30/07/2008: Accanimento giudiziario: La corte di cassazione segue completamente il procuratore Delmulle e ordina che il procedimento DHKP-C venga di nuovo giudicato... per la quarta volta
Questo martedì 24 giugno, alle 17.58, il verdetto - semplicemente scandaloso - è stato pronunciato. Il Presidente Edward Forrier, della Corte di Cassazione (seconda Camera fiamminga), ha dato interamente ragione al procuratore Johan Delmulle. In un testo conciso, la cui lettura ha richiesto soltanto otto minuti, la più alta Corte si è così completamente allineata col magistrato federale, che contesta la sentenza pronunciata il 7 febbraio scorso da parte della Corte d'Appello di Anversa.
La conseguenza diretta del giudizio pronunciato oggi? Un nuovo processo (il quarto) sarà intentato contro i 7 presunti membri dell'organizzazione turca DHKP-C (tra cui Bahar Kimyongür), questa volta dinanzi alla Corte d'appello di Bruxelles.
Ricordiamo i fatti: attraverso un processo esemplare, i giudici di Anversa avevano smontato ogni accusa di J. Delmulle a carico degli imputati, e si era arrivati - al termine di sei udienze che hanno rispettato i diritti della difesa ad una constatazione ovvia: non importa che gli imputati ne siano o meno membri, “nelle sue attività condotte in Belgio, il DHKP-C non è né un'associazione di malfattori, né un'organizzazione criminale, né un gruppo terroristico”.
Guardando ai procedimenti, per come si sono succeduti dal settembre 1999, la decisione resa oggi segna dunque una sconfitta della giustizia indipendente, interessata a difendere lo Stato di diritto e a garantire le libertà civili.
Il 28 febbraio 2006, il tribunale di Bruges (presieduto da un giudice appositamente trasferito da un altro distaccamento giudiziario, e completamente “sottomesso alla Procura”) aveva condannato pesantemente sette degli undici accusati. In appello, la Corte di Gand (il 7 novembre 2006) aveva ulteriormente aumentato le pene attribuite - condannando in particolare B. Kimyongur a cinque anni di carcere come “dirigente di un'organizzazione fanatica e terroristica”.
19 aprile 2007. La Corte di Cassazione (in seguito al ricorso degli avvocati della difesa che presentano 114 motivi per l’annullamento) pronunciava la nullità dei due giudizi perché la nomina di Freddy Troch al primo grado poteva indurre a un sospetto di parzialità su cui i giudici di Gand, interrogati su questa illegalità, non avevano avuto nulla da controbattere.
7 febbraio 2008: la Corte d'Appello di Anversa confuta le argomentazioni, denuncia i ragionamenti e scredita le presunte prove avanzate dal Procuratore federale. Per i giudici di Anversa infatti, le prove e gli elementi “a carico degli imputati” sono stati falsati per alcuni, distorti per altri, troncati e truccati dalla Procura. Inoltre, la requisitoria pronunciata da J. Delmulle si basa soltanto su costruzioni intellettuali fantasiose, approssimative quando non schizofreniche.
In realtà, nel dossier maneggiato dal Procuratore, non c’è prova alcuna che stabilisca che si aveva a che fare con “una banda”, che a Knokke si sarebbe nascosto “il quartiere generale del DHKP-C in Europa”, o che le persone - che frequentavano il Residence Belle Rive, al 458 di Zeedijk- avessero commesso o voluto commettere un qualsivoglia reato (in Belgio come in qualunque altro paese).
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[Estratti della sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Anversa il 7 febbraio 2008 (da pagina 139 a 159)]
Discussione degli elementi di prova
Per valutare gli elementi di prova, occorre tenere conto degli elementi costitutivi le infrazioni a carico. Si tratta, in primo luogo, degli elementi costitutivi il reato di associazione di malfattori.
A partire da ciò, non è dimostrato che in questo caso giudiziario siano presenti e provati tutti gli elementi costitutivi del reato di associazione di malfattori e che lo sia, a maggior ragione, il reato di appartenenza a un'organizzazione criminale, dato che quest'ultimo crimine suppone l’esistenza distrutture più importanti di quelle previste per l'associazione di malfattori.
Gli elementi costitutivi di questo reato sono: l'esistenza di un'associazione; l'organizzazione dell’associazione, la commissione di attentati contropersone o beni, come obiettivo dell'associazione; la volontà cosciente di fare partedell’associazione.
(…) Dagli elementi (avanzati dal Procuratore federale), la Corte deduce che non si ha sufficiente certezza della presenza degli imputati Dursun Karatas e Sükriye Akar (cittadina tedesca - nda)nell’appartamento di Knokke. Come non si hanno elementi per dire che essi fossero lì presenti in un altro momento del periodo incriminato.
(…) Dagli elementi (avanzati dal Procuratore federale), la Corte può soltanto dedurre che non c'è prova alcuna che gli imputati Saz Kaya (cittadino tedesco -nda), Fehriye Erdal e Zerrin Sari siano stati in Belgio più di una o, tutt'al più, due settimane, nel corso del periodo preso in considerazionenell'ordinanza di rinvio.
