29/05/2008: Contro la rassegnazione pensare l'impensabile! Contro la paura imparare il coraggio!


"Nella nostra azione non vi è blanquismo né trotzkismo, ma una chiara idea che il cammino è lungo e che si deve farlo muovendosi, andando" Buenaventura Durruti
La giornata del 17 maggio, per quanto una giornata triste per l'ennesimo assassinio fascista, ha avuto una valenza per noi positiva. Si è avuto un corteo di massa che ha saputo resistere alle provocazioni della polizia, ribadire la necessità dell'autodifesa e le responsabilità della giunta veronese( dall'appoggio ai gruppi nazisti alle leggi anti-"bivacco" che hanno colpito anche 3 nostri compagni Paco, Valeria e Emilia).
Stiamo cercando di rafforzare un percorso coinvolgente per il metodo e le pratiche. metodo basato sul confronto diretto (rifiutando la delega ed egemonie di vario titolo e grado) tra sensibilità anche diverse accomunate dall’impellente necessità di rompere con un immobilismo complice e di iniziare ad agire nella piena consapevolezza del precipitare degli eventi.
Non sopportiamo di continuare a contare gli attacchi incendiari ai campi Rom, i morti nei CPT, i raid razzisti nei quartieri.
Non possiamo più tollerare gli incendi di case occupate e centri sociali, le bombe del fondamentalismo cristiano contro le moschee, le aggressioni e gli assassinii squadristi contro chiunque non si conformi alla “supremazia identitaria”.
E’ rimasto ben poco da dire a chi ancora ha fiducia nello Stato e nella sua democrazia; lo stesso Stato impegnato nelle guerre di dominio e saccheggio, la stessa democrazia che ha portato al governo un partito apertamente xenofobo.
Per quanto ancora resteremo a guardare?
Le guerre diventano operazioni di polizia su scala globale, le operazione di polizia diventano guerre interne. Da una parte l’esercito viene impiegato all’estero per mantenere con la forza un “ordine mondiale” funzionale alla “sicurezza globale” dei profitti, dall’altra viene impiegato a fianco delle forze di polizia per militarizzare i nostri territori, con lo stesso pretesto della “sicurezza” e dell’ordine pubblico, per imporre un mondo fatto di discariche, inceneritori, centrali nucleari, sfruttamento. E’ quello che sta accadendo ad esempio in Campania ma che abbiamo già visto fare in Val Susa e che vedremo sempre più spesso accadere.

E’ la guerra a permeare sempre di più l’intera società, a gestire i flussi di persone e di merci, a regolare e i conflitti e reprimere le resistenze, interne o globali che siano.
Questo significa che il terreno dello scontro sociale assumerà sempre di più i contorni del campo di battaglia (do you remember guerra sociale?), dove a dettare gli spazi di mediazione sono le categorie della guerra e l’indifferenza è il primo passo verso il collaborazionismo.
Non è certo la prima volta che la storia offre panorami del genere, la differenza con il passato è forse però che certe sterzate reazionarie nascevano come controffensiva ad assalti rivoluzionari e a movimenti sociali che minacciavano seriamente la stabilità del potere. Oggi invece tutti conosciamo le difficoltà che incontriamo quotidianamente nelle lotte che ci chiamano e non possiamo quindi non riconoscere la natura preventiva di questo attacco. La mancanze di forze intese in senso quantitativo non può però diventare un pretesto per attestarsi su posizioni di pura testimonianza dell’orrore o di difesa dal peggio che avanza, ma deve al contrario essere una ragione in più per accelerare il passo e chiamare a raccolta tutta la determinazione, la lucidità e, allo stesso tempo, l’incoscienza necessaria per reagire alla situazione. Questo sarà possibile solo se sapremo sgomberare il tavolo da carte false, accomodamenti e ipocrisie e se saremo disposti a rimettere in discussione schemi e metodi che appesantiscono il cammino e impediscono di affrontare senza preconcetti le necessità dell’immediato presente.

Perciò crediamo sia necessario valutare attentamente lo sforzo di concentrarsi solo su un allargamento quantitativo della sensibilità antifascista verso settori più o meno ampi della cosiddetta cittadinanza. Se questo allargamento avviene senza una collocazione dell’antifascismo in una progettualità dichiaratamente anticapitalista e senza un posizionamento fermo sulla questione dell’ autorganizzazione della risposta alle aggressioni neofasciste e razziste, si rischia di prendere un colossale abbaglio e cadere in un inaccettabile antifascismo democratico o ancor peggio legalitario di cui tanti sinistri personaggi si sono fregiati.
I neofascisti arrestati dalla polizia sono un punto allo stato , i neofascisti fermati con l'autorganizzazione sono un punto al conflitto di classe.
Allo stesso modo se di fronte ad una questura che al corteo dopo un omicidio fascista dice “a prima scritta sul muro si ferma il corteo, al primo problema carichiamo” non si può chinare la testa ed ingoiare per poter fare almeno il corteo. Perché questo sarà un altro punto a favore dello Stato e la soglia del consentito, continuando a questa maniera, sarà sempre più bassa e i margini di agibilità sempre più ristretti. Il momento perfetto in cui alzare il tiro non esiste, esistono solo momenti in cui è giusto e necessario farlo. E quel momento è arrivato da un pezzo. Più pratiche abbandoniamo oggi, più spogli saremo domani nell’affrontare i tempi che ci aspettano.

Con queste premesse abbiamo partecipato allo spezzone autorganizzato della manifestazione di verona in seguito alla morte di nicola , all'arresto di tre nostri compagni, in una città in cui i neofascisti hanno il controllo del territorio in tacito accordo con la polizia e con il consenso della piccola e media borghesia cittadina. per noi manifestare significa essere parte di un momento collettivo, vuol dire cospirare insieme ad altri, nel rispetto ciascuno della pratica dell'altro senza egemonie da parte di nessuno. noi facevamo parte di uno spezzone determinato, noi lo abbiamo per quanto possibile comunicato cercando di condividere la nostra analisi, tutto il nostro percorso può e vuole essere criticato, in maniera anche decisa, senza però perdere il senso delle cose e del tempo.
Non crediamo di dover spendere parole sulle reazioni inconsulte di alcuni soggetti dopo un'azione estemporanea contro un agenzia interinale, simbolo di quel ceto produttivo veneto che da sempre foraggia i fascisti ( nonché emblema della speculazione padronale sull’insicurezza sociale).
Crediamo che oggi più che mai, con il campo sgombro dalla sinistra-arlecchino e dai suoi tirapiedi vari, con i fascisti e razzisti che soffiano sul fuoco della guerra etnica, ci si debba riprendere le strade e i quartieri. Partecipare alle lotte quotidiane portandoci le nostre idee e le nostre pratiche, senza aver paura di sporcarsi le mani o di spaventare qualche benpensante di sinistra. Perché oggi più che mai, l'unica cosa che può migliorare le condizioni di vita degli sfruttati, salvaguardare i territori e fermare le carneficine capitaliste è l'instaurare dei rapporti di forza a noi favorevoli.

Gruppo Trasversale Antifascista

http://www.autprol.org/