20/11/2008: Lugano - Sgombero e Denunce per il Selva Squat | Raccolta Solidarietà


A proposito dell'occupazione e sgombero del Selvasquat a Lugano

Aver saputo della notizia di una casa occupata a Lugano, ha fatto ribollire i nostri cuori di gioia e speranza e la notizia dello sgombero e degli arresti, arrivata due settimane dopo, ha rinfocolato la rabbia delle nostre giornate senza farci cadere nella depressione nera o nell'arrendevolezza che conduce all'immobilità.
Qualcuno magari, in città e fuori, si sarà nuovamente interrogato sulla necessità e giustezza di una occupazione, adducendo le solite verità del tipo “Perchè l'avete fatto? Tanto si sapeva che non sarebbe durato!”, “Perchè l'avete fatto a Lugano, che è una città di merda, spenta, senza un reale movimento?”. “Perchè non avete scelto altre vie, come contratti, legalizzazioni, che permettono di godere di uno spazio sicuro da dove diffondere la propria progettualità, uno spazio aperto alla città?”.
Senza voler aprire una polemica su questo tema e riconoscendo (conoscendo) la legittimità e specificicità delle singole situazioni, l'occupazione del Selvasquat va oltre tutti questi discorsi ed è di una significativa importanza per il momento di conflitto che ha realizzato, seppur per pochi giorni, all'interno della città e dell'intera svizzera italiana.
Si è tratto di una una frattura reale, di una sfida a viso aperto a ciò che viene ritenuto impossibile. Una modalità pratica che prende le distanze, proprio per le sue modalità pratiche, dalle mobilitazioni per la difesa delle Officine di Bellinzona (al cui interno si è vista la presa di posizione di alcuni libertari, per esempio nella raccolta firme, che ci risulta alquanto incomprensibile) che si sono poste in maniera sempre dialogante col Capitale, per la difesa del lavoro, per la contrattazione, per il sedersi a discutere attorno ad un tavolo. Di certo un evento che in Svizzera italiana non si vedeva da tempo ma chiamarlo momento conflitto ci si sbaglia di grosso ed infatti i nodi della vicenda stanno venendo a galla e speriamo che le risposte dei lavoratori e non solo siano di altro tipo.
Come è ben noto, Lugano non è una città qualunque, è una delle micro-metropoli (così amano definirla i “valenti” giornalisti ticinesi, tra l'altro all'opera in tutta la loro infamia durante i giorni dell'occupazione) simbolo del Capitale. È la città delle mille sedi bancarie dove depositare/ripulire i capitali garantiti dal segreto bancario e che invitano in questo momento di crisi (si parla del Credito Svizzero) ad investire nelle carceri americane che si andranno sempre più riempiendo con l'aggravarsi della crisi e chissà che non accada anche con quelle svizzeri e non; delle mille vetrine in cui cercare un rimedio all'inutilità delle vite, dello struscio in Via Nassa fra una vetrina di Armani e un bar aristocratico; del Casinò dove annebbiarsi fra una puntata e l'altra; dei grandi centri commerciali mete ambite degli italiani e diventati i nuovi luoghi di socialità della città insieme alle UBS arene allestite per gli eventi sportivi e alle feste in piazza ridotte a momenti di consumo e sballo; dei grandi alberghi dove sollazzarsi pagando centinaia di franchi a notte alle spalle di lavoratori trattati come bestie.
La Lugano di oggi non ha nulla a che vedere con la tanto enfatizzata cittadina termale di Addio, Lugano Bella e se gli anarchici già allora dovettero andarsene, ora sono una minoranza risicata, criminalizzata ed isolata.
Lugano è la Città-Denaro che aggredisce gli spazi circostanti con la furia letale di quella architettura razionalista con un tocco di ecologismo chic che sta facendo scuola su tutti i laghi del nord-italia e non solo, disegnata dai figliocci di Renzo Piano seduti a Palazzo, demolendo e spogliando le colline, le montagne circostanti e il caso di Monte Brè è sotto gli occhi di tutti. Ogni spazio lasciato intonso va riempito e se questo spazio non esiste lo si crea deformando la conformazione morfologica degli spazi esistenti, si aprono trafori per incrementare l'afflusso di auto, andando a ricreare una situazione che ricorda molto le città medioevali, in alto, nella fortezza, stanno i ricchi, in basso, nella conca il popolo. Lugano è la città dei Palazzinari, delle Fiduciarie che strangolano con affitti e mutui, che si permettono di lasciare vuote palazzi e appartamenti nell'attesa di un profitto migliore.
Occupare/liberare uno spazio, in questo caso una villa abbandonata da trent'anni, significa entrare in conflitto con questa logica di devastazione, con i Padroni della Città e nello stesso tempo il tentativo di confrontarsi con le persone che vivono in quel quartiere e non solo.
Occupare e liberare uno spazio per riaffermare la propria individualità, cercando di respirare un'aria diversa, di praticare una socialità diversa.
Occupare per distruggere perchè è anche di macerie che abbiamo bisogno.
Occupare, muoversi a Lugano e riaffermare un'identità anarchica, rivoluzionaria, con delle pratiche che ci appartengono porta a scagliarsi contro l'imperante miseria delle coscienze, contro la sottomissione allo stato di fatto che ci porta all'isolamento.
Ribellarsi, entrare in conflitto, per interrompere la normalità, diventata il nostro stile di vita.
La normalità che ci porta ad accettare tutto e a stare zitti.
Un modello, quello svizzero, di pace sociale ammirato dal resto dell'Europa.
La precisione, l'ordine, la pace sociale, turbati da eventi sporadici, vissuti come l'ora d'aria per i carcerati.
I ragazzi che vengono educati fin dai primi giorni di vita alla logica del lavoro, utilizzando lo strumento dell'apprendistato come i primi 40 giorni della levamilitare durante il quale si viene educati all'ordine, alla disciplina, ad una vita da schiavi; la scuola, la conoscenza vivono in funzione del mondo del lavoro e delle multinazionali (quello che sta accadendo in Italia con la Riforma Gelmini porterà a questo risulatoa) e fallire, ribellarsi a questo ordine di cosa, porta ad uscire dal Sistema, ad essere esclusi, a ritrovarsi col culo per terra. Le cure mediche vengono eseguite solo se si è assicurati alle Casse Malati, vere e proprie strozzine.
Lugano è una città la cui sopravvivenza è garantita dalla manodopera straniera che si presta a qualunque lavoro e a qualunque condizione, spesso gestita dalle agenzie interinali come in una tratta di schiavi da inviare senza problemi nei poli logistici, nei cantieri, nelle fabbriche. Immigrati considerati degni di vita solo se in possesso di un permesso di soggiorno, di un lavoro, di una casa, solo se accettano di starsene per i fatti loro e coi propri simili, se non aprono bocca, se si sentono svizzeri, se leccano i piedi per tutto. Basta ricordare i controlli e i metodi utilizzati dai servi in divisa nei confronti degli immigrati di colore e non solo, oppure la questione di Besso Pulita con una campagna di criminalizzazione verso gli immigrati e con ronde di cittadini delatori che ricordano le ronde padane o la sempre più applaudita Lega dei Ticinesi di Giuliano Bignasca, vero e proprio movimento exnofobo che sta conquistando gli strati più bassi della popolazione col suo populismo e il ritorno ad una Svizzera chiusa, autonoma, senza stranieri (tranne quelli che puliscono il culo, leccano la strada e lavorano 20 ore al giorno).
Sicuramente una situazione complessa, contradditoria ma che offre molti spunti interessanti.
Ci auguriamo quindi che l'occupazione del Selvasquat sia l'inizio di una nuova stagione, di una stagione di lotta e diventi un esempio e uno sprone per tutti quegli individui che non hanno sufficiente coraggio per ribellarsi, per muovere il primo passo, che non hanno nessuna intenzione di sottostare a uno stato di cose che ci vuole isolati, sottomessi e disposti, sotto ricatto, a chiedere l'elemosina per qualunque cosa, dal cibo al tempo, dalla casa alla vita.
La morte, no, quella la distribuiscono gratis, tutti i giorni, dal mattino alla sera.

