14/09/2008: Le operaie tessili filippine di Sibiu (Romania)


“Dobbiamo lavorare come cavalli!”
La carenza di forza-lavoro si acutizza.
Nemmeno tre anni fa nell’azienda tessile Herren, esportatrice in Germania e Svizzera, lavoravano ancora 1.500 operaie e operai locali. Adesso nella stessa azienda, che ha preso il nome Mondostar, lavorano appena 400 operaie locali. Per la gran parte sono persone anziane che con il loro salario contribuiscono al reddito famigliare. Alrimenti non c’è quasi nessuna e nessuno romeno pronto a sgobbare per un salario mensile di circa 250 dollari (1). I giovani vanno a lavorare all’estero o emigrano in altre aziende. Numerose ex-operaie di Mondostar sono andate a lavorare alla Takata, azienda produttrice di componentistica per auto, di airbag per la precisione. Questa nuova fabbrica, costruita sui prati verdi ad est della città, offre salari più alti e migliori condizioni di lavoro (2). Secondo indicazioni della rappresentante sindacale di Mondostar, negli ultimi tempi l’azienda tessile ha cercato di reclutare maggiori forze-lavoro all’interno del paese, però il tentativo è naufragato. La gente locale lavora nell’economia di sussistenza, ha pochi collegamenti con la fabbrica. Il suo atteggiamento verso il lavoro è dettato dall’immotivazione, da un alto numero di giorni di malattia, dall’assenteismo e da un incessante fluttuazione connessa alle rsitruturazioni.
Il libro delle ordinazioni di Mondostar è sempre colmo, le macchine pronte ad intervenire – però manca il personale. La ricerca di forze-lavoro produttive e di una via d’uscita dalla crisi condussero alla fine l’azienda a concludere un accordo con un’agenzia privata di Manila, questa le avrebbe procurato operaie tessili qualificate.

Namibia, Taiwan, Brunei… Romania
Alla fine di maggio 2008 giunsero a Sibiu le donne filippine. Presupposto per il loro impiego era la dimostrazione di essere capaci cucitrici (sarte). Per la mediazione e il viaggio verso l’Europa dell’est, le operaie dovettero pagare all’agenzia di Manila, ognuna, 120.000 pesos filippini (2.500 dollari circa). Per procacciarsi questo denaro sottoscrissero un credito bancario e delle ipoteche sulle case di proprietà di parenti. Nel contratto di lavoro, da loro sottoscritto nelle Filippine, era garantito un salario-base di 400 dollari e il 100% di aumento per gli straordinari. Tante donne, la cui età spazia fra i 26 e 52 anni, avevano già lavorato all’estero in fabbriche tessili come cucitrici-sarte, per esempio, in Namibia, Taiwan e Brunei. Le donne raccontano che nel settore è usuale prestare ore straordinarie e ricevere in pagamento aumenti corrispondenti. Secondo un loro calcolo, lavorando alla Mondostar avrebbero dovuto percepire, detratte le spese per la mensa e l’alloggio, sommato assieme lo straordinario, 600-700 dollari.
Dopo breve tempo però hanno capito che l’azienda rumena non si atteneva agli accordi, che cercava piuttosto di spremerle al massimo, tenendo i costi il più bassi possibile.
Dopo essere arrivate a Sibiu, vennero costrette a sottoscrivere un secondo accordo, stampato in rumeno, in cui erano descritte delle detrazioni salariali e altri dettagli. Nei primi due mesi le donne hanno lavorato ogni giorno dalle 6,30 fino alle 18, incluso il sabato. Sulla busta paga a fine mese era scritto un salario di 570 RON (circa 235 euro). Dallo stipendio-base mensile, pari a 400 dollari, venivano detratte mensilmente 165 dollari per la mensa e l’alloggio. Per le ore straordinarie – 60 settimanali – non veniva loro pagato niente.
Nell’alloggio, un’abitazione ricavata direttamente nella struttura della fabbrica, le donne vivevano in otto per camera. L’azienda pagava loro la colazione e il pranzo, per la cena dovevano arrangiarsi. Il cibo della mensa era miserabile! “Talvolta è così cattivo che a pranzo non mangiamo persino nulla”. Di regola in fabbrica le donne filippine lavorano separate dalle operaie locali. Le caposquadra sono rumene. “Continuamente ci incitano a lavorare con maggior rapidità. Dobbiamo lavorare come cavalli!”

