01/12/2008: La storia reale di un “killer” agli ordini di Bush


Jimmy Massey, ex marine, che ha combattuto in Iraq, racconta la sua esperienza nel libro, Cowboys dell’inferno, presentato alla Fiera del Libro di Caracas. Il suo reparto fu tra i primi ad arrivare in Iraq nei giorni dell’invasione USA iniziata nel marzo del 2003. Poi ha deciso di raccontare che cosa significhi essere stato per 12 anni un marine spietato e come la guerra lo abbia cambiato. Oggi è uno dei principali attivisti dell’organizzazione Iraq Veterans Against the War (Veterani dell’Iraq contro la guerra). Resumen l’ha incontrato in questa occasione. [...]

Perché dice che fra i marines ha conosciuto le peggiori persone?
Gli Stati Uniti hanno solo due modi di usare i marines: per compiti umanitari o per assassinare. Nei 12 anni che ho trascorso nel Corpo dei Marines degli Stati Uniti non ho mai partecipato a missioni umanitarie.

Prima di andare in Iraq lei reclutava giovani nell’Esercito. Che cosa significa essere un reclutatore dell’Esercito degli Stati Uniti?
Significa essere un bugiardo. L’amministrazione Bush ha indotto la gioventù nordamericana ad arruolarsi nell’Esercito essenzialmente tentandola – come ho fatto anch’io – con incentivi economici. In tre anni ho reclutato 74 persone che non mi hanno mai detto di voler entrare nell’Esercito per difendere il proprio paese o per qualche altra ragione patriottica. Avevano bisogno di denaro per frequentare l’università o di ottenere un’assicurazione sanitaria. Io gli presentavo in primo luogo tutti questi vantaggi e solo alla fine parlavo del dovere di servire la patria. Non ho mai arruolato il figlio di un ricco. Noi reclutatori non potevamo avere scrupoli, se volevamo mantenere il lavoro.

Ora il Pentagono non richiede più requisiti severi per entrare nell’Esercito, non è vero?
Gli standard per il reclutamento sono scesi enormemente, perché quasi nessuno vuole più arruolarsi. Non è più un impedimento avere problemi mentali né precedenti penali. Possono essere arruolate persone che hanno commesso dei reati punibili con oltre un anno di prigione, ciò che prima era considerato ostativo. Ora, se passano i test psichici, possono svolgere il servizio militare anche i giovani che non hanno portato a termine gli studi superiori.

[...] Quando ha saputo di essere stato ingannato?
In Iraq, dove arrivai nel marzo 2003. Il mio plotone è transitato per i luoghi prima occupati dall’esercito iracheno ed abbiamo visto grandi quantità di munizioni in casse con stampigliatura nordamericana, che erano lì da quando gli Stati Uniti avevano aiutato il governo di Saddam nella guerra contro l’Iran. Ho visto casse con la bandiera nordamericana e persino carri armati USA. I miei marines (io ero sergente di categoria E6, un grado superiore al sergente, e comandavo 45 soldati) mi domandavano la ragione della presenza in Iraq di tante armi del nostro paese. Non capivano. I rapporti della CIA affermavano che Salmon Pac era un campo di terroristi e che avremmo trovato armi chimiche e biologiche. Non abbiamo trovato nulla. Allora ho cominciato a pensare che l’obiettivo della nostra missione in realtà fosse il petrolio.
[...] Sono stato un assassino psicopatico perché mi hanno addestrato ad uccidere. Non sono nato con questa propensione, è stato il Corpo dei Marines che mi ha educato ad essere e un gangster delle corporazioni statunitensi, un delinquente. Mi hanno addestrato ad eseguire ciecamente gli ordini del presidente degli Stati Uniti senza riflettere su alcuna considerazione morale. Sono diventato uno psicopatico perché mi hanno insegnato in primo luogo a sparare e dopo a dare il “chi va là” come può fare solo un malato e non un soldato professionale che deve affrontare un altro soldato. Se dovevamo uccidere donne e bambini, non esitavamo. Pertanto non eravamo soldati, ma mercenari.

Quale esperienza l’ha fatta giungere a questa conclusione?
Diverse. Il nostro compito era quello di controllare determinate aree della città ed assicurare la sicurezza nelle strade. Ci sono stati vari incidenti, che mi hanno portato realmente sull’orlo del precipizio. Abbiamo colpito veicoli che trasportavano civili innocenti. Tutte le informazioni dei servizi che ci arrivavano parlavano di auto cariche di bombe ed esplosivi; quando arrivavano ai nostri posti di blocco, esplodevamo alcuni colpi d’avvertenza e se non riducevano la velocità immediatamente, sparavamo senza remore.

