14/10/2008: Milano, 18/10: presidio sotto il carcere di Opera


Sabato 18 ottobre, dalle ore 14 - Presidio sotto il carcere di Opera (Milano)
Saranno allestiti una mostra e banchetti di materiale informativo sul carcere.
- Via Camporgnago (bus 99, traversa di via Ripamonti) -

In poco meno di due anni, il numero dei detenuti in Italia è tornato ad essere quello di prima dell’indulto ovvero circa 55 mila persone recluse (circa la metà non definitivi), con una crescita di mille persone in più ogni mese.
Per avere un’idea del numero effettivo della popolazione reclusa in Italia, a questi ultimi dobbiamo aggiungere i circa 20 mila reclusi ogni anno (rilevazione del 2006) nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE ovvero il nuovo nome che hanno dato ai Centri di Permanenza Temporanea) e i mille e cento reclusi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG).
La soluzione che da destra a sinistra, tutti i governi prospettano per far fronte all’aumento progressivo della popolazione detenuta è quella di costruire nuove carceri. Un vasto piano di edilizia penitenziaria, varato nel 2001, prevede infatti la costruzione di 22 nuove carceri, lavori di ampliamento nelle carceri già esistenti e nuove assunzioni di guardie.

Le condizioni di vita all’interno delle carceri sono ai limiti del tollerabile e non solo nelle vecchie e fatiscenti carceri ma anche nelle strutture più recenti dove il tempo si consuma nel compilare innumerevoli e umilianti “domandine”.
Le condizioni igienico-sanitarie sono spesso disastrose, basti pensare agli ingenti tagli che ha subito la spesa sociale “fuori” per farsi un’idea di come ci si possa curare “dentro”.
L’arroganza e il potere ricattatorio della Polizia Penitenziaria è all’ordine del giorno sia nei confronti dei detenuti che dei loro familiari.
Il sovraffollamento all’interno delle celle, che costringe alcuni a dormire per terra, è l’altra faccia della tortura dell’isolamento per lunghi periodi di tempo nelle sezioni di Alta Sorveglianza (AS), di Elevato Indice di Vigilanza (EIV) e nei regimi detentivi applicati con l’art. 41 bis e 14 bis.
L’isolamento totale e protratto nel tempo, che fino a poco tempo fa era prerogativa del regime applicato con l’art. 41 bis, si sta generalizzando attraverso la classificazione di molti prigionieri nei circuiti di EIV in cui si vivono condizioni simili a quelle del “carcere duro”.
Un recente articolo pubblicato su un quotidiano parlava di circa 15 mila persone costrette in questi veri e propri circuiti punitivi il cui elemento comune è la restrizione delle relazione e della comunicazione, giustificato con la “pericolosità sociale” del detenuto ma in realtà finalizzato ad piegarne la volontà ed ottenere sottomissione e collaborazione.
Ulteriori e preoccupanti segnali in questo senso ci vengono dalla sezione ad EIV del carcere di San Michele (AL) dove sono state poste delle barriere di plexigas sulle finestre delle celle. Oppure dal carcere di Opera dove sono stati realizzati 92 cubicoli di cemento per detenuti in regime di 41 bis.

Non solo la minaccia costante di perdere quel poco che si ha e di vedersi costretti in queste sezioni ma l’intera vita carceraria è regolata da un regime premiale, spesso non scritto e dipendente dall’arbitrio dell’Amministrazione Penitenziaria, che incoraggia i comportamenti compiacenti e collaborativi e sanziona tutti gli altri con l’esclusione dal lavoro e dai “benefici”, con i trasferimenti in carceri lontane e l’isolamento in sezioni punitive, con privazioni, umiliazioni e, non di rado, violenze e pestaggi.
Si è realizzata così negli anni una capillare differenziazione del trattamento carcerario che ha cercato di spezzare i vincoli di solidarietà e di cooperazione che nascono sempre fra persone che subiscono, sia fuori che dentro, le medesime ingiustizie.
Questa scienza del comando lo stato l’ha imparata nella repressione delle lotte sociali degli anni 60-70. Allora, il protagonismo di migliaia di operai, lavoratori, disoccupati ha portato a percorsi collettivi di crescita e di riscatto, insegnandoci, tra l’altro, che la lotta contro il carcere e la differenziazione che lo caratterizza, rafforza la solidarietà nella lotta contro lo sfruttamento, il caro-vita e i privilegi della classe dirigente. Ci ha insegnato che le guerre di saccheggio e di rapina condotte in remote parti del mondo sulla pelle di altri proletari produce i suoi effetti nefasti anche qui. Oggi più di ieri la lotta contro il carcere è necessaria per rafforzare la solidarietà fra gli sfruttati di ogni paese colpiti, come noi, dall’ipocrita “lotta al terrorismo” buona solo a spianare la strada al terrorismo di stato.
In questo senso, la costruzione delle sezioni ad EIV nelle carceri di Siano (CZ) e Benevento destinate ad isolare dal resto dei prigionieri, rispettivamente, alcuni compagni e alcuni arabi accusati di terrorismo, mostrano la profonda influenza che hanno le guerre condotte in Irak e in Afghanistan rivelando il significato delle prigioni di Abu Ghraib e Guantanamo.