A tale riguardo, è opportuno porre le seguenti domande:
Esistono prove che il Comitato centrale del DHKP-C si sia stabilito per quasi due anni sulla costabelga, come sostiene il pubblico ministero?
Perché, allora, non c'è stata nessuna indagine più dettagliata sulla loro presenza nel corso dell’intero periodo menzionato nelle requisitorie?
(...) Quando si analizzano in maniera approfondita “gli elementi di prova” presentati in questo caso giudiziario, occorre fare le seguenti constatazioni. La maggior parte del dossier è il risultato di indagini effettuate all'estero. Il pubblico ministero tenta, attraverso un gran numero di elementi, di dimostrare che il DHKP-C è tanto un'associazione di malfattori, quanto un'organizzazione criminale. Si tenta di stabilire questa tesi ricorrendo a dossier e decisioni giudiziarie straniere (olandese e tedesca).
Questo porta fuori strada: molti elementi citati si situano ben oltre il periodo incriminato e a proposito di molti altri ci si deve immediatamente chiedere come essi possano riguardare gli imputati e perché il pubblico ministero li consideri prove a carico. Ad esempio, nella discussione sugli elementi individuali a carico di Zerrin Sari, il pubblico ministero prende in considerazione il suo ruolo di avvocato. Mentre, il pubblico ministero non presenta prova alcuna che gli imputati citati nel presente caso abbiano svolto il benché minimo ruolo nei fatti commessi all'estero.
(…) Visto che la presenza degli imputati in Belgio è provata soltanto in maniera assai limitata, ci si chiede come possa, in queste circostanze, organizzarsi un'associazione.
A tale riguardo, occorre anche fare una seconda precisazione ancora più importante. Secondo la tesi del pubblico ministero, è dimostrato che il DHKP-C è considerato un'organizzazione criminale nei paesi vicini.
La tappa seguente di questo ragionamento, è che gli imputati sono, senza il minimo dubbio, membri del DHKP-C, perché trovati in possesso di armi, e che di conseguenza essi si proponevano realmente di commettere attentati, in particolare attentati contro gli interessi dello Stato turco. Il pubblico ministero insiste a torto sul fatto che il DHKP-C sarebbe stato già varie volte condannato come organizzazione criminale o terroristica da giurisdizioni straniere. Niente di più falso.
Tanto nei Paesi Bassi che in Germania, membri del DHKP-C sono stati imputati e condannati per reati ben precisi. Il DHKP-C non è stato mai perseguito come associazione o organizzazione. In Germania, il DHKP-C è stato dichiarato illegale dall’esecutivo, e dunque non da una decisione giudiziaria. È vero che in Germania, il semplice fatto di essere membro del DHKP-C è sanzionabile e il pubblico ministero può perseguirne i membri in virtù della loro semplice appartenenza. Ma questo non è il caso in Belgio.
(…) Non si ricava da nessun elemento oggettivo di indagine che gli imputati abbiano avuto, in qualsiasi momento, l'intenzione di commettere attentati in Turchia. La tesi del pubblico ministero secondo la quale gli imputati si preparavano a “dirigere” azioni violente in Turchia a partire dalla costa belga non ha alcun fondamento. Se questa tesi, che il pubblico ministero considera apparentemente come un fatto stabilito, fosse valida, ci si domanda perché la Turchia non ha chiesto l'estradizione degli imputati.
Non risulta da nessun elemento oggettivo del dossier che gli imputati avrebbero avuto l'intenzione di commettere attentati in Belgio.
(…) La Corte constata dunque che non è mai stato provato che gli imputati, nel periodo incriminato abbiano dato vita a un'associazione avente per scopo la commissione di attentati contro gli interessi dello Stato turco.
Dal momento che non si è dimostrato che gli imputati formassero un'associazione di malfattori, tantomeno può dimostrarsi che essi avessero costituito un'organizzazione criminale. Gli elementi costitutivi di questo reato esigono strutture e una organizzazione ancora più vaste della semplice associazione di malfattori.
(…) Gli imputati Musa Asoglu (cittadino olandese - nda) e Bahar Kimyongür (cittadino belga - nda) sono accusati di essere stati dirigenti di un gruppo terroristico ai sensi dell'articolo 139 del codice penale. I fatti sarebbero stati commessi a Bruxelles nel periodo compreso tra il 9 gennaio 2004, data d'entrata in vigore della legge, e il 28 giugno 2004, data nella quale si tenne a Bruxelles una conferenza stampa.
(…) La Corte constata inizialmente che il dossier e i dibattiti non hanno fornito altri elementi oltre quelli presentati dal pubblico ministero. Gli elementi “nuovi” presentati dal pubblico ministero non possono essere considerati come prove di colpevolezza dalla Corte.
