23/01/2009: Commissione d'osservazione del processo di Engin Ceber - Appello


Il 21 gennaio 2009 avrà inizio, presso la 14sima Camera della Corte d’Assise di Bakirköy, ad Istanbul il processo contro i poliziotti e le guardie carcerarie responsabili dell’omicidio per tortura del giovane Engin Ceber.
Il processo rischia di sancire una volta di più l’impunità degli assassini se la contestazione sollevatasi al momento dell’uccisione di Engin e che costrinse le Autorità turche a chiamare in giudizio alcuni dei responsabili, non si leverà ancora più forte.
E’ questo il motivo che ha spinto gli avvocati della parte civile a lanciare un appello internazionale alle ONG, alle associazioni democratiche e a tutti i progressisti affinché partecipino al processo e facciano pressione sul governo turco.
Diffondiamo la versione italiana dell’appello reperibile sul sito: www.enginceber.org

vedi allegato tratto da Il Bollettino n.79 reperibile su
http://www.solidarietaproletaria.org/asp/default.asp?modulo=pages&idpage=12

Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP 380, 80133 Napoli – Italia

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NON CHIEDIAMO SCUSE, MA GIUSTIZIA

Il 28 settembre 2008, Engin CEBER è stato arrestato per avere partecipato ad una conferenza stampa. Al commissariato dove è stato condotto, Engin è stato sottoposto a tortura. Benché i rapporti sanitari abbiano stabilito che Engin è stato torturato, su richiesta del procuratore, il giudice ha emesso un mandato di arresto contro di lui per resistenza alla polizia. Nessuno ha invece ritenuto necessario condurre delle indagini sulle denunce di tortura.
Per Engin CEBER questo doveva essere solo l'inizio del suo lungo calvario. Dopo la polizia, il 29 settembre 2008, sono stati i gendarmi a torturarlo, durante le procedure di ammissione nel carcere di Metris, all'entrata stessa della prigione. Engin è stato quindi posto in isolamento, separato dagli amici con i quali era stato arrestato e privato della possibilità di parlare con la sua famiglia e con il suo avvocato. E’ rimasto alla mercé delle guardie carcerarie fino al 7 ottobre 2008. Il 10 ottobre 2008, è morto nell'ospedale in cui era stato condotto senza che nessuno ne fosse stato informato.
L'autopsia e altri referti medici dimostrano che Engin è stato sottoposto a tortura ininterrottamente dal 28 settembre 2008 al 7 ottobre 2008.
La diligente indagine seguita alla morte di Engin è stata condotta da uno dei suoi stessi responsabili, cioè dal direttore della prigione. Da parte loro, le autorità si sono affrettate a nascondere la verità all'opinione pubblica ricorrendo dapprima a motivi di riservatezza e poi al divieto di pubblicazione.
Benché le prove trovate nel dossier d’inchiesta abbiano chiarito i fatti con precisione, per lungo tempo i torturatori non sono stati indagati. Quando, su pressione dell'opinione pubblica, le autorità si sono decise a citare i sospetti, quest'ultimi sono stati indagati per colpi e ferite volontarie, reato più vantaggioso dal punto di vista della prescrizione e della durata della pena.
Al termine dell'inchiesta, 39 guardie carcerarie, 3 direttori, 13 poliziotti, 4 gendarmi e un medico, per un totale di 60 accusati, sono stati chiamati a giudizio per aver ucciso un uomo sotto tortura, per averlo maltrattato e ferito deliberatamente, per aver falsificato dei documenti ufficiali, abusato del proprio potere e non aver notificato il crimine.
In risposta alle reazioni dell'opinione pubblica e tra queste, la più importante quella degli ordini degli avvocati e delle associazioni giuridiche, il magistrato ha avviato un procedimento a carico di un direttore e 3 custodi per omicidio provocato da torture.
In compenso gli altri torturatori sono stati perseguiti per maltrattamento e ferite volontarie. Nessuno di questi imputati è stato incriminato del reato di tortura in quanto tale. Il reato di tortura manifesta è stato convertito in maltrattamento e ferite volontarie. In realtà, tra i torturatori, i gendarmi sono stati accusati per ferite volontarie e i poliziotti per maltrattamenti.
Di conseguenza, ad eccezione di un direttore e 3 guardie carcerarie, i 56 accusati se la caveranno con pene minime puntando sulla durata del processo, poiché in ragione del loro numero, essi potranno beneficiare di numerosi rinvii. Questo significa che se anche la Corte condannasse gli imputati dei reati loro attribuiti nell'atto d’accusa, i boia resteranno impuniti.
Benché la tortura figuri tra i crimini contro l'umanità, e sia contemplata come reato nella legislazione nazionale e benché ci si sia impegnati ad adottare le misure necessarie per la sua prevenzione con la firma di trattati internazionali, essa tuttavia non ha fine.
Perché nonostante le promesse di tolleranza zero e le modifiche legislative, la tortura è protetta dal punto di vista legale, amministrativo e pratico.
I torturatori e i responsabili della tortura non arrivano ad esser giudicati e quando ciò avviene, non vengono puniti proporzionalmente al crimine commesso.
Alcuni meccanismi istituzionali sono fatti in modo da metterli al riparo da qualsiasi punizione e da qualsiasi sanzione.
A tutti i crimini legati alla tortura di cui siamo stati testimoni in Turchia e hai quali nessuno noi è sfuggito, viene ad aggiungersi questo nuovo caso d'impunità.
Il processo relativo all'omicidio di Engin CEBER per tortura viola le più elementari norme giuridiche. La contestazione democratica ha costretto la Corte a fare un passo dietro e ad aprire un procedimento contro le guardie carcerarie che hanno causato la morte di Engin, con l’accusa di omicidio per tortura.
Ma la contestazione non è ancora riuscita a far sì che i poliziotti, i gendarmi e le guardie carcerarie torturatrici siano portate davanti al tribunale per provvedimenti legali proporzionati al crimine. Tutti questi fatti dimostrano che sarà possibile arrivare alla punizione dei torturatori solo grazie al proseguo di questa contestazione.
Per questo occorre effettuare preventivamente un riesame approfondito dell'ordine costituito e chieder conto a tutti coloro che mentre si sono guardati dall’arrestare il poliziotto che aveva sparato su Ferhat GERCEK, hanno in compenso autorizzato l'arresto e l‘omicidio di Engin.
In nome di Engin, In nome della giustizia, chiamiamo gli ordini degli avvocati, le associazioni giuridiche, le ONG e tutti coloro che si oppongono alla tortura a partecipare al processo che avrà inizio il 21 gennaio 2009, presso la 14sima Camera della Corte d’Assise di Bakirköy.

Associazione degli avvocati progressisti
Sezione di Istanbul
Commissione d'osservazione del processo di Engin Ceber

info@solidarietaproletaria.org
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