02/08/2008: Aggiornamenti dalle lotte antirazziste torinesi


21 luglio. Nel pomeriggio una quarantina di antirazzisti si radunano nella centralissima via Garibaldi, determinati a far conoscere alla città la storia degli occupanti di via Pisa. Striscioni, megafono, amplificazione e un migliaio di volantini da distribuire ai passanti. In molti si informano, altri chiedono, altri ancora si fermano soltanto ad ascoltare. Peccato che ad osservare la scena ci sia quasi tutta la Digos di Torino, insieme agli equipaggi di tre camionette dei Carabinieri e due della Polizia. Altre tre camionette sono pronte nella piazza del Municipio, pochi passi più in là. Perché tante divise a vigilare su di un presidio tutto sommato così ordinario? A detta degli ispettori della Digos per dividere i manifestanti dagli esponenti del Comitato Spontaneo di Lucento - «almeno in duecento e accompagnati da alcuni ferocissimi rottweiler» - che sarebbero dovuti arrivare di lì a poco per una loro iniziativa di protesta. Ma, durante tutto il pomeriggio, in piazza non compariranno né lucentesi razzisti né cani feroci di nessuna specie: evidentemente, l'esibizione di tanti muscoli serve a dividere i manifestanti antirazzisti dal sindaco Chiamparino e dall'assessore Curti, ancora in preda alle convulsioni dal giorno dell'occupazione dello stabile di via Pisa 5.

22 luglio. In mattinata, un gruppo di ragazzi della sinistra cittadina si piazzano alla fermata degli autobus di fronte a Porta Nuova e illustrano ai passanti il proprio dissenso nei confronti «dell'ondata di razzismo e xenofobia che sta abbruttendo di giorno in giorno la coscienza civile di questo paese».
Appendono in giro grosse impronte digitali e poi bloccano per qualche minuto un autobus di passaggio, con uno strisione che recita: «Ieri leggi razziali, oggi impronte digitali». Per finire occupano simbolicamente il 67 - teatro quasi due mesi fa di una retata dal sapore più nazista del solito - e distribuiscono volantini ai passeggeri, promettendo ostinata disobbedienza ai provvedimenti razzisti del governo.
Qualche ora dopo uno stagionato antirazzista se ne sta pedalando fischiettando verso casa, ripensando agli accadimenti della mattina - che lui ha avvistato solo di lontano. In piena via Garibaldi si imbatte in due camionette della polizia e, appostate dietro l'angolo con via XX Settembre, in due pattuglie di poliziotti: gli agenti se ne stanno lì a chiacchierare tra loro e con altri funzionari in borghese, quasi tutti indossano guanti di pelle nera. Incuriosito, l'antirazzista si ferma ad osservare la scena. Dopo poco arriva il 4, i poliziotti si irrigidiscono, poi si piazzano sui binari, fermano il tram e ordinano all'autista di spalancare le porte. Fanno irruzione sul mezzo e ne riescono dopo qualche minuto, questa volta a mani vuote. Poi si appostano di nuovo.
Dopo un attimo di incertezza il nostro antirazzista pedala fino alla fermata precedente, sale sul primo autobus di passaggio, dice al conducente di aspettare e spiega ai passeggeri cosa li aspetta dietro l'angolo se sono stranieri e senza documenti. L'autista si imbestialisce, ma vari passeggeri scendono dal mezzo per perdersi tra la folla che passeggia in centro. Da quel momento, su e giù tra la fermata ad avvertire e il posto di blocco a controllare, fino a che la polizia non leva le tende e cambia zona.
Un po' sudato, il nostro nemico dei rastrellamenti si rimette in sella e si avvia verso casa. Ripensa ai fatti del mattino, a quelli del pomeriggio, e ripete tra sé e sé: «si può fare, si può fare davvero».