Né quanto avvenuto durante la conferenza stampa, né il comunicato stampa, possono dimostrare l'implicazione effettiva dei due imputati nell'attentato di Istanbul. Se esistessero in questo caso tali prove, sembra abbastanza ovvio che le Autorità turche avrebbero chiesto l'estradizione degli imputati Asoglu (cittadino olandese - nda) e Kimyongür (cittadino belga -nda).
Ma vi è di più: non c'è certezza alcuna che il comunicato stampa preso in considerazione sia stato letto durante la conferenza stampa organizzata al New hotel Charlemagne. E’ provato solo che questo comunicato sia stato distribuito sotto forma di opuscolo durante la manifestazione che si è svolta lo stesso giorno a Bruxelles.
(…) Per quanto riguarda l'imputato Bahar Kimyongür, il pubblico ministero sostiene la sua tesi affermando che egli sarebbe un dirigente, con il fatto che “è cresciuto nell'ambito dell'organizzazione” (sic!).
I dossier stilati per informativa sul suo conto riguardano processi verbali redatti dopo manifestazioni a Bruxelles. Si tratta, in gran parte, di manifestazioni di solidarietà con l’imputata Erdal.
La caratteristica comune di queste manifestazioni è il numero minimo di partecipanti. Queste manifestazioni hanno probabilmente causato soltanto piccoli danni.
Inoltre, sono stati aggiunti due dossier riguardanti dei graffiti. In uno di questi dossier, c'erano indicazioni secondo le quali l'imputato ne sarebbe stato il possibile l'autore. Egli non è stato tuttavia perseguito. I fatti contenuti in questi dossier si situano quasi esclusivamente nel periodo 2000-2001, dunque ben prima del periodo incriminato e dunque prima dell'entrata in vigore della legge. I fatti contenuti in questo dossier non presentano il benché minimo legame con attività terroristiche. Il ruolo dell'imputato B. Kimyongür in questi dossier non rivela in alcun modo una progressione verso la direzione di un'associazione terroristica (…).
Conclusioni
Non risulta dagli elementi del dossier che gli imputati formassero un gruppo terroristico nel periodo preso in considerazione dalle accuse. Non si ricava da elemento alcuno la loro intenzione di associarsi con l’obiettivo di commettere reati di terrorismo secondo quanto dice la legge. Risulta chiaramente che essi non sono contrari, a seconda del contesto, alle azioni armate, al contrario. Ma non spetta alla Corte giudicare il modo di pensare degli imputati.
A tale riguardo, la Corte può fare soltanto riferimento all'articolo 141ter del codice penale:
Nessuna disposizione del presente Titolo può essere interpretata per ridurre o ostacolare i diritti e le libertà fondamentali quali il diritto di sciopero, la libertà di riunione, di associazione o di espressione, compreso il diritto di fondare con altri dei sindacati e di affiliarsi per la difesa dei propri interessi, ed il diritto di manifestare che ad esso è collegato, come sancito in particolare dagli articoli 8 e 11 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.
Non risulta dal dossier che, nel periodo accusato, gli imputati sarebbero andati oltre l'esercizio dei loro diritti che, secondo la legge stessa, non possono mai essere limitati o ostacolati (…)”. Ecc., ecc.…
Dopo questa lezione di diritto applicato, che rimprovera severamente le manipolazioni del Procuratore a danno della deontologia e del rispetto della verità, Johan Delmulle ha dunque deciso di contrattaccare. Prendendosela con i giudici di Anversa (colpevoli, secondo lui, di non avere tenuto conto né della recente giurisprudenza in materia di associazioni di malfattori, né della stesura della legge sulle organizzazioni criminali, né degli effetti indotti dalla legislazione in materia di infrazioni terroristiche), il magistrato è dunque ricorso alla Corte di Cassazione con il pretesto che questi diversi testi legislativi non richiedono in alcun modo che gli imputati siano implicati personalmente nell'esecuzione (la commissione) di reati per essere condannati penalmente: poiché il solo fatto di appartenere ad un'associazione delittuosa basta a condannarli.
Per spiegare le ragioni del suo ricorso, J. Delmulle aveva del resto evocato “il disordine dell'opinione pubblica”, disordine suscitato da giudizi assolutamente contraddittori (Bruges e Gand, da un lato; Anversa, dell'altro) a partire da testi legislativi identici. Una chiarificazione speciosa: per il diritto, i giudizi di Bruges e di Gand non sono mai esistiti (essi sono stati tutti e due, annullatidalla stessa Corte di Cassazione)-solo la sentenza di Anversa costituisce ad oggi la verità giudiziaria pronunciata da un tribunale. Evidentemente, la Corte di Cassazione non ha voluto tenere conto di questo.
Lasciamo al movimento democratico trarre ogni possibile conseguenza. Contro lo scivolamento pericoloso e progressivo verso una Giustizia “all'americana”, le forze progressiste del nostro paese devono opporre il fronte del rifiuto. Un fronte che sia il più ampio possibile.
Comunicato del Clea - 24/06/2008
Nota: traduzione a cura dell’ASP
http://www.autprol.org/