15/08/2008: Ossezia del Sud
È dal 1992 che la questione Ossezia travaglia la regione caucasica.
Come tutti i nazionalismi, anche quello dell’Ossezia rientra nel gioco imperialistico che la crisi internazionale rende sempre più duro. I motivi che hanno indotto la Georgia ad attaccare la piccola regione autonoma del Caucaso e quelli che hanno spinto la Russia a impiegare l’esercito a favore degli indipendentisti osseti contro il governo di Tblisi, vanno ben al di là dei fatti contingenti che la cronaca regionale ci racconta.
Innanzitutto la questione Ossezia riguarda lo scontro tra Russia e Georgia. La prima non può tollerare l’avvicinamento del governo di Saakashvili agli stati Uniti, né tanto meno il suo dichiarato desiderio di entrare a far parte della Nato quale pedina di Washington nell’area dell’ex impero sovietico. Ciò comporterebbe la costituzione, con l’Ucraina, di un fronte anti-russo ai confini centro-meridionali. La seconda, la Georgia, con il recente atto di forza, vuole accelerare i tempi della sua “occidentalizzazione” invocando esplicitamente l’intervento degli Usa. Così facendo spera di chiudere a suo favore la pratica Ossezia, di mettere di fronte al fatto compiuto la nemica Russia e di guadagnare i galloni di futura testa di ponte degli interessi occidentali nel Caucaso, con tutti i vantaggi politici ed economici che il nuovo status le conferirebbe. Nello specifico, lo scontro con l’Ossezia del sud avrebbe dovuto aprire la porta agli interessi Usa che hanno nell’alleata Georgia di Saakshvili, l’unico accesso al controllo e al trasporto delle ricchezze energetiche del Caspio bypassando l’attuale controllo russo.
Proprio per questo motivo, lo scontro tra la Russia e la Georgia (Usa) ha come epicentro la necessità di controllare, da parte di entrambi, i paesi che sono prossimi o si affacciano sulla sponda ovest del Mar Nero (Ossezia del nord ma anche Daghestan) in quanto area di interesse per il passaggio di futuri oleodotti e gasdotti che dal Caspio dovrebbero portare le materie prime energetiche in Europa e le cui traiettorie geografiche impongono l’esclusione di qualsiasi forma di interferenza da parte della concorrenza. La Russia ha intenzione di costruire, con ingenti investimenti, un gasdotto (South Stream) che dal Caspio, attraverso il Mar Nero, dovrebbe portare gas in Europa con due terminali, uno nella zona meridionale (Grecia, Kosovo o Puglie, l’altra più a nord verso l’ Austria. Ma la criticità del progetto risiede proprio nella sponda est del Mar Nero, in Ossezia del sud e in Daghestan. Il progetto prevede che un tratto del gasdotto, quello che va da Vladikvaz (Ossezia del nord) alla periferia di Ckhinvali, passi per tutto il territorio dell’Ossezia del Sud per poi dirigersi verso i porti russi del Mar Nero.
Ed è qui che lo scontro cessa di essere regionale per assumere le dimensioni di un conflitto inter-imperialistico i cui terminali sono la Russia e gli stati Uniti, le loro aspirazioni di egemonia nell’area, premendo sugli alleati, reprimendo gli avversari, inscenando aggressioni e reazioni militari all’unico scopo di creare le migliori condizioni al soddisfacimento dei rispettivi interessi. Non per niente l’azione militare georgiana ha avuto l’avallo americano, va ricordato come il governo Usa abbia trasportato con i propri aerei un contingente militare di due mila soldati georgiani dall’Afganistan direttamente nell’Ossezia del sud, e come la reazione russa sia stata immediata, programmata, violenta quanto isterica.
In terzo luogo le tragiche vicende dell’Ossezia confermano che:
1. Nell’epoca dell’imperialismo qualsiasi istanza nazionalistica, vero o presunta, spontanea o artatamente provocata, sotto qualsiasi latitudine politica di interesse strategico si sviluppi, finisce per essere fagocitata all’interno dello scontro inter-imperialistico senza alcuna possibilità di esercitare un ruolo autonomo che non sia quello di fungere da strumento di perseguimento degli interessi delle borghesie locali e di un fronte imperialistico di riferimento.
2. La devastante crisi economica che attraversa il mondo capitalistico esaspera la concorrenza e la conflittualità su tutti i mercati internazionali, da quello finanziario a quello delle materie prime strategiche, senza esclusione di colpi.
3. In un simile quadro i margini di composizione delle cosiddette crisi regionali sono ridotti a zero e ogni contenzioso si “risolve” sul terreno della forza. Le guerre sono diventate, più che mai, lo strumento che l’imperialismo usa nel tentativo di risolvere i suoi problemi.
In questa fase storica le contorsioni del capitale non possono che attaccare sempre di più le condizioni di vita del proletariato, non possono che creare miseria e fame per centinaia di milioni di uomini, quando non li schiacciano con i cingoli dei carri armati. Le devastazioni belliche, là dove sono in gioco gli interessi funzionali alla sopravvivenza del capitale, rappresentano la condizione necessaria per il mantenimento di una forma economica basata sul profitto e lo sfruttamento.
Le vicende della piccola Ossezia del sud sono la tragica rappresentazione di questo barbarico mondo dal quale non si esce se non con una forte ripresa della lotta di classe.
Fabio Damen del gruppo Internazionalista Battaglia Comunista
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