08/04/2008: Turchia: il 28 e 29 febbraio si è svolta la seconda udienza per i prigionieri comunisti


Esprimere un’opinione politica, è ancora in Turchia un reato rigorosamente punito dalla legge. Nel settembre 2006, lo Stato turco ha condotto, in tutto il paese, un’ondata di arresti negli ambiti politici, sindacali e associativi di orientamento comunista. Nel giro di un mese, sono stati arrestati oltre 200 giornalisti, sindacalisti, intellettuali, militanti politici e appartenenti ad associazioni varie. A più di un anno da questi arresti, diverse decine di attivisti sono ancora in prigione, e per 23 di loro, il 28 e il 29 febbraio scorso si è tenuta presso la Corte Penale di Besiktas a Istanbul, la seconda delle udienze processuali. La terza udienza avrà luogo il 6-7 giugno 2008.
Una campagna denominata We Want Freedom Campaign è stata lanciata al momento degli arresti per chiedere la solidarietà internazionale.
In segno di solidarietà con i militanti comunisti arrestati e con i popoli turco e kurdo che resistono al regime fascista di Ankara e ai suoi complici, traduciamo e diffondiamo il resoconto di queste due giornate processuali.
Denunciamo inoltre ancora una volta l’appoggio che anche lo Stato italiano fornisce allo Stato turco e le gravi responsabilità che esso si assume tra l’altro continuando a detenere nelle nostre prigioni i militanti comunisti Avni Er e Zeynep Kiliç, che al pari degli attivisti e compagni di cui sopra, scontano il crimine di aver voluto denunciare all’opinione pubblica internazionale il vero volto della Turchia e che per questo oggi stanno per essere consegnati dal nostro Governo nelle mani degli aguzzini di Ankara. Sostenere in Italia la campagna contro l’estradizione e/o espulsione di Avni Er e Zeynep Kiliç (vedi sito: www.avni-zeynep.net), vuol dire appoggiare concretamente quanti anche in Turchia e nel Kurdistan si battono e rischiano la propria vita per porre fine al fascismo di Stato e all’occupazione coloniale, rivendicando il rispetto dei diritti umani, uguaglianza e giustizia sociale, libertà e indipendenza.

No alla condanna dei comunisti in Turchia!
Al fianco dei popoli oppressi dall’imperialismo!
No all’estradizione, no all’espulsione di Avni Er e Zeynep Kiliç!

Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP 380, 80133 Napoli – Italia
e-mail: Ass-solid-prol@libero.it

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Il 28 e 29 febbraio si è svolta la seconda udienza per i prigionieri comunisti

I 23 rivoluzionari e comunisti che sono stati imprigionati dopo i raids della polizia in 8 città tra l’8 e il 12 settembre 2006, sono stati portati, il 28 febbraio 2008, in tribunale per la seconda delle udienze. Tra di essi Ibrahim Cicek, direttore del quotidiano Atilim, Sedat Senoglu redattore dello stesso giornale, lo scrittore Ziya Ulusoy e Bayram Namaz capo-redattore di Ozgur Radyo.
L’accusa, sostenendo che i prigionieri sono membri e capi del MLCP (Partito Comunista Marxista Leninista), ha chiesto per 13 di essi pene a più ergastoli, e per i restanti 10, condanne tra i 10,5 e i 45 anni di detenzione.
Il 18 febbraio, i prigionieri sono entrati nel tribunale di Instanbul-Besiktas, alle h. 11, gridando gli slogan “Lunga vita alla resistenza di Tuzla”, “Libertà per il Kurdistan” e “Lunga vita alla fratellanza tra i popoli”, in segno di protesta contro l’occupazione turca del Kurdistan del Sud e in sostegno allo sciopero degli operai dei cantieri navali di Tuzla, che ha avuto luogo il 27 e 28 febbraio.
Non avendo ricevuto i loro fascicoli processuali, i prigionieri non hanno potuto preparare una difesa, ma hanno esposto le loro valutazioni. Arzu Torum, tra i prigionieri, ha denunciato di aver subito violenze sessuali da un poliziotto nei corridoi del Heavy Pealty Court il 26 ottobre. In tribunale gli imputati hanno pronunciato discorsi di condanna del fascismo e dello sciovinismo, e salutato la “classe operaia, i lavoratori e la resistenza del popolo Kurdo oppresso”.