Boicottaggio degli straordinari
Le donne sono deluse dal trattamento riservato loro dall’azienda e amareggiate dal fatto di guadagnare così poco denaro. Non riescono senz’altro a servire i debiti aperti in patria, ancor meno a sostenere le famiglie. Hanno così deciso di difendersi e il terzo mese hanno rifiutato di compiere gli straordinari. Alla direzione hanno posto un ultimatum: entro la metà di agosto l’azienda doveva pagare il salario pieno e il 100% dell’aumento per le ore straordinarie. All’inizio di agosto hanno depositato un reclamo ufficiale presso l’ambasciata della Filippine a Bukarest. In seguito a ciò l’ambasciata ha stoppato un’assunzione di altre cucitrici-sarte richiesta dalla Mondostar. Per l’azienda si è trattato di un contraccolpo; voleva assumere altre 180 operaie filippine.
E’ stato interpellato anche l’Inspectorat Teritorial de Munca – un’istituzione statale della Romania, che sorveglia sul rispetto delle determinazioni legali. I risultati dell’inchiesta le operaie non li hanno ancora conosciuti.
Le operaie filippine si trovano in una situazione coatta. Il loro permesso di soggiorno in Romania è accoppiato al contratto di lavoro annuale con la Mondostar. Hanno abbandonato in anticipo l’accordo, manca loro il denaro per il volo di ritorno e a Manila le attende una montagna di debiti. Avere indietro il denaro dall’agenzia in ragione delle false promesse richiederà tanto tempo. Se lavorano alle condizioni di Sibiu, non gli resta neanche un briciolo di salario. Guadagnano meno di quel che avrebbero potuto guadagnare restando a Manila.
La direzione intanto ha agito per cercare di aggirare le indocili operaie. In reazione alla protesta ha licenziato quattro portavoci, le operaie votate e altre due. In questo modo loro hanno già perso il diritto di soggiorno in Romania e sono ritornate a Manila. L’ambasciata delle Filippine a Bukarest ha organizzato questa “espulsione”. In fabbrica le operaie riomaste hanno già votato quattro nuove portavoci.
Adesso la direzione vuole retribuire secondo la prestazione. Ma le quote sono elevate fino all’assurdo. Una cinquantina di operaie nel turno di 8 ore dovrebbero cucire 500 pantaloni. Ne producono 280-300, anche dopo che sono state portate fra loro sette operaie rumene. In altre fabbriche, nelle quali le donne avevano lavorato in precedenza, la quota di produzione corrispondente era ferma a 250 pezzi.
Alle donne Sibiu piace e resterebbero volentieri in città. Nei loro confronti la gente è amichevole. “Solo la situazione alla Mondostar per noi è insopportabile.” Esse hanno spesso riscontrato che la gente del luogo storce il naso quando capisce che loro lavorano alla Mondostar. L’azienda nella regione è poco amata ed è nota per i suoi bassi salari.

Fase sperimentale
In Romania non sono ancora tante le imprese che occupano forza-lavoro estera. E i pochi tentativi spesso sono accompagnati da conflitti e azioni di resistenza delle operaie e degli operai migranti.
L’occupazione di forza-lavoro estera in Romania è connessa a sperperi aggiuntivi burocratici e ad alti costi. In contrasto a ciò le imprese confidano su forza-lavoro motivata, disponibile e facilmente controllabile. Siccome il permesso di soggiorno è accoppiato al contratto di lavoro, i padroni delle imprese hanno in mano un importante mezzo di pressione, con il quale cercano di spremere straordinari, senza retribuirli e di strappare tanta prestazione. Oltre a ciò, va tenuto conto che le spese reali per la mensa e l’alloggio sono basse, tuttavia alle operaie viene detratta, per queste spese, una parte considerevole del salario.
Alle “diligenti e sobrie” forze-lavoro dell’Asia non si può dare con facilità un numero, tenerle sotto controllo e spronarle a lavorare come cavalli. Loro non si lasciano cadere tutto addosso. L’intimidazione esercitata dai padroni ha dei limiti. Tante operaie filippine della Mondostar hanno esperienze di lavoro all’estero pluriennali, possono paragonare le condizioni di lavoro, sanno organizzarsi e adesso cercano di imporre i propri interessi.

Ana Cosel, 3 settembre 2008
Per contatti: ana.cosel(at)web.de

Segue una lettera aperta allegata dall’autrice

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Gli operai indiani di Marsa, località vicina a Sibiu

Un anno fa una lotta uguale a quella in corso alla Mondostar, scoppiò in una fabbrica metalmeccanica a Marsa, poco distante da Sibiu. 43 operai provenienti dall’India lavorano là da maggio dello scorso anno per un salario mensile lordo di 568 dollari. Il capo della Grande Mecanica Marsa agli operai indiani aveva dato dei numeri poiché non riusciva e non voleva pronunciare i loro nomi. Chiamava gli uomini semplicemente Sorin 1, Sorin 2, … Sorin 24.
All’inizio del 2008 a 30 operai venne disdetto l’accordo, secondo resoconti dei giornali questo avvenne perché essi dal 20 dicembre non si erano più recati a lavorare. Altre fonti precisano che in quel periodo l’azienda era chiusa per ferie. Gli operai protestavano perché avrebbero dovuto compiere ore straordinarie, per le quali non veniva pagato loro nessun salario. “Abbiamo un accordo con l’azienda in cui è fissato che noi siamo stati assunti per lavorare 10 ore al giorno per 6 giorni alla settimana. L’azienda non ha rispettato l’accordo e ci fa lavorare 115, anche 130, ore la settimana.” (3)
Già nell’ottobre 2007 gli operai indiani in una lettera aperta alla stampa avevano spiegato che l’azienda li trattava come schiavi:
“Ogni giorno veniamo torturati fisicamente, questa è una reazione al nostro esposto inviato all’ambasciata dell’India. La direzione dell’azienda sembra volersi vendicare. Se noi, ad esempio, vogliamo indossare prima dell’inizio del lavoro le nostre tute e scarpe antinfortunistiche, arriva un sorvegliante, ci provoca e dice, è tardi per indossare quelle cose. Continuamente la direzione dell’azienda si porta sui nostri posti di lavoro e dice ‘Svelti, più svelti!’E pensate che una telecamera ci filma in continuazione.” (4)


Note:
1. Il salario mensile minimo, fissato pere legge, in Romania attualmente è pari a 150 euro, La gran parte dei salari nel settore tessile non supera questo minimo.
2. Di regola le imprese della componentistica dell’auto, data la carenza di forza-lavoro, per adescare operai pagano salari relativamente più alti.
3. Info raccolta su: realitatea.net del 23 gennaio 2008.
4. Dalla lettera aperta degli operai indiani di Marsa, pubblicata in un quotidiano l’8 ottobre 2007. Rintracciabile su: www.ziaruldesibiu.ro

http://www.autprol.org/