alcune individualità anarchiche al di qua e al di là del confine



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Esprimiamo la nostra più concreta solidarietà militante ai compagni del Selva Squat di Massagno sgomberato all’alba di lunedì 10 novembre dalle zelanti forze dell’ordine avendo ricevuto ordini di portare a conclusione questa esperienza di occupazione. I servi in divisa hanno usato la loro solita violenza sfociata in uno scontro con i compagni, al termine del quale cinque vengono arrestati e rilasciati nel pomeriggio del 12 novembre. Anche in questo caso, c’è chi occupa uno spazio inutilizzato e lasciato al degrado per renderlo vivo, abitabile, aperto ai residenti della zona, ma sono proprio queste le cose che i padroni non vogliono che si realizzino: socialità libera dal loro controllo e radicamento popolare, esperienze che possono sfociare in lotte concrete sul territorio non facilmente gestibili in un momento di crisi come questo. La repressione, perciò, è preventiva e pesantissima verso le avanguardie e le realtà politiche autorganizzate ma non per questo bisogna abbassare la testa e smettere di credere nell’occupazione e nell’autogestione degli spazi. Siamo sicuri che ora verrà incaricato il degrado ad essere guardiano di quello stabile!
Le lotte non si sgomberano! Solidarietà ai denunciati!

Compagne e compagni del Collettivo Politico Gramigna


http://www.autprol.org/