Con le mitragliatrici?
Sì. Mentre crivellavamo quei veicoli, ci aspettavamo che si verificassero delle esplosioni. Ma non ce ne sono state. Aprivamo le auto e trovavamo morti e feriti, neppure una sola arma, nessuna propaganda di Al qaeda. Niente, salvo civili che si erano trovati nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

Lei racconta che il suo plotone ha mitragliato una manifestazione pacifica. E’ vero?
Sì. E’ accaduto nei dintorni del Complesso Militare di Rasheed a sud di Bagdad, vicino al fiume Tigre. C’erano dei manifestanti in fondo alla strada. Erano giovani e non avevano armi. Siamo avanzati fino all’altezza di un carro armato parcheggiato a lato della strada. L’autista del carro armato ci ha detto che erano manifestanti pacifici. Avrebbero avuto tutto il tempo di far saltare il caro armato, ma stavano solo manifestando. Ci siamo tranquillizzati pensando: “Se avessero voluto spararci, l’avrebbero già fatto”. Erano all’incirca a 200 metri da noi.
(…) Stavo ritornando al mio veicolo quando ho sentito una pallottola passare sopra alla testa. I miei marines cominciarono a sparare ed anch’io. Nessuno ha risposto al fuoco, mentre io ho sparato 12 colpi.
Ho voluto assicurarmi che c’eravamo comportati secondo le norme di combattimento stabilite dalla Convenzione di Ginevra ed in base alle nostre regole di ingaggio. Tentando di non guardare i loro visi, ho cercato le armi, ma non ce n’era nessuna.

Ed i suoi superiori come hanno reagito?
Mi hanno detto: “Sono cose che succedono”.

Quando i suoi compagni hanno capito di essere stati ingannati, cosa hanno pensato?
Io ero secondo in grado. I miei marines mi domandavano perché stavamo ammazzando tanti civili. “ Tu potresti parlare con il tenente”, mi dicevano, “digli che bisogna organizzare posti di blocco adeguati, predisposti dal genio militare”. Non ricevemmo alcuna risposta positiva.
Molti marines rendendosi conto di tante falsità, hanno perso l’equilibrio mentale.
Il nostro principale obiettivo in Iraq non era quello di portare sostegno umanitario, come dicevano i mezzi di comunicazione, ma di assicurare il controllo dei campi petroliferi di Bassora. Nella città di Serbala abbiamo impiegato l’artiglieria 24 ore. E’ stata la prima città che abbiamo attaccato. Io pensavo che avremmo dovuto portare aiuto sanitario ed alimentare alla popolazione, ma andammo diritti verso i campi petroliferi. Prima di entrare in Iraq, siamo stati in Kuwait. Vi siamo arrivati nel gennaio 2003 con i veicoli pieni di cibo e di medicine. Ricordo che domandai al tenente che avremmo fatto dei rifornimenti, perché con tante cose eravamo tutti stretti. Mi rispose che il capitano gli aveva ordinato di lasciare tutto in Kuwait. Poco dopo ci diedero l’ordine di bruciare tutto, alimenti e materiali sanitari.

Lei ha denunciato anche l’uso dell’uranio impoverito.
Ho 35 anni e conservo solo l’80% della mia capacità polmonare, mi hanno diagnosticato una malattia degenerativa della colonna vertebrale, affaticamento cronico e accuso forti dolori ai tendini. Prima facevo tutti i giorni 10 km di corsa per puro piacere, ora non posso camminare più di 5 o 6 km al giorno. Ho il viso infiammato. (…)

Che cosa è accaduto quando è ritornato negli Stati Uniti?
Mi hanno trattato come un matto, un codardo, un traditore.

Pensa che ci sia un’uscita a breve termine dalla guerra?
No. Democratici e repubblicani sono la stessa cosa ed hanno la stessa politica.- Entrambi i partiti servono gli interessi del complesso industriale militare e per loro la guerra è un business. Abbiamo bisogno di un terzo partito.

Quale?
Quello socialista.

Lei ha partecipato ad una tavola rotonda dal titolo: “Stati Uniti: la Rivoluzione è possibile”. Crede realmente che ci sarà la rivoluzione negli USA?
E’ già iniziata nel Sud, dove sono nato.

Ma è tradizionalmente la zona più conservatrice del paese!
La situazione è cambiata dopo l’uragano Katrina. New Orleans assomiglia a Baghdad. La gente del Sud è indignata e si domanda tutti i giorni come sia possible investire tante risorse in una Guerra inutile, e a Baghdad, quando non si è fatto nulla a New Orleans. Bisogna ricordare anche che nel Sud scoppiò la prima grande rivolta del paese. (…)

Da Resumen latinoamericano, gennaio-febbraio 2008 n° 93

http://www.autprol.org/