Milano, ottobre 2008
olga2005@autistici.org

***

Lettera aperta a tutti i familiari dei detenuti nel carcere di Opera

Sono due anni ormai che almeno una volta al mese siamo davanti a questo carcere con un banchetto di libri e di materiali informativi per incontrare i familiari che qui vengono a fare i colloqui con i propri, figli, mariti, padri, fratelli, amici.
Molte le persone che abbiamo incontrato, tanti i racconti di dolore e di sofferenza ma anche di grandissima forza e dignità; ricordiamo le incazzature per i pacchi respinti o per un colloquio negato dopo un viaggio lungo e costoso, il timore di trasferimenti improvvisi o la paura di fronte ad un ricovero al San Paolo comunicato soltanto all’ultimo momento…
Tanti anche però i momenti di gioia: la felicità per una scarcerazione, le esultanze per una buona notizia. Storie di vita diverse tra loro ma con almeno una cosa in comune: un famigliare in carcere.
Con il tempo, seguendo questo fiume di parole, riflessioni, battute, impressioni, a volte soltanto sussurrate con un po’ di diffidenza, ha preso forma un discorso comune sul carcere di Opera, sul suo funzionamento e le sue trasformazioni.
C’è chi ha raccontato del tanto sbandierato reparto sanitario e dei suoi costosissimi macchinari lasciati a prendere la polvere; chi ci ha scritto delle precarie condizioni sanitarie ed igieniche, dicendo che “si è arrivati al punto di correre dietro ai topi, per non parlare delle docce”; chi ci ha parlato dei traffici delle guardie sulla spesa, delle trattenute sulle paghe e dei grassi guadagni delle aziende che sfruttano i detenuti lavoranti. Chi ancora dei permessi ignorati, delle “sintesi” congelate, della corrispondenza controllata e trattenuta, delle violenze e dell’arroganza delle guardie e del loro crescente potere all’interno del carcere. Chi dei numerosi suicidi, come Johnny Montenegrini, l’ultimo in ordine cronologico, assassinato nel carcere di Opera l’11/09 di quest’anno.
Ma abbiamo saputo anche degli scioperi della fame per l’abolizione dell’ergastolo e di altre forme di lotta e di protesta individuali.

Dai giornali e dai racconti abbiamo appreso anche della ristrutturazione dell’ex sezione femminile da cui sono stati ricavati un centinaio di loculi in cemento per detenuti in regime di 41 bis, per la precisione 90 posti di cui 70 già occupati. In questo modo Opera diventa il carcere del nord italia con maggior numero di posti a 41bis, con tutto ciò che ne consegue in termini di restrizione degli spazi di socialità, di mobilità interna e di aumento del potere delle guardie in tutto il carcere.
L’uso dell’isolamento e della tortura si sta estendendo anche con l’introduzione dei circuiti ad Elevato Indice di Vigilanza (EIV) e ad Alta Sorveglianza (AS) che, come raccontano i molti prigionieri che vi sono sottoposti, presentano condizioni sempre più simili a quelle imposte dal 41 bis. Circuiti, perdipiù, a totale discrezione della Direzione dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP).
Insomma, alcuni dicono che quello di Opera è un carcere migliore di altri, alcuni lo considerano peggiore di molti. Comunque sia è un carcere ed il carcere non è una soluzione ma un problema da abbattere.

Di fronte a queste voci, a queste testimonianze di dolore e resistenza, non possiamo rimanere indifferenti. Occorre raccontarle, amplificarle, intrecciarle, per tornare ad infrangere insieme il silenzio e l’immobilismo. Per questo abbiamo deciso di organizzare un presidio sotto il carcere di Opera, sabato 18 ottobre, dalle ore 14 alle 18.
Allestiremo una mostra sul carcere, porteremo un impianto musicale con microfono aperto a tutti per raggiungere i detenuti. Leggeremo alcune lettere dal carcere.

In preparazione di questa giornata, saremo sotto il carcere di Opera anche in altri giorni di colloquio, fra i quali giovedì 25/9, sabato 27/9, giovedì 2/10.
Vorremmo che questo presidio diventasse un momento di incontro tra i famigliari, un’occasione per salutare i propri cari fuori dai colloqui prestabiliti ed elargiti con il contagocce ma anche un’occasione per condividere idee e proposte sul come affrontare e vincere l’isolamento e conquistare maggiori spazi di socialità autodeterminati all’interno e fra dentro e fuori le mura.

Dove indirizzare le lettere: Associazione “Ampi Orizzonti”, CP 20241 – 20110 Milano

Milano, 20 settembre 2008
Per contatti: olga2005@autistici.org – 334 8564265


http://www.autprol.org/