26/12/2008: I prigionieri politici corsi e il "riavvicinamento"
Traduciamo e diffondiamo in segno di solidarietà due articoli del numero di novembre della rivista U Ribombu che fanno il punto sulla situazione dei prigionieri politici corsi e sulla mancata, applicazione da parte dello Stato francese di quelle leggi che prevedono il riavvicinamento dei militanti condannati (e oggi dispersi nelle varie prigioni di Francia) alle proprie famiglie.
Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP 380, 80133 Napoli – Italia
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uribombu.com, Articolo del numero 38, Novembre 2008
Prigionieri politici corsi: Ostaggi della ragion di Stato
Il problema dei prigionieri politici è, da 30 anni, purtroppo indissociabile della lotta del Movimento Nazionale. Infatti, migliaia di Corsi, militanti o no, si sono dovuti confrontare, prima o poi, con la repressione francese e diverse centinaia di uomini e donne hanno conosciuto i tormenti delle prigioni di Francia. È un problema spinoso e doloroso. Spinoso, poiché testimonianza innegabile agli occhi dell'opinione pubblica internazionale di un problema eminentemente politico che lo Stato francese rifiuta di riconoscere e cerca di risolvere soltanto dal punto di vista repressivo, allontanando qualsiasi vera soluzione portatrice di pace. È doloroso, poiché mette le famiglie, a cui si strappa un padre, un marito, un figlio, davanti alla sofferenza di costrizioni, umiliazioni, durezze, subite in prigione da decine di uomini il cui torto è stato quello di fare valere gli interessi collettivi e politici della terra di Corsica. Del loro paese.
Ancora oggi, nel 2008, più di 60 prigionieri si trovano nelle carceri francesi. Sono le vittime ideali di un sistema in cui la ragione di Stato soppianta in modo permanente i diritti e il Diritto. Un sistema che istruisce processi “a carico”, che denigra i diritti della difesa, che ignora la presunzione d'innocenza, che collega i dossier per moltiplicare accuse e procedure.
I prigionieri politici subiscono, in pieno, i meccanismi di istituzioni politiche poste sotto l'autorità diretta del governo come la 14esima sezione della Corte di Parigi collegata direttamente al Ministero di Giustizia, e la SDAT, polizia creata dal Ministero degli Interni.
I prigionieri politici, in nome della sicurezza di Stato, sono accusati di esser terroristi e malfattori poiché non possono esservi contestazioni in seno a una repubblica “generosa, unica e indivisibile” che si è forgiata, nel corso della sua storia, con il ferro e il sangue, come nel 1769 a Ponte Novu.
Non riconosciuti da uno statuto politico, nonostante essi siano perseguiti, e successivamente giudicati, da giurisdizioni speciali, i prigionieri sono disumanizzati e relegati al rango di un semplice numero di matricola.
Del resto, la loro situazione attuale ci ricorda in modo permanente che i prigionieri, i nostri prigionieri, sono deportati, sparpagliati nelle numerose prigioni parigine, sottoposti a un basso regime penitenziario di diritto comune, a vessazioni, soprusi, esplorazioni corporali umilianti, alla difficoltà di curarsi… Una situazione che richiama quella praticata negli anni 70, in Sud America, dai regimi fascisti nelle mani di colonnelli e altri generali.
Se non fosse che in questo caso, ci troviamo in Europa, in Francia, nella auto-proclamatasi patria dei diritti dell'uomo.
Una Francia che non esita neppure a farsi scherno della legge, la sua legge, e l'esempio da qualche anno più significativo e d'attualità di questo, è il mancato rispetto degli impegni presi circa il riavvicinamento dei prigionieri condannati. Infatti, nel luglio 2002 a Aiacciu, il governo francese, alla presenza di 4 ministri, fra cui il primo ministro, Jean-Pierre Raffarin, aveva promesso il riavvicinamento dei militanti corsi imprigionati a Parigi.
