30/08/2008: CORRISPONDENZA DALLE GABBIE N° 7


Il 16 e il 18 luglio si sono tenute l'ottava e la nona udienza del processo ai militanti comunisti accusati di aver promosso la costituzione del Partito Comunista Politico-Militare (PC P-M).
Nella prima abbiamo visto la presenza del capo della DIGOS di Padova, dott. Pifferi, in qualità di testimone. Il noto dirigente della controrivoluzione padovano è ampiamente conosciuto per la sua solerzia nel seguire, indagare, reprimere, intimidire proletari in lotta, compagni, avanguardie di classe che si mobilitano all'interno del movimento di classe padovano. E il suo contributo alla repressione non si limita ai confini cittadini, visto che lo si è scoperto tra i protagonisti del raid squadristico alla scuola Diaz nelle giornate di Genova.
La sua deposizione si è connotata di un forte intervento di criminalizzazione che lo ha portato a trasformare centri di aggregazione proletaria sul territorio (centri di incontro per le più svariate attività sociali, di lotta, culturali e politiche), in semplici basi per l'illegalità e per l'organizzazione di azioni violente. Per cui, a suo dire, il lavoro della DIGOS verterebbe solo su ipotesi di reato e si disinteresserebbe completamente dalla politica.
La realtà naturalmente è ben diversa. Ogni giovane proletario che si avvicina al movimento di classe padovano sa bene che da quel momento in poi verrà aperta su di lui un'apposita scheda presso la questura.
Verrà seguito, controllato, con tanto di tentativi di intimidazione qualora si avvicinasse a determinate realtà politiche.
Infatti è ben noto che la DIGOS padovana, come le altre, è formata come un vero e proprio ufficio politico il cui compito principale è proprio quello di schedare persone e fatti riguardanti i movimenti politici e principalmente quelli proletari.
In questo senso sono del tutto ipocrite le sceneggiate dell'accusa a seguito del fatto che uno dei difensori dei compagni ha chiamato la DIGOS di Padova "ufficio politico". Come ad intendere che nella nostra bella democrazia queste strutture non sono finalizzate alle schedature e alla repressione politica.
Ipocrisie dell'accusa che sono tra l'altro miseramente crollate durante la deposizione di un'ispettrice della DIGOS di Milano la quale ha chiaramente affermato l'esistenza di "uffici politici" atti alla schedatura di tutto ciò che succede all'interno del movimento politico milanese.
Un altro fatto interessante riguarda una proroga delle intercettazioni telefoniche nei confronti dei familiari degli imputati.
Il dott. Pifferi ha spiegato che questa sarebbe stata chiesta per due motivi: il primo, per capire le strategie di difesa politica e le dinamiche della solidarietà esterna; il secondo per "monitorare" il quadro psicologico degli imputati al fine di capire su chi "lavorare" per ottenere collaborazioni. Insomma un'ulteriore conferma dello scopo che avevano i mesi (fino ad un anno) di completo isolamento in cui sono stati costretti diversi imputati dal giorno dell'arresto.
Alla fine dell'udienza, una normale richiesta di un imputato di poter sostenere un esame universitario, ha fornito alla P.M. l'occasione per disconoscere e denigrare ancora una volta l'identità politica degli imputati. Infatti pur dichiarandosi d'accordo a permettere lo svolgimento dell'esame, non ha perso l'occasione per rinnovare il suo repertorio mistificatore declamando in modo plateale che le modalità debbono essere le stesse concesse ad alcuni mafiosi di cui ha fatto nomi e cognomi. Un sottile e squallido mezzuccio dell'accusa a cui non basta la categoria "terrorismo" a supportare la debolezza del suo impianto accusatorio e che per questo semina ad arte la confusione e mistificazioni, proponendo fantasiosi parallelismi tra terrorismo e mafia per rafforzare la sua strategia mirante alla demolizione dell'identità politica degli imputati.
Come imputati abbiamo contestato e respinto in aula queste infamanti allusioni e cogliamo l'occasione per rivolgerle al mittente, nella qualità dello Stato, presente come parte civile in questo processo.
Infatti, come ben si sa, la mafia si trova comodamente a casa e prolifica tra gli apparati statali in cui le dinamiche clientelari la fanno da padrone (come ci conferma l'ennesimo caso di corruzione che vede protagonista Ottaviano del Turco, ex segretario della CGIL, militante DS, ex-ministro, ex governatore della regione Abruzzo, ecc.).
Altro avvenimento che ha caratterizzato la giornata è stato quello di un momento di tensione tra i compagni e gli agenti della scorta. Il motivo è stato il tentativo delle guardie di impedire la comunicazione tra gli imputati e i propri cari durante una pausa dell'udienza cercando di portare via un compagno dalla sala in cui eravamo stati messi. Alla ferma opposizione dei compagni ne è nato un principio di collutazione con le guardie con il risultato che il compagno non è stato portato via.