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Torino: l’esercito al Cpt e alla Croce Rossa

“La Stampa” di oggi riporta la notizia che a tra dieci giorni il governo invierà a Torino 80 soldati con il compito di “presidiare gli obiettivi sensibili”.
Tra gli “obiettivi” indicati dal quotidiano torinese troviamo, oltre a Tossic Park e alla sinagoga, anche il cpt e la sede della Croce Rossa. Dal 24 maggio la palazzina della Croce Rossa in via Bologna è presidiata giorno e notte da polizia o carabinieri. Vogliono probabilmente impedire a qualche pericoloso writer di bissare l’impresa degli anonimi antirazzisti che proprio il 24 maggio, il giorno successivo alla morte di Hassan al CPT, scrissero: “Croce Rossa assassina!”. Il Cpt di Torino è gestito dalla Croce Rossa e Hassan Nejil era un tunisino che venne lasciato agonizzare nel suo letto per un’intera nottata, mentre i suoi compagni chiamavano inutilmente soccorso.
A Roma hanno pensato che la polizia non bastasse a tutelare i muri della CRI e quindi mandano l’esercito.
Per fare sorveglianza esterna l’esercito arriva anche al Cpt, dove negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli episodi di resistenza contro soprusi ed espulsioni che hanno visto la presenza solidale di antirazzisti. Così i poliziotti e carabinieri che, ad ogni presidio, anche piccolo, si mobilitavano in forze per fronteggiare le pentole e i coperchi degli antirazzisti, adesso saranno liberi di andare a caccia di Fantomas.
L’esercito in strada servirà a ricordarci che siamo in guerra. Siamo in guerra in Afganistan, dove truppe tricolori combattono in nostro nome, con nostri soldi, nel silenzio dei più. Siamo in guerra a casa nostra, dove, giorno dopo giorno, chi vive male si trova a viver peggio, e del fantasma della libertà “democratica” non resta neanche la demagogia del ricordo.
Di fronte alla barbarie che avanza la resistenza e la rivolta gridano la loro urgenza.
Se non ora quando? Se non io, chi per me?

Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 Torino
La sede è aperta ogni giovedì dalle 21.
In agosto ci sarà una pausa. Le riunioni riprenderanno giovedì 28 agosto.

Per info e contatti: 338 6594361
fat@inrete.it

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Torino: azione antirazzista in comune

30 luglio Torino. A metà pomeriggio la prima e la quarta commissione del Consiglio comunale torinese, riunite in seduta congiunta, dovevano discutere la proposta del fascista Ravello e del leghista Carossa di estendere a Torino il rilievo delle impronte digitali ai bambini rom. Un gruppo di antirazzisti torinesi hanno deciso che era un’occasione da non mancare per dire la propria. Consegnati, come d’obbligo, i documenti alle vigili all’ingresso, gli antirazzisti sono andati alla sala dell’Orologio, dove era prevista la riunione. Mentre si accingeva a prendere la parola il fascista nazionalalleato Ravello, gli antirazzisti hanno aperto uno striscione con la scritta “dai un dito a Maroni”. Il “dito” era rappresentato graficamente dal classico medio levato in alto. Uno striscione identico era stato sequestrato dalla Digos l’11 luglio durante un presidio di fronte alla sede della Lega in largo Saluzzo. Vengono distribuiti volantini e un piccolo flier con una bimba che offre a Maroni il suo ditino medio. Insieme si grida “vergogna!”. Ma i razzisti, si sa, di vergogna ne hanno davvero poca e, per dirla tutta, difettano anche di buone maniere. Gridano sguaiatamente invocando l’intervento delle forze dell’ordine, si agitano, sudano. Carossa si distingue nel promettere schiaffi ad un antirazzista, subito dopo aver gridato che lui avrebbe ben saputo come adoperare tutte e cinque le dita. Nella concitazione non si è compreso se volesse rivolgere le sue gentili attenzioni ad un’altra antirazzista che lo invitava a portare a Maroni il flier con la bimba o alla presidente che tardava a far arrivare i marines. Arrivano minacce di denunce. Uno intima ad una compagna “pulisci!”, indicando i flier caduti a terra. “Ci vorrebbe ben altro che una scopa per ripulire la merda morale di questa sala”, suggerisce la compagna in questione. Carossa, Ravello ed altri fotografano gli antirazzisti e lo striscione: che vogliono farne avere una copia a Maroni?
Alla fine le truppe dello Stato, nelle vesti di alcuni vigili urbani, arrivano e scippano lo striscione dalle mani degli antirazzisti. Giunge poi la polizia che accompagna i compagni al piano terra per l’identificazione di rito.
Carossa non pago si precipita in guardiola, si fa mostrare le fotocopie delle carte di identità e confabula con la digos.
Ripresi i documenti gli antirazzisti vanno in via Garibaldi, aprono uno striscione uguale a quello scippato dai vigili nella Sala dell’Orologio e volantinano ai passanti. Arriva la digos e scippa il nuovo striscione: gli antirazzisti continuano a volantinare ai passanti. Poco prima che il presidio improvvisato si sciogliesse, la digos restituisce lo striscione: forse con questo caldo non avevano voglia di scrivere un altro verbale.
La lotta al razzismo continua. Domani è un altro giorno.

Di seguito il volantino distribuito durante l’iniziativa.

Impronta fascista
Per la loro sicurezza. Così il ministro dell’interno Maroni ha giustificato la decisione di prendere le impronte ai rom, bambini compresi.
“Sicurezza” è una parola magica: in suo nome tutto diviene possibile. Per via gelidamente amministrativa, facendo il gioco delle tre carte con norme e regolamenti esistenti. Proviamo a vedere come.
Si comincia con il dichiarare che a Roma, Milano e Napoli esiste un’emergenza rom. Quest’emergenza è “nominata” non descritta: con ogni probabilità Maroni & soci pensano che la violenta campagna mediatica scatenata contro i rom sia sufficiente a spiegare lo stato di emergenza. I prefetti della tre città vengono nominati commissari straordinari: tra i loro compiti “l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti” nei campi nomadi legali e abusivi “attraverso rilievi segnaletici”. Un censimento su base etnica fatto attraverso una procedura, i “rilievi segnaletici”, che la legge italiana riserva alle “persone pericolose o sospette”, in altre parole a chi si ritiene abbia commesso un reato. In questo modo Maroni ha sancito che tutti i rom residenti in Italia sono da considerarsi “pericolosi e sospetti”, facendo partire una procedura che non si può che definire razzista. Quando un intero popolo è, in quanto tale, considerato pericoloso, quando la sua presenza sul nostro territorio viene definita un’emergenza, siamo di fronte ad un’operazione che ha il suo precedente solo nelle leggi razziali del 1938 contro gli ebrei. Il dibattito che ha seguito l’annuncio del censimento etnico ha fatto sì che Maroni & soci annunciassero che, dal 2010, sulle nuove carte di identità le impronte le dovremo dare tutti. In tal modo saremo tutti “pericolosi e sospetti”. Si parte dai più deboli per mettere sotto controllo l’intera società. Da rilevare che sulle carte di identità elettroniche le impronte vengono inserite già oggi.
Nel frattempo il censimento dei rom, ra resistenze e difficoltà, sta partendo. Le prime “schede” dimostrano la piena natura razzista dell’intera operazione. Sulla scheda dei rom “censiti” a Napoli accanto alle impronte c’è anche l’indicazione della religione e dell’etnia. A nessun cittadino italiano (o straniero non rom) viene chiesto di dichiarare il proprio orientamento in materia religiosa. Sulla nostra carta di identità si indica la nazionalità non certo l’etnia. Nel nostro paese vivono e sono cittadini italiani persone di lingua tedesca, greca, ladina, friulana, sarda, albanese… ma nessuno di loro viene schedato in base a questa appartenenza.

A Torino, per ora esclusa dalla dichiarazione di “emergenza”, la destra cittadina invoca a gran voce che la schedatura etnica sia estesa alla nostra città. Dicono che occorre tutelare la sicurezza dei bambini. Siamo d’accordo: ai piccoli e ai loro genitori occorre sicurezza, perché vivono in baracche senza luce e acqua, nel fango e tra i topi. Per i rom
torinesi, nel mirino dei razzisti, la sicurezza è un miraggio: a ottobre i fascisti hanno incendiato il campo di via Vistrorio, mentre si moltiplicano le aggressioni. I continui sgomberi fanno sì che per i bambini sia quasi impossibile andare regolarmente a scuola: alla faccia della tutela di cui si sciacquano la bocca destri e sinistri.

