04/07/2008: Germania: Chiudere il lager di Katzhuette!
Da settimane i profughi lottano per la chiusura di Katzhuette, delle baracche disastrate del lager e per l’alloggiamento in abitazioni normali in città. L’ufficio del circondario di Saalfeld cerca di minimizzare le condizioni catastrofiche là esistenti (fra le altre, camere ricoperte di muffa nera, nei muri crepe larghe un dito, tetti aperti e usa la mano dura contro i profughi impegnati.
Il lager per chi è in attesa del permesso di asilo di Katzhuette si trova nella foresta della Turingia; è un alloggiamento collettivo per profughi, come tanti altri in Germania. Ai bordi della piccola città si possono, fra l’altro, vedere ville sfarzose per turisti, proprio lì, nei locali che al tempo della DDR ospitavano una colonia per bambini, è stato ricavato il lager. Esso consiste di due baracche e due bungalow. I primi profughi sono stati portati qui nel febbraio 2008, adesso sono già 88, fra loro ci sono famiglie con bambini. Con l’aiuto dell’organizzazione di autosostegno dei profughi THE VOICE, le persone alloggiate nel lager ora avanzano le richieste di chiudere il lager e di essere alloggiate in abitazioni a Saalfeld, la grossa città più vicina. Riguardo a ciò mostrano le carenze edili, le pareti infestate dalla muffa, le disfunzioni del riscaldamento, le crepe alle pareti, le docce a pezzi. Le condizioni sanitarie non sono da meno. A causa del freddo diversi bambini si sono ammalati, il dottore viene due volte la settimana per fermarsi appena un’ora.
Il problema ricorrente è rappresentato dall’obbligo di residenza. Ogni persona che ha fatto richiesta di asilo in Germania è sotto il controllo del distretto del land (regione) mentre è in attesa del riconoscimento o del rifiuto della richiesta avanzata. La percentuale di coloro a cui viene dato asilo, di fronte al totale dei richiedenti, è appena del 2%. Tanti profughi, ad ogni modo, in caso di rifiuto dell’asilo non possono essere estradati, se la situazione nel loro paese d’origine è minacciosa, come per esempio in Irak. In questo modo da 10 anni vivono in condizioni disumane, parzialmente isolati in taluni distretti. Se vogliono lasciare il lager devono avanzare la richiesta i cui costi di segreteria ammontano a 10 euro, indipendentemente dalla sua soddisfazione o meno. Le persone mensilmente ricevono un aiuto in denaro, il quale corrisponde ai 2/3 del sussidio sociale più basso versato dallo stato alle famiglie tedesche. Si tratta di buoni per l’acquisto di mezzi alimentari che possono essere utilizzati soltanto in alcune catene di vendita, “Tegut” e “Schlecker”; ai profughi viene versato anche un poco di denaro contante, che può essere speso per i viaggi in città. I profughi dicono che il cibo basta a malapena per mezzo mese. La partecipazione alla cultura, alla vita sociale sono quasi escluse, l’apprendimento del tedesco non va oltre l’esposizione dell’alfabeto. Il tanto declamato "lo straniero deve integrarsi, se vuole vivere qui" è ridotto a farsa. Le possibilità di dare sicurezza ad una persona fuggita in Europa in cerca di sicurezza, appaiono inesistenti.
Con il noto “regolamento dello stato terzo” vengono attirati in gran parte degli affari tutti i paesi lontani dai confini dell’Europa, poiché tale regolamento dice che se un profugo entra in uno “stato terzo sicuro”, lui là deve chiedere asilo. Questi stati però continuano ad inasprire i controlli sui loro confini, si spingono oltre il semplice controllo dei passaporti. Prima di tutto davanti alle coste della Grecia e dell’Italia i mezzi dei profughi provenienti dal continente africano, già in mezzo al mare, vengono costretti dall’agenzia FRONTEX a tornare indietro.
Secondo l’alto commissario dell’Onu per i profughi, sono almeno 10.000 le persone africane che non sono sopravvissute al tentativo di attraversare il Mediterraneo. Una proposta di legge, destinata a divenire “direttiva” obbliga i ministri degli interni e della giustizia di tutti gli stati membri dell’UE ad espellere tutti gli immigrati illegali, a rendere possibile il loro internamento nelle carceri d’espulsione per 18 mesi come pure il divieto per 5 anni all’ingresso in tutta l’UE. La “difesa dai profughi” ha assunto da tempo la forma della guerra, all’esterno come all’interno del continente, fin nelle più piccole città, attraverso procedimenti diversi.
Dopo che le campagne per la chiusura dei lager nella foresta presso Jena e la città di Freienbessingen hanno avuto successo, gli attivisti adesso trovano ascolto anche a Katzhuette. Sebbene l’ufficio del circondario da febbraio abbia cercato di ostacolare ispezioni del campo e conferenze stampa, gli attivisti sono riusciti ad informare i giornali locali e la taz [quotidiano tipo Il Manifesto con tiratura in tutto il paese, NdT]. Nella sua presa di posizione, la deputata locale Marion Philippe, falsifica i dati, minimizza i problemi e promette lavori di risanamento. Ma tante di queste spese si potrebbero risparmiare se si dessero alle famiglie dei profughi le abitazioni vuote esistenti a Saalfeld.
Intanto sulla testa di tanti profughi pende la continua possibilità dell’espulsione. Contro questa si è svolta il 26 aprile proprio a Saalfeld una manifestazione sotto la parola d’ordine “Chi non ha scelta, ha il tormento”; la manifestazione è passata attraverso il mercato e ha raggiunto la sede dell’ufficio del circondario. Oltre alla solidarietà giunta via fax, va sottolineata la presenza e l’intervento degli attivisti della “carovana per profughi e immigrati” che si sposta da un luogo all’altro della Germania.
Il 5 giugno a Saalfeld è stata organizzata un’altra manifestazione, che ha ripreso le richieste provenienti da altri lager, non dissimili da quelle di Katzhuette.
Il prossimo appuntamento di lotta è la manifestazione nazionale che si terrà a Berlino il 5 luglio, la cui parola d’ordine è: “per un diritto globale all’emigrazione”.
Da indymedia, 2 luglio 2008
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