Ma, 6 anni dopo, si deve constatare che si provvede a questo col contagocce, e soprattutto in maniera non significativa dal momento che ci si rende conto che vengono trasferiti unicamente per qualche settimana, a Borgu, detenuti prossimi al fine pena o persone già in libertà condizionata! E per aumentare le statistiche di questi sedicenti trasferimenti, si incorporano i detenuti comuni…
Il 30 ottobre scorso, il Procuratore Generale di Bastia, Paul Michel, circa il trasferimento dei prigionieri corsi, affermava che dall'inizio dell'anno 34 persone erano state avvicinate a Borgu e che attualmente i 28 posti previsti a questo scopo a Borgu erano completi.
E’ vero, ma certamente non si tratta di 34 militanti nazionalistici. Questo ha prodotto la reazione delle organizzazioni di difesa dei prigionieri, il CAR, Aiutu Paesanu, Cuscenza Viva, che, nel corso di una conferenza stampa, il 3 novembre, hanno giustamente sottolineato che “la Corte dà molte comunicazioni da quando l'opinione pubblica corsa si è chiaramente espressa a favore del ritorno dei prigionieri, in particolare attraverso i consigli comunali che in grande maggioranza hanno deliberato in questo senso. Queste comunicazioni della Corte hanno soltanto uno scopo, quello di manipolare l'opinione pubblica e farle credere che lo Stato francese fa tutto quello che può per applicare le sue leggi ed avvicinare i prigionieri, mentre invece si utilizza ogni sistema possibile e immaginabile per non fare rientrare in Corsica i prigionieri che ne hanno più bisogno, i condannati a lunghe pene o i prigionieri che hanno problemi di salute (…) La realtà è semplice. Ci dicono ad ogni comunicato, cifre alla mano, che si è fatto il massimo, ma che ora, non si può più nulla fare poiché il centro di detenzione di Borgu è pieno. Le cifre sono impressionanti. Ma dietro queste cifre si nasconde una triste realtà: i soli prigionieri politici che rientrano sono o saranno in libertà condizionata, e in ogni caso si fanno rientrare sistematicamente i prigionieri prossimi al fine pena.
Abbiamo un prigioniero politico che è entrato rientrato in Corsica dopo 8 anni di detenzione in Francia, per passare 3 settimane a Borgu!
Ovviamente, questo prigioniero rientra nelle statistiche dello Stato francese sul riavvicinamento.
Ma intanto non vengono mai trasferiti detenuti condannati a lunghe pene, mai “gli ergastolani”, “i condannati a 28 anni” o “a 25 anni” che sono purtuttavia coloro che ne hanno più necessità. Si riempie il Centro di Detenzione mettendovi detenuti comuni che hanno soltanto una relazione lontana con la Corsica. E mentre il riavvicinamento si dovrebbe operare al fine di stabilire una prossimità con la famiglia, ci sono attualmente prigionieri che non hanno colloqui semplicemente perché la loro famiglia non abita in Corsica, come loro non abitavano sull'isola prima della loro incarcerazione.
Ma questo permette di riempire il Centro di Detenzione e dire che non vi si possono trasferire più i nostri prigionieri. Oggi, ci sono attualmente 67 prigionieri politici di cui 22 condannati definitivamente e 45 in detenzione preventiva. Di questi 67 prigionieri, soltanto 7 sono imprigionati in Corsica… ecco la triste realtà. È tempo che questo scandalo della pena all'esilio abbia fine e che i prigionieri politici corsi cessino di essere gli ostaggi e i capri espiatori dello Stato francese, poiché il loro problema è la conseguenza diretta del problema nazionale corso.
La Francia avrebbe tutto da guadagnare a cercare e praticare strade per una vera soluzione politica, portatrice di pace. Essa potrebbe così mostrarsi all'altezza dell'immagine positiva che veicola, con i suoi valori, nel mondo. Uscire dalla logica della spada per giustificare l'ingiustificabile, uscire dalla logica dello scontro per soffocare infine le violenze, tutte le violenze. Ritornare alle cause prime del problema, ed abbordarlo con coraggio e serenità, perché domani una relazione di fiducia possa essere intessuta da una riva all'altra del Mediterraneo, perché domani i figli di Corsica possano crescere al fianco dei loro padri, perché domani la parola prigione venga bandita dal vocabolario di un'isola e di un popolo.
