma Gelmini, e ancora continuiamo a chiederci quali siano i criteri di tale scelte.
Rimaniamo sconcertati davanti alla censura fatta al Preside Cilardo, che provava a dire che c'era un'altra possibilità al taglio del corso della sua facoltà, come rimaniamo sconcertati quando chiediamo spiegazione rispetto al legame tra L'Orientale e la Global Service, e ci viene risposto che stavamo facendo delle insinuazioni e che quelli non erano né la sede né il modo adatto per affrontare la questione.
Siamo convinti che l'unica via di uscita oggi, al lento cammino verso la fine dell'Università pubblica, sia la creazione di spazi di autonomia e indipendenza qui e subito, la capacità di far vivere un università diversa da ora perché è davvero arrivato il nostro tempo.
Effetto Gelmini
Ecco che dopo pochi giorni dall'approvazione alla camera del famigerato decreto Gelmini sull'università, se ne iniziano già a sentire gli effetti. Il caso della facoltà di Studi Arabo Islamici è solo l'ultimo e più famoso esempio di ciò che sta per abbattersi sull'Università pubblica in questo paese.
Sarebbe troppo facile dire "noi l'avevamo detto", anche perché dal 6 agosto del 2008 gli studenti, i maestri, i ricercatori hanno cominciato una battaglia coscienti della posta in gioco e delle possibili conseguenze.
Subito all'interno dell'accademia comincia il tam-tam su quale sia l'arto da recidere, c'è chi propone (come il preside Cilardo) di tagliere "gli inutili corsi della facoltà di lettere e filosofia", chi vuole razionalizzare il tutto accorpando corsi come se fossimo davanti al banco della frutta, e chi invoca l'intervento del movimento dell'Onda a difesa di questo e di quell'altro interesse.
Tutto ciò ha qualcosa di tragicomico. Il nostro Rettore, seguendo il buon esempio del Presidente del Consiglio in materia di crisi economica, rassicura tutti dicendo che faremo qualche piccolo sacrificio ma poi alla fine ce la faremo, mentre la vicenda si infarcisce di un'infinità di nuovi termini che per il baronato e l'accademia dovrebbero essere la ricetta alla crisi dell'Università.
Razionalizzazione, virtuosità, merito, sono i nuovi cardini degli Atenei post-Gelmini; nuovi vangeli da seguire, ma vuoti specchietti per le allodole che nascondono un più subdolo processo di dequalificazione del sapere e di sperimentazione di nuove forme di disciplinamento.
Sarebbe scontato ricordare che il movimento studentesco dell'Onda nasce proprio dal bisogno di trovare nuove forme di valore all'interno delle nostre facoltà, di dare una nuova razionalità al nostro tempo e ai nostri bisogni.
Non entreremo nel merito di quale corso sia più "utile" o cosa bisogna tagliare, ci piacerebbe costruire da soli i nostri piani di studio piuttosto che comprare un pacchetto di esami al posto di un altro. Ma quello che veramente ci interessa sottolineare in questa grottesca vicenda, e che vorremo cominciare a capire chi decide cosa tagliare e in base a cosa? Chi decide cosa è valore e cosa non l'ho è nelle nostre università?
Perché se devono essere gli stessi che hanno portato l'università nella situazione in cui siamo oggi, allora che si facessero da parte!
Non è più accettabile parlare di corsi produttivi, solo perché hanno una qualche presunta spendibilità sul mercato del lavoro o esercitano un'attrattiva tale da avere un numero considerevole di iscritti, non è più possibile invocare la razionalità della spesa universitaria li dove non esistono aule studio a sufficienza, le biblioteche hanno orari dimezzati, non esistono allogi e mense per studenti, mentre proliferano sedi distaccate e corsi fotocopia.
L'unico valore possibile che possono produrre oggi i nostri atenei è quello che nasce dal basso, dalla voglia di fare ricerca, dalla cooperazione sociale tra i soggetti che vivono le Università e i territori circostanti.
L'unica valutazione possibile del sapere, che viene prodotto dal corpo vivo degli Atenei, è data dai gradi di accesso che e di fruibilità dello stesso nella grande fabbrica sociale in cui viviamo tutti i giorni, dall'efficacia che quel sapere ha nel migliorare le nostre condizioni di vita materiali.
L'unica razionalizzazione possibile è quella che vede la partecipazione di tutti i soggetti colpiti dalla Gelmini alla gestione del fondo universitario e al suo utilizzo.
Siamo convinti che l'unica via di uscita oggi, al lento cammino verso la fine dell'Università pubblica, sia la creazione di spazi di autonomia e indipendenza qui e subito, la capacità di far vivere un università diversa da ora perché è davvero arrivato il nostro tempo.
26 gennaio 2009
Orientale 2.0
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