02/08/2008: I lavoratori non abboccano alla trappola dei Fondi Pensione Integrativi


I DATI DEL 2008 CONFERMANO CHE IL TFR ACCANTONATO IN AZIENDA RENDE MOLTO DI PIÙ DEI FONDI PENSIONE INTEGRATIVI; PER FORTUNA LA MAGGIOR PARTE DEI LAVORATORI NON HA ABBOCCATO ALLA TRAPPOLA PREPARATA DA TUTTI I PARTITI PARLAMENTARI, DA TUTTI I SINDACATI DI REGIME E DAI PESCECANI DELLA FINANZA.
I dati diffusi recentemente dalla COVIP (organismo di “vigilanza” sui fondi pensione) e riportati dall’inserto economico del Corriere della Sera del 16 giugno 2008 evidenziano la scarsissima adesione dei lavoratori ai Fondi pensione integrativi. Nei primi quattro mesi del 2008 le iscrizioni sono cresciute solamente del 2,8% a livello complessivo e del 2,2% per i fondi aziendali o di categoria. Nonostante la massiccia campagna dello scorso anno, portata avanti da tutti i partiti (dal PRC ad AN), da tutti i sindacati (dalla CGIL all’UGL) e da tutti i mass-media, nonostante la truffa del silenzio-assenso, nonostante la disinformazione sulle modalità di rifiuto dell’adesione… i lavoratori non si sono fidati.
Ed hanno fatto benissimo a non fidarsi perché il Corriere mostra un andamento disastroso dei rendimenti dei FPI, sia chiusi che aperti, risultati nettamente inferiori all’andamento del TFR accantonato in azienda. Da maggio 2007 a giugno 2008 i maggiori fondi di categoria, per intenderci quelli gestiti dai sindacati confederali assieme ai padroni, hanno perso l’1,9%, con punte dell’8-10% per le linee azionarie (qualche esempio: linea bilanciata dei metalmeccanici Cometa: -5%; linea bilanciata azionaria dei chimici Fonchim: -8,3%; linea bilanciata degli autoferrotranvieri Priamo: -2,1%; linea bilanciata azionaria delle telecomunicazioni Telemaco: -9,6%) mentre il TFR lasciato in azienda che, complice il ritorno di fiamma del costo della vita, si è rivalutato del 3,6% (di una quota fissa pari all’1,5% più il 75% del tasso d’inflazione programmato). A questo si aggiunga il fatto che dai già magri risultati ottenuti dai fondi bisogna sottrarre le commissioni a carico dell’iscritto a vantaggio dei gestori finanziari (banche, assicurazioni e grandi imprese), gli oneri vari, i caricamenti delle polizze assicurative, ecc. che il sottoscrittore è tenuto a pagare indipendentemente dal rendimento conseguito, ovvero anche in caso di forte perdita (come in questo caso) e che non sono ovviamente presenti nel TFR.
Per costringere i lavoratori ad aderire ai FPI, padroni, sindacati e governi di ogni colore hanno fatto di tutto: hanno distrutto le pensioni di anzianità con la controriforma di Dini nel 1995, hanno escogitato l’imbroglio del silenzio-assenso, hanno ridotto il salario a livello da fame, hanno previsto con l’accordo del 23 luglio 2007 la decurtazione futura del 6/8% dei “coefficienti di trasformazione”… ma i lavoratori non mollano.
Alla fine di aprile 2008 gli iscritti alla previdenza complementare erano 4,65 milioni, poco più di un quinto su un totale di circa 22 milioni di lavoratori e fra i 12,2 di dipendenti privati interessati dalla riforma; un tasso di adesione del 25%, ben lontano da quel 40% fissato come obiettivo per fine 2007 dall'ex ministro confindustriale del Lavoro, Cesare Damiano. E se i lavoratori avessero potuto prevedere (come ha fatto il governo Prodi, che infatti ha anticipato l’avvio del semestre per il silenzio-assenso di un anno, ma senza dirci perché) che ci sarebbe stata la crisi dei “mutui subprime” in cui sono investiti anche i soldi di chi ha aderito ai FPI, l’adesione dei lavoratori sarebbe stata ancora più bassa.

Possiamo cantare vittoria? No di certo, perché la truffa del silenzio-assenso continua e ogni volta che verremo assunti in una nuova azienda scatterà il semestre per dichiarare esplicitamente il rifiuto dell’adesione ai FPI; senza questa dichiarazione il TFR verrà destinato automaticamente ai FPI.
Adesso la battaglia è per rendere reversibile l’adesione ai FPI e permettere ai lavoratori di poter tornare indietro. Ma non sarà facile perché i lavoratori sono quasi tutti contro.
Per questa ragione ti chiediamo non solo di dire NO al trasferimento del TFR ai FPI, ma anche di collegarti con noi per sviluppare un’incisiva battaglia sul territorio per la difesa della previdenza pubblica, del contratto nazionale del lavoro (contro l’attacco che viene portato proprio in questi giorni dai sindacati confederali, padroni e forze politiche di entrambi gli schieramenti), del salario, della sanità, della sicurezza e salute sul lavoro.
Uniamoci tra lavoratori contro chi ha distrutto il nostro salario, i nostri diritti, la nostra sicurezza.
Per ricostruire una forza dei lavoratori contro cui tutti debbano tornare a fare i conti, per unire quello che il padrone cerca ogni giorno di dividere.

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