Nota: traduzione a cura dell’ASP
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Intervista a Jean-Philippe Antolini, portavoce del Comitato contro la Repressione (CAR)
da U Ribombu Internaziunale
U Ribombu Internazionale: Jean-Philippe Antolini, il Comitato contro la Repressione ha celebrato i suoi 10 anni di esistenza, ci dica qual’è attualmente la situazione dei prigionieri politici corsi…
La situazione attuale è molto difficile, perché abbiamo oggi 67 prigionieri politici; 7 dei quali sono imprigionati in Corsica mentre 60 sono nelle prigioni francesi, dunque abbiamo un problema reale a questo livello e una repressione terribile che colpisce la Corsica. Il Comitato contro la Repressione si occupa certamente dei prigionieri politici, ma non solo, poiché in questi ultimi mesi abbiamo avuto occasione di denunciare gli scandali legati in particolare alla violazione delle libertà individuali come anche dei diritti umani. Abbiamo conosciuto quest'anno cose che in altri paesi avrebbero fatto gridare allo scandalo tutti i difensori dei diritti dell’uomo. Abbiamo giovani di 13 anni a cui è stato prelevato forzatamente il DNA!
Abbiamo procuratori che lanciano appelli sistematici soprattutto se si è dei nazionalisti: si rimprovera alle persone liberate di essersi rifiutate di fornire il proprio DNA quando non dovevano farlo; si processano persone perché li si autodichiara organizzatori di manifestazioni, e si moltiplicano come niente interrogatori che non hanno ragione d’essere, privi di fondamento: abbiamo un militante che recentemente si è fatto 3 giorni di custodia cautelare perché sospettato di essere l’autore di un graffito! Il tutto con l’impiego di forze considerevoli. Siamo dunque in una fase di estrema repressione della lotta di liberazione nazionale del popolo corso.
U.R.I: Ma, il Ministero degli Interni, la Cancelleria, lo Stato francese in generale ribadiscono regolarmente la necessità del riavvicinamento dei prigionieri politici.
Siamo nel 2008 e il CAR è a tutt’oggi obbligato a chiedere l'applicazione della legge, dal momento che il Guardasigilli e il procuratore generale di Bastia sembrano soddisfatti della politica adottata finora…
Assistiamo da parte del procuratore di Bastia e dello Stato francese a un tentativo di manipolazione dell'opinione pubblica sul problema del riavvicinamento dei prigionieri politici.
Questo è molto interessante, perché se si tenta di manipolare l'opinione pubblica, ciò avviene perchè si è compreso molto bene che essa è totalmente a favore del ritorno dei prigionieri.
E allora i Ministri degli Interni, della Giustizia, i Primi Ministri, i Presidenti della Repubblica Francese che si sono succeduti dal 2002 in Corsica, non hanno mai cessato di dire “sì, sì, è del tutto normale”, anche il Presidente dell'Assemblea Nazionale dell'epoca, Jean-Louis Debré aveva detto “è del tutto normale, bisogna che siano detenuti vicino alla loro famiglie”.
Sono dichiarazioni di buoni intenti. Non possono fare altrimenti, perché ciò rientra nell'applicazione delle loro leggi, non possono andar contro esse. Ma ciò riguarda soltanto condannati, mentre il problema si pone anche per coloro che si trovano in detenzione preventiva.
E purtroppo abbiamo detenzioni preventive che si prolungano e che raggiungono a volte i 4 a 5 anni.
Sul problema dei condannati poi, tutti concordano nel dire che è del tutto normale che essi rientrino, ma non succede nulla!
I primi ad essere stati riavvicinati lo furono nell'estate 2004, erano due, e uno di questi ero io. Dal 2004 poi ci sono stati alcuni prigionieri che sono stati riavvicinati, per fornire così cifre altisonanti al procuratore generale di Bastia, ma si è trattato sistematicamente di prigionieri prossimi alla libertà, ovvero di prigionieri cui rimanevano minori periodi di detenzione da scontare.
È pratico perché si sa che a un certo momento usciranno, o per fine di pena, o in libertà condizionale, e questo permette di inviare altri prigionieri e di aumentare la cifra di quelli riavvicinati.
Ma non si riavvicinano mai i condannati a lunghe pene: i Charles Santoni, gli Alain Ferrandi, i Pierre Alessandri… perché esiste la volontà di punirli due volte. È una volontà politica che intende imporre loro oltre la carcerazione anche l'esilio.
