26/10/2008: Sui fatti di Parma
Nell'ultimo anno si è registrato, in Italia, uno stillicidio di pestaggi e attacchi razzisti. Di fronte ai campi Rom e Sinti incendiati, la reazione mediatico-politica è stata di occultamento e di minimizzazione ("cortocircuiti", "cause oscure", "esclusa la pista razzista"). Di fronte alle aggressioni fasciste (anche mortali), si è escogitata la categoria del "bullismo". L'ideologia bipartisan della sicurezza ha aperto la caccia all'immigrato, al diverso, al dissidente. L'abominio è diventato normale.
Sono però bastate due bombe carta esplose nel cortile del comando dei vigili urbani di Parma per scatenare la canea mediatica. Se il pestaggio apertamente razzista del ragazzo ghanese da parte dei vigili aveva fatto scrivere ai giornali "razzismo" fra virgolette e con tutti i condizionali d'obbligo, un'esplosione simbolica contro il luogo dove si è consumata quella violenza diventa "terrorismo" (senza condizionali e senza virgolette). Terrorismo, nella lingua del potere, non è un sistema che fa vivere i poveri nella paura, che li ammazza in un campo Rom, in un CPT o in un cantiere; terrorismo non è l'uso dell'esercito nelle strade, non è la segregazione razziale, non è il bombardamento "umanitario" di intere popolazioni. Terrorismo, in questo mondo alla rovescia, è la violenza di chi si oppone, di chi resiste, di chi attacca.
E allora giù un coro di condanne a cui si accodano anche alcune realtà antirazziste. C'è persino chi arriva, in nome dell'immagine perbene dell'antirazzismo, a sostenere che i petardoni di Parma non c'entrano nulla con il pestaggio di Emmanuel. Pensa te.
Dopo aver visto le immagini di quel ragazzo massacrato di botte, quanti sono i compagni, gli antifascisti, gli antirazzisti che, prima di prendere sonno, hanno pensato: "'Ste carogne meritano una risposta"?
A nessuno verrebbe in mente di sostenere che il razzismo istituzionale e sociale si possa sconfiggere solo con qualche bomba carta. Ma nemmeno solo con i cortei, le assemblee, i comunicati. L'autorganizzazione ha sempre avuto mille forme. La violenza istituzionale continua come non mai e nessuno ha trovato la ricetta per fermarla. Di sicuro non la fermerà la magistratura, che ha occhi aguzzi per colpire i sovversivi mentre ha una tripla benda di fronte al razzismo di Stato.
Se i pennivendoli attaccano così pesantemente i compagni accusati del lancio delle bombe carta è per dare un messaggio a tutti gli antirazzisti: un fascista con le lame è un "bullo", un antirazzista con dei petardoni è un "terrorista".
Al di fuori del coro di condanna, diciamo chiaro e forte ciò che è da sempre patrimonio del movimento rivoluzionario: se gli arrestati sono innocenti, hanno tutta la nostra solidarietà; se sono colpevoli, ce l'hanno ancora di più.
anarchici di Rovereto e di Trento
navedeifolli@gmail.com
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