29/04/2008: Rivolte della fame e crisi alimentare


La crisi mondiale del capitalismo ha un secondo nome: accanto alla crisi del credito si pone ora la crisi alimentare.
Sulla resistenza e sulle azioni di protesta contro la crisi del credito, nei paesi agiati, finora, non si è sentito nulla. Alla crisi alimentare e delle derrate, invece, in tanti paesi la gente reagisce con occupazioni di piazza, movimenti di protesta e scioperi. Su questa protesta segue un resoconto di quel che avviene in alcuni paesi.

In Egitto
(…) Gli egiziani sono i maggiori consumatori di pane nel mondo. Ne mangiano circa 400 gr., in Francia appena 130 gr. L’Egitto importa la metà del proprio bisogno di cereali e il governo sovvenziona l’approvvigionamento del pane nei quartieri poveri delle città. Nella misura in cui le importazioni rincarano cresce la differenza fra il prezzo dei cereali sovvenzionati e il prezzo di mercato. Un quintale di farina sovvenzionata ai fornai di Il Cairo cosa solo 2 euro. All’inizio dell’anno sul mercato nero lo stesso quintale costava invece 250 euro. Nessuna meraviglia, perciò che una sempre maggiore quantità di farina scompaia dai centri e dai negozi alimentari statali per essere rivenduta sul mercato nero. In tutto il paese sono state arrestate 12.000 persone che volevano acquistare o vendere farina sul mercato nero.
L’offerta di farina non è diminuita, tuttavia il suo prezzo è diventato inaccessibile ai poveri. Le code davanti ai fornai dello stato si allungano assieme all’impazienza della gente. Nelle code i poveri si accapigliano con i poveri per le razioni di pane. In queste lotte solo a Il Cairo sono morte 11 persone.
Su un volantino del 6 aprile 2008 c’era scritto: “Mubarak vattene! Rischiamo la vita per fare la fila.”
La distribuzione del pane statale adesso viene sorvegliata dai soldati.
Da dicembre dell’anno scorso odio e rabbia si sono indirizzati anche contro la polizia e i commercianti. In azioni di protesta spontanee sono stati svuotati negozi. Nei successivi scontri con la polizia, secondo indicazioni della stessa, sono state uccise 7 persone.
Per imporre salari più alti all’inizio di aprile da alcuni sindacati è stato lanciato un appello ad un giorno di “sciopero generale”. Non si è trattato di una semplice paralisi del lavoro: in tutto il paese le manifestazioni si sono trasformate in battaglie di strada contro la polizia, nel corso delle quali sono state arrestate 500 persone, mentre 50 manifestanti sono rimasti gravemente feriti. Da tempo in Egitto scioperi e manifestazioni sono fuorilegge. Un nuovo sciopero è stato annunciato per il 4 maggio.

In Burkina Faso
Il paese africano appartiene ai paesi più poveri del mondo. Una grossa parte della popolazione vive dell’economia di sussistenza e all’esterno del mercato capitalistico. L’economia di sussistenza è appena sufficiente al sostentamento della campagna, non riesce ad approvvigionare la popolazione urbana. Di conseguenza gli alimentari devono essere importati.
All’inizio di febbraio il governo ha abbassato la dogana sull’importazione, però, contemporaneamente, sono stati aumentati i prezzi della benzina e dei prodotti alimentari. Contro questi aumenti la gente ha dato vita ad azioni di protesta spontanee con manifestazioni, saccheggi di negozi, barricate e incendi di e pneumatici.
I sindacati hanno chiamato a due giorni di sciopero generale, l’8 e il 9 aprile. La capitale Ouagadougou è rimasta completamente paralizzata. La polizia ha arrestato 264 persone, l’esercito presidia il palazzo del governo.

In Marocco
Qui la prima manifestazione contro l’aumento del prezzo del pane ordinato dal governo, è stata organizzata a Sefrou il 23 settembre 2007. Ci sono stati almeno 50 feriti. A questa manifestazione hanno fatto seguito blocchi stradali nella capitale Rabat e altre. Dopo parecchie manifestazioni il prezzo del pane è stato di nuovo abbassato.

Scioperi, uccisioni, arresti, ferimenti… come quelli descritti e per le stesse cause sono esplosi in tanti altri paesi, in particolare: Argentina, Honduras, Indonesia, India, Jemen, Kamerun, Mauritania, Messico, Mozambico, Perù, Senegal.
Alle rivolte contro la fame e alle azioni di protesta contro la crisi alimentare prendono parte due gruppi di popolazione, a loro volta composti da diversi strati: da una parte i contadini, dall’altra gli abitanti della città.
I contadini sono doppiamente colpiti dalla crisi alimentare. Per quanto producano solo per il proprio sostentamento e per il mercato locale, con la globalizzazione dell’agricoltura la loro situazione diventa sempre più precaria. In Sudamerica spesso la classe contadina è composta dalla popolazoione indigena. I piccoli contadini sono fra i perdenti della globalizzazione. Non hanno mezzi di pressione e riescono a farsi ascoltare soltanto con azioni violente e spettacolari. Sempre devono tenere in conto che contro la loro protesta viene impiegato l’esercito. In Messico, Perù e Indonesia i piccoli contadini hanno preso parte in gran numero alle proteste.