U.R.I: Il procuratore generale ha dichiarato recentemente all’emittente Cuntrastu, su FR3 Corsica, che non era possibile avvicinare in Corsica i prigionieri politici in detenzione preventiva nelle prigioni francesi. Cosa ne pensate?
Niente nelle leggi francesi lo vieta. Abbiamo esempi di detenuti comuni che hanno cause penali in Corsica e che vengono imprigionati nelle prigioni parigine ad esempio per ragioni di sicurezza X o Y.
Abbiamo avuto il caso del sign. Bonnet che è stato imprigionato a Parigi e non a Ajaccio, nonostante i crimini che gli venivano contestati fossero stati commessi ad Ajaccio e i giudici siano ad Ajaccio: lo si è imprigionato a Parigi perché bisognava avvicinarlo alla sua famiglia, tanto meglio per lui! Ma questo vuol dire che c'è la possibilità legale di trasferire in Corsica tutti i prigionieri politici che sono in detenzione preventiva. Non lo si fa perché non c'è la volontà politica di farlo, perché si vuole a tutti i costi far scontare una doppia pena a questi prigionieri che non stati neppure condannati.
U.R.I: Di fronte alle comunicazioni della Corte, il Comitato contro la Repressione, Cuscenza Viva e Aiutu Patriottu hanno proposto un certo numero di soluzioni intese a facilitare il riavvicinamento dei prigionieri politici corsi, quali sono?
Ci dicono che mancano posti a Borgu per giustificare il mancato riavvicinamento dei nostri prigionieri.
Allora noi abbiamo fatto proposte concrete che permettono, senza alcuna nuova costruzione, senza alcun cambiamento di legge, ma utilizzando semplicemente ciò che è a nostra disposizione, di guadagnare spazio nella prigione di Borgu che non ora conta, occorre dirlo, che 28 posti. Come guadagnare spazio? Abbiamo un’altra prigione in Corsica, a Casabianda, e questo centro, che viene chiamato generalmente il Penitenziario di Casabianda, è considerato da molti come un centro per delinquenti sessuali. Ma, per ammissione anche del procuratore generale di Bastia, “soltanto” l'80% dei detenuti sono delinquenti sessuali. Questo vuol dire che c'è un detenuto comune su cinque.
Noi non chiediamo di mandare i prigionieri politici che hanno l’ergastolo a Casabianda, poichè tutti sanno che non è una prigione di Sicurezza, che non ci sono neanche le mura e che si può evaderne facilmente. Ma diciamo semplicemente, che abbiamo nel CD di Borgu numerosi prigionieri tra cui prigionieri politici che hanno permessi di uscita. Per costoro si aprono le porte della prigione perché possano uscire e far rientro dopo quattro o cinque giorni senza evadere quando sono in libertà. Si può ritenere che non ci sono rischi d'evasione per quel che li riguarda. Cosa impedisce oggi di trasferirli a Casabianda e guadagnare posti nel CD? Assolutamente nulla. Tanto più che in alcuni casi è già successo.
Questi prigionieri non sono evasi, e noi chiediamo semplicemente che ciò che è avvenuto per un caso nella storia dell'amministrazione penitenziaria diventi domani normale amministrazione, dal momento che Casabianda ha delle celle vuote e può ricevere dei prigionieri, mentre il CD di Borgu è pieno. La seconda proposta consiste nell’utilizzo di un altro edificio al centro della Casa circondariale di Borgu, è la zona di semi-libertà. È proprio accanto al CD, nell’angolo più sicuro del centro di detenzione e conta 10 celle, ovvero un terzo dei posti. Ma, in questa zona, i prigionieri passano soltanto la notte.
Si tratta di persone che sono libere per tutto il giorno e che devono rientrare in settimana, in generale, per dormire all'interno del centro Penitenziario. Questa zona di semi-libertà si potrebbe benissimo trasferirla a Casabianda mettendosi d'accordo con il giudice per l’applicazione delle pene perché dia ai prigionieri orari un po' più ampi.