Ibrahim Cicek, direttore del quotidiano Atilim: “Questo è una cospirazione, i cui fili sono tenuti dalla Dogan Media Holding e dall’organizzazione dei padroni dei cantieri navali GISBIR. False prove sono state costruite dalla polizia e dall’unità anti-terrorismo a Vatan e Yenimahalle. Dogan Media distribuisce il nostro quotidiano ma lo censura cercando di zittirci. GISBIR tenta di ostacolare l’organizzazione dei lavoratori lottando contro Limter-Is. Questo caso, questa cospirazione, che si estende da Dogan Media a GISBIR, ha l’obiettivo di soffocare la voce dei socialisti in questi giorni bui. Questa montatura giudiziaria è un attacco alla libertà di organizzazione e opinione.”

Ali Hidir Polat: “L’esercito della borghesia turca mira ad annientare i militanti del partito guerriglia che sta portando avanti la lotta armata. Il partito guerriglia ha affermato che la questione può risolversi con il riconoscimento dell’esistenza del popolo Kurdo, con il quale abbiamo convissuto per migliaia di anni e l’accettazione della richiesta a ricevere l’istruzione nella lingua madre. Ma lo stato mostra il suo completo disinteresse verso tali richieste.”

Fusun Erdogan, capo-redattore di Radyo Ozgur: “Sono madre, e sono fiera di appartenere al popolo turco. Ho un figlio di 22 anni e non voglio che entri nell’esercito. Potete anche condannarmi. Condivido la posizione di Bulent Ersoy e come madre lo sostengo.”

Arif Chelebi: “...questo è un attacco sporco e ingiusto, è un’occupazione di stampo coloniale: gli USA e Israele la sostengono. Non è una coincidenza che questa occupazione e la questione del velo, come pure la vendita di Tekel siano all’ordine del giorno nello stesso momento. I Kurdi, i lavoratori, gli Alevi, le donne, tutti i gruppi sociali dicono che è ora di farla finita.”

Bayram Namaz: “Mentre i cadaveri dei nostri ragazzi in uniforme sono stati riportati nelle tende dei migranti e nelle case dei lavoratori, nessun cadavere è stato riportato nelle case di lusso”.

Seyfi Polat: “Questo sistema è macchiato di sangue. Il sangue dei lavoratori scorre come l’acqua a beneficio del processo di accumulazione del capitale a Tuzla”. “Noi, come il MLCP, sosteniamo che la lotta di liberazione del popolo Kurdo nel Nord, Sud, Est e Ovest, in ogni parte del Kurdistan, è giusta e legittima. E’ terrorismo negare l’esistenza di un così grande popolo, tentando di assimilarlo e di annientarlo. Chiamiamo il popolo turco a stringere la mano del popolo Kurdo, tesa per fraternizzare e lottare per la pace. La libertà dei lavoratori turchi e di tutti i lavoratori può esistere soltanto se c’è libertà per il popolo Kurdo.”

Arzu Torum: Arzu Torum si è concentrata sulle bande laddove si è saputo che esse erano in relazione con lo Stato: ha detto che tutte le forze della contro-guerriglia accusate delle vicende di Sauna e Semdinli sono state rilasciate nonostante le prove, ma che sono state dietro le sbarre per più di 18 mesi.
Soner Cicek: Cicek ha parlato dell’isolamento nelle prigioni di tipo-F e ha dichiarato che i prigionieri chiedono l’applicazione del decreto del Ministero della Giustizia, che permette l’incontro di 10 prigionieri per 10 ore alla settimana.”

L’azione dell’ESP per la liberazione dei prigionieri comunisti
La Piattaforma Socialista per gli Oppressi (ESP) ha organizzato un’azione a Besiktas Parc, presso il tribunale dove sono stati condotti i 23 prigionieri. Nella relativa dichiarazione è scritto: “Libertà ai prigionieri del 10 settembre. Vogliamo giustizia”.
Le famiglie dei prigionieri e i rappresentanti delle diverse organizzazioni democratiche hanno appoggiato l’azione.
Ersin Sedefoglu, portavoce dell’ESP, ha dichiarato: “I rivoluzionari che sono stati arrestati e imprigionati l’8 settembre 2006, tra cui anche dei giornalisti, non hanno ancora potuto fare valere i loro diritti e difendersi, poiché i fascicoli processuali sono rimasