26/10/2008: Documento dell'assemblea di Scienze Politiche di Milano
La ripresa dell'anno scolastico e accademico è segnata da importanti iniziative contro il blitz estivo del governo, che ridisegna i rapporti capitale/lavoro e pubblico/privato, coinvolgendo in modo pesante anche la scuola e l'università. Nelle scuole, studenti, insegnanti e genitori hanno immediatamente preso posizione contro la deriva mercificante e la regressione culturale contenute nel DL 112/2008, convertito in legge il 6 agosto (legge 133) e contro la riforma Gelmini (legge 137) che inverte il lento e contrastato processo di de-gerarchizzazione del sistema scolastico. Ancora ambigua è invece la reazione del mondo universitario. I primi a prendere posizione, come accade ormai da qualche anno, sono stati i rettori, i presidi e altri esponenti del potere baronale, i quali, sin da giugno, hanno manifestato un'unica richiesta: lo stralcio del capitolo università dal decreto.
Il decreto 112, infatti, non è un intervento specifico in materia di istruzione e ricerca, bensì un provvedimento coordinato che tocca tutti i settori dell'economia: le telecomunicazioni, l'energia, la politica della casa, le pensioni, i rapporti di lavoro, l'editoria, la giustizia, il contenimento della spesa pubblica, la scuola, l' università, le forze armate, la sanità e le banche. Si tratta di un duro attacco al mondo del lavoro, con importanti regali alle imprese, nel quale scuola e università sono solo tasselli di un processo generale di ristrutturazione.
In risposta a questo decreto, le diverse forze universitarie, dalla Crui (la Conferenza dei rettori delle università italiane) alla Rnrp (Rete nazionale ricercatori precari), passando per i sindacati e i partiti di opposizione, vorrebbero formare una grande alleanza interna contro la riforma dell'università. Eppure queste stesse forze politiche e sindacali non muovono alcuna critica all'affondo di governo e Confindustria contro i lavoratori, né hanno particolari riserve contro lo smantellamento del settore pubblico contenuto nel DL 112. Perché il decreto, per loro, va bene così, a patto che sia cancellato l'articolo sull'università.
In campo strettamente accademico, è del tutto contraddittorio vedere i grandi cattedratici, che fino a ieri sparavano sui fannulloni, sui privilegiati col posto fisso e sulle inefficienze del settore pubblico, scoprire le contestazioni di piazza solo perché questi principi da loro stessi inventati si applicano oggi anche a loro. Il mito della società della conoscenza, come motore dello sviluppo sociale ed economico è poi l'ennesima invenzione degli accademici per giustificare la loro specificità e per garantirsi trattamenti di favore in un contesto in cui i tagli si abbattono su settori assai più importanti dell'economia, come la sanità e le pensioni, senza risparmiare evidentemente i salari. Questo è il modo in cui il potere baronale cerca di salvare se stesso, senza alcun riguardo per la svendita dell'intera società alle imprese. Per questo, la ricerca di una coalizione unitaria di tutte le forze universitarie è solo un pericoloso atto di opportunismo corporativo, una mistificazione di chi non ha i numeri per difendere i propri privilegi e vorrebbe cavalcare il movimento studentesco e il movimento dei lavoratori per i propri interessi di bottega.
Sul fronte propriamente politico e sindacale, le organizzazioni che oggi difendono a spada tratta l'università pubblica portano in realtà sulle proprie spalle la responsabilità stessa della sua mercificazione. L'asservimento al mercato in nome dell'autonomia è infatti opera di Ruberti, Berlinguer e Zecchino, prima ancora che di Moratti e Gelmini. E anche i tagli che oggi il governo Berlusconi impone a tutto il settore pubblico sono solo la prosecuzione delle politiche del centro-sinistra e del suo bisogno di accreditarsi ai centri capitalistici come forza credibile di governo. Così credibile, che i lavoratori gli hanno ritirato anche la delega a rappresentarli in Parlamento... Eppure, nonostante la disfatta elettorale, la sinistra continua a vantarsi dei grandi contributi che ha saputo dare nel riportare in ordine i conti dello Stato (cioè nel tagliare la spesa pubblica), rivendicando i benefici “sistemici” della deregolamentazione del mercato del lavoro, che ha prodotto flessibilità e precarietà per i lavoratori e profitti per le imprese.
La mercificazione della scuola e dell'università è parte di un processo generale di mercificazione della società. La posta in gioco non è semplicemente il taglio dei fondi al sistema di istruzione, né tanto meno la presunta centralità del sistema di istruzione nella società della conoscenza (dove però gli operai edili continuano a morire sul posto di lavoro). Il problema sta invece nell'invertire il processo di mercificazione della società, attraverso modelli alternativi di scuola, di università, di sanità, di pensioni e, soprattutto, di lavoro, che indirizzino le risorse esistenti, scarse o abbondanti che siano, verso la soddisfazione dei bisogni dei cittadini, invece che verso la valorizzazione del capitale.
A creare le condizioni materiali per una ricomposizione del movimento studentesco e del movimento dei lavoratori ci ha pensato, suo malgrado, il governo Berlusconi, con il suo decreto onnicomprensivo contro i lavoratori e il settore pubblico. Proviamo allora a rispondere al disegno confindustriale di mercificazione della società a partire dal rifiuto di una società asservita alle imprese. Alziamo anche noi il livello dello scontro. Studenti e lavoratori appartengono allo stesso corpo sociale. I loro interessi materiali sono convergenti e il solo antagonismo è nei confronti del capitale e del potere baronale che, nel nuovo modello di università mercificata, ha il compito di indirizzare ricerca e didattica secondo gli interessi economici delle imprese.
Contro l'egemonia delle imprese, ma anche contro il sistema baronale che ne è parte integrante, proviamo a ricostruire rapporti conflittuali nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro e nella società tutta. Contro l'opportunismo corporativo degli universitari! Per una società che risponda ai bisogni dei cittadini e non a quelli delle imprese!
Assemblea degli studenti di Scienze Politiche
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