Ad esempio, se occorre fare un’ora di strada per recarsi dove il prigioniero lavora, anziché rientrare alle 18:00, lo si autorizza a rientrare alle 19:00. Ciò permetterebbe di guadagnare un terzo dei posti, è moltissimo.
Senza sistemare nulla, senza costruire nulla, dal momento che le celle ci sono. Si è già cambiata in passato la destinazione funzionale di una zona, dal momento che il centro di detenzione era esso stesso riservato ai minori, ovvero un centro di detenzione per i giovani. Si tratta semplicemente di operare una trasformazione tecnica, di denominazione, per aumentare la capacità del centro di detenzione di Borgu.
Oltre a queste proposte, ci sono nella Casa Circondariale di Borgu numerose celle vuote, perché non immaginare che i nostri prigionieri politici, sia quelli in detenzione preventiva, come pure i condannati non possano esservi trasferiti in attesa che si liberi una cella, nel caso in cui il CD fosse realmente pieno, cosa che non è?
Da due anni ci dicono, ivi compreso il Presidente della Repubblica francese, che il CD di Borgu sarà sempre pieno, 6 mesi dopo aver incontrato il Prefetto ed il procuratore generale ci hanno detto “a partire di ora si farà in modo che il CD sia pieno”. Ma il CD non è mai stato pieno, ancora oggi c’è posto.
È un falso problema, se ci fosse la volontà, si potrebbe benissimo trasferire nell’attesa questi prigionieri nella casa circondariale di Borgu, nulla lo vieta.
Abbiamo oggi prigionieri politici che sono condannati e che sono in case circondariali in attesa del loro trasferimento, ma essi sono in case circondariali parigine, a Fresnes, a Fleury. Perché non possono attendere a Borgu che un posto si liberi? Credo che abbiamo dimostrato che se ci fosse realmente una volontà da parte dello Stato francese di avvicinare i nostri prigionieri politici come desidera l’intera l'opinione pubblica corsa, potremmo fare passi avanti in questo campo e avvicinare tutti, compresi i prigionieri che sono in detenzione preventiva, senza cambiare nessuna legge, senza costruire alcunché di nuovo, semplicemente con la volontà politica.
U.R.I: Per quanto riguarda l'utilizzo del centro Penitenziario di Casabianda, il Comitato contro la Repressione ha occupato nel luglio scorso questo posto, avete avuto in seguito contatti con l'amministrazione penitenziaria sull'argomento?
Quando abbiamo occupato il centro di detenzione di Casabianda, abbiamo incontrato la direttrice–aggiunta che ha dichiarato che vi erano posti liberi e ci ha persino informati che si era già verificato che detenuti comuni fossero trasferiti da Borgu fino a Casabianda. Essa ha dunque riconosciuto che si parlava di qualcosa di perfettamente attuabile. Da quando abbiamo avanzato queste proposte, non abbiamo avuto alcun contatto con nessuno, e non abbiamo ricevuto risposte. Credo che la questione sia stata posta chiaramente. Lo Stato francese preferisce non rispondervi.
U.R.I: Sempre per quanto riguarda il riavvicinamento dei prigionieri, voi avete chiesto ad alcuni mesi da ciò all'insieme dei consigli comunali dell'isola di votare una delibera a favore del riavvicinamento dei prigionieri politici corsi. Potete fornire un primo bilancio?
È difficile fornire un primo bilancio. Abbiamo ricevuto numerose risposte, ma ne mancano ancora perché molti consigli comunali hanno votato la delibera, ma non ci hanno inviato la deliberazione.
Attualmente, non abbiamo avuto notizia di un consiglio comunale che avrebbe rifiutato. Attraverso le risposte che ci hanno inviato questi comuni abbiamo compreso che c'è da parte del popolo corso nel suo complesso, una grandissima solidarietà sulla questione dei prigionieri alla quale è legata una doppia sofferenza. Tenuto conto di ogni tendenza politica, ci si rende conto che la questione del riavvicinamento dei prigionieri è una questione che tocca tutto il popolo corso che si dimostra estremamente favorevole ad essa. Il contatto con i comuni è stato una sorta di sondaggio su scala naturale che ci ha permesso di confermare questo dato.
Nota: traduzione a cura dell’ASP
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