In tutto il mondo gli abitanti delle città non producono alimentari, ma devono comprarli. Essi sono direttamente colpiti dal rialzo dei prezzi. Quanto più sono poveri tanto più duramente ne rimangono colpiti.
Il numero della popolazione urbana cresce più rapidamente del numero totale della popolazione mondiale. Non è quindi l’aumento della popolazione complessiva che causa una crescente domanda di alimentari, ma, in particolare, l’aumento della popolazione urbana in tutto il mondo. Il 2008 è stato l’anno di una svolta storica. Per la prima volta nella storia dell’umanità sulla terra la popolazione urbana conta più persone di quella rurale.
L’impulso all’aumento della popolazione urbana è dato dall’industrializzazione e dalla globalizzazione capitalistiche. Con l’inserimento di sempre più paesi e territori nell’economia monetaria del mercato mondiale vengono rovinati i produttori autonomi, piccoli e cacciati nelle città come massa in cerca di lavoro. La gran parte della popolazione urbana mondiale, in Cina come in Europa o in Africa, è composta, da un lato, da salariati e, dall’altro, da sottoproletari senza reddito o senza reddito fisso.
Nella misura in cui la popolazione urbana è benestante, riesce a tollerare un rincaro dei prezzi alimentari.
I mezzi alimentari costituiscono solo il 10%, al massimo il 25%, della spesa per il consumo; i poveri spendono fino al 90% del loro denaro in generi alimentari. Questo è solo un tampone. Se aumentano i prezzi dei prodotti alimentari poi manca loro il denaro per comprare il cibo. I poveri diventano affamati. Accade così che la gente soffre la fame e muore di fame, sebbene nel mondo gli alimentari siano prodotti a sufficienza per saziare l’intera popolazione del pianeta.
Alle recenti proteste contro il rincaro degli alimentari la gran parte di coloro che vi hanno preso parte è formata da sottoproletari urbani, disoccupati, giovani e marginalizzati. Le stesse azioni di protesta, per la loro gran parte, sono avvenute sulle strade delle città.

Le cause
Quale causa della crisi alimentare viene spesso indicata la gamma dell’offerta dell’agricoltura mondiale: carne dispendiosa invece di alimenti vegetali delicati, mais per la benzina invece che per la nutrizione, frumento e riso cari invece di patate a buon mercato, cibo biologico sano contro cibo geneticamente manipolato ecc.
In questa argomentazione è tuttavia presupposto e accettato il mercato agricolo come un dato di fatto, poiché alcuni aumenti di prezzo, dovuti alla produzione biosprit (cerali usati nella produzione di carburanti) statunitensi o alla produzione di carne sudamericana, prima di ripercuotersi sui prezzi alimentari in Africa, Centro America o Africa, questi paesi devono essere tirati nella rete del mercato agricolo mondiale.
Anche se non è stato pianificato, gli agenti della globalizzazione hanno coinvolto sempre più paesi agricoli nel mercato agricolo mondiale, seguendo le prescrizioni dei commercianti di droga.
Prima di tutto si adesca con "sostanza a buon mercato" e quando i consumatori sono ormai dipendenti e non hanno più nessun’altra fonte di riferimento, devono pagare profumatamente. Questo è lo stadio raggiunto adesso sul mercato alimentare mondiale.
Fra il 1991 e il 2001 i prezzi sul mercato mondiale degli alimentari più importanti hanno stagnato o addirittura sono caduti. Solo nel 2005 è iniziato l’aumento veloce.

L’esempio di Haiti
Nel paese caraibico negli ultimi mesi si sono succedute rivolte, battaglie di strada, assalti ai negozi, uccisioni di manifestanti (6), arresti, ferimenti gravi (200), in seguito al raddoppio del prezzo del pane, del riso e dei fagioli. Nella capitale Port-auPrince vige il coprifuoco…
Haiti è una classica vittima della “consulenza occidentale”. Negli anni '80 la Banca mondiale e l’Us-Aid (agenzia Usa di aiuto allo sviluppo) costrinsero lo stato a seguire una severa politica economica e commerciale neoliberale… Nel 1986 entrò in vigore un nuovo diritto commerciale che abbatté drasticamente il dazio sull’importazione alimentare e altri beni di bisogno quotidiano. Secondo la Banca mondiale in questo modo alla popolazione di Haiti veniva reso possibile un più facile accesso alla sufficienza alimentare. L’importazione alimentare doveva crescere e l’offerta essere ingrossata. Nello stesso tempo veniva così chiarito che attraverso l’importazione massificata di merci a buon mercato dagli Usa, in particolare riso e pollame, venivano i corrispettivi prodotti locali.

Wal Buchenberg 18. aprile 2008, indymedia

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