Alcuni baraccati di via Germagnano, stanchi di vivere nella miseria e nella paura, il 6 luglio hanno occupato una casa abbandonata in via Pisa 5, dalla quale sono stati sgomberati e deportati nel campo abusivo da cui erano fuggiti. Nessuno, né l’Enel proprietaria dello stabile, né il comune di Torino poteva correre il rischio che il loro esempio divenisse contagioso. Una casa dignitosa è la miglior sicurezza per adulti e
bambini, una sicurezza conquistata con l’azione diretta, una sicurezza vera, perché fatta di libertà e dignità. Libertà e dignità di cui abbiamo bisogno in tanti, anche se sulla carta di identità siamo definiti “cittadini italiani”.
I provvedimenti razzisti mirano a dare alimento alla guerra tra poveri, la pratica della solidarietà tra immigrati e indigeni rende tutti più forti di fronte ai nemici comuni: i padroni che sfruttano e affamano, i politici che decidono per noi il nostro presente ed il nostro futuro.

A cura dell’Assemblea Antirazzista di Torino
contatti: assembleaantirazzistatorino@autistici.org

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Il 10 luglio passato, una detenuta transessuale viene pestata dalla polizia dentro al Cpt di via Corelli a Milano. Un episodio come mille dentro le gabbie, ma l'aria è già carica di tensione da settimane ed esplode la rivolta - e insieme alla rivolta la solidarietà da fuori. Il giorno dopo la detenuta verrà liberata, a calci, perché Croce Rossa e Polizia sono ansiosi di liberarsi di una rompiscatole e sperano che gli animi di tutti si plachino. Ma lei, da fuori, vuole continuare a lottare e, tra le altre cose, denuncia le violenze subite dentro.
Un episodio della lunga lotta dei detenuti di via Corelli contro la gabbia che li rinchiude e - contemporaneamente - una occasione per noi di fare una lunga chiacchierata con l'avvocato che la difende. Il racconto di quella sera, le violenze della polizia, la connivenza della Croce Rossa, l'utilizzo delle telecamere nei Cpt: un "modello" di violenza permanente che accomuna, fin nei dettagli, Milano e Torino. E poi, ancora, a ruota libera sulla prossima venuta dell'esercito nei Cpt, sulla condizione degli apolidi e su altro ancora.

Per ascoltare l'intervista di Radio BlackOut all'avvocato Eugenio Losco
http://www.autistici.org/macerie/?p=8305

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da http://www.autistici.org/macerie/

Chi di voi, nelle prossime settimane, si ritrovasse con una pallottola conficcata nella coscia, magari sparata da un reduce dell'Iraq che ha scambiato il Valentino con Nassiriya, sappia che potrà portare le proprie rimostranze a Davide Balena, che potete ammirare in foto qui dabbasso.
Appassionato di Risiko, studente di Scienze politiche, coordinatore regionale dei giovani di Forza Italia, capogruppo alla quinta circoscrizione nonché responsabile degli Enti Locali per lo stesso partito, Davide Balena ha promosso una decina di ordini del giorno in differenti Consigli di circoscrizione nei quali suggerisce a ministero e prefettura la miglior dislocazione delle truppe quando queste entreranno in città: oltreché al Cpt e alla Sinagoga, lui vedrebbe bene i genieri a scavar trincee al Parco Stura e al Valentino, i granatieri a pattugliare i portici di via Nizza e di via Terni, i lagunari a scandagliare i fondali dei Murazzi, e poi gli alpini di guardia in via Berthollet e in piazza Bengasi. Ah!, dimenticavamo. Cavalli di Frisia, sacchi di sabbia e torrette per isolare il Lidl di via Aosta, unica vera e radicale minaccia alla Civiltà occidentale.

http://www.autprol.org/