La nona udienza del 18 luglio, invece, è partita con la difesa che prodotto una comunicazione da parte del DAP circa l'isolamento cui è stato costretto il compagno Davanzo per più di un anno. In particolare il DAP afferma che la propria volontà di trasferire Davanzo in una situazione di "normale" detenzione è stata espressamente bloccata dalla procura di Milano. Si è così svelato definitivamente l'arcano.
Il deus ex machina del trattamento particolare riservato in carcere agli imputati è la d.ssa Bocassini che, al contrario, nelle sue dichiarazioni, era andata negativa. Beninteso, poco cambierebbe se fosse stato il DAP (cioè il Ministero). Ambedue sono apparati direttivi delle strategie repressive.
Comunque è così che agiscono i "servitori dello Stato", da vigliacchi, di nascosto, senza nemmeno avere il coraggio di rivendicare e assumersi le responsabilità delle proprie azioni.
Dopo questa prima parte è cominciata la deposizione, in qualità di teste, del capo della DIGOS di Torino dalla quale emerge che il compagno Sisi, descritto dalla gogna mass-mediatica, come un insospettabile sconosciuto, in realtà ha una lunga scheda a suo titolo presso gli "uffici politici" della DIGOS di Torino, dalla quale emerge con chiarezza che lo "sconosciuto" compagno è in realtà un notorio appartenente al movimento di classe torinese, protagonista in prima fila dei vari momenti di scontro ed in particolare del movimento degli autoconvocati dal '92 in poi. Oltre che essere attualmente una reale avanguardia di classe nel suo posto di lavoro.
Nel seguito della deposizione è comparso un mistero: quello di una pistola SIG SAUER che, presente nella banca dati delle armi sequestrate dalle forze dell'ordine con tanto di numero di matricola e di ordine di distruzione, viene inspiegabilmente trovata tra le armi rinvenute durante l'operazione repressiva che ha dato origine al processo.
Su come sia potuta accadere una cosa del genere il dott. Petronzi non ha saputo dare spiegazioni. Certo è che questo fatto getta una ulteriore pesante ombra su come si siano svolte le indagini e i ritrovamenti di armi.
Si è quindi proceduto con la deposizione di una ispettrice della DIGOS di Milano circa tutta la dinamica dei pedinamenti da cui si evince l'enorme dispiegamento di uomini e mezzi (fino a venti agenti per una sola intercettazione di due compagni in un bar) messi in campo.
Rispondendo alla tattica di drammatizzare il processo da parte dell'accusa, l'ispettrice ha deposto coperta da paraventi per non essere riconosciuta in aula. I compagni sono intervenuti dichiarandosi pienamente d'accordo con questa sceneggiata in quanto rivelatrice della natura di banda armata dello Stato che si attrezza conseguentemente per sviluppare la sua guerra contro la classe proletaria e le sue organizzazioni. Tra l'altro agendo di nascosto, clandestinamente e arrivando perfino a raggirare i titolari dei locali in cui venivano effettuate le intercettazioni spiegando loro che dovevano indagare su dei "pedofili". Un bell'esempio del modo infame e vigliacco con cui cercano di camuffare il loro lavoro di controrivoluzionari.
Al proletariato, alle sue avanguardie il compito di affrontare questo livello di scontro, la tendenziale guerra di classe. Comunque imposta proprio dallo Stato borghese.
L'udienza si è conclusa con lo stralcio, per impegni del presidente della corte, dell'udienza del 2 ottobre. Il processo riprenderà quindi il 6 ottobre.

Con queste due udienze termina una prima parte del processo a causa della pausa estiva.
Ne approfittiamo quindi per augurare a tutte/i le/i compagne/i che ci hanno accompagnato fin qui col calore della loro solidarietà, di tornare in forze e riposati per affrontare la sessione autunnale.
Non ci resta che mandare a tutte/i un caloroso abbraccio rivoluzionario.
A pugno chiuso

Gli imputati

http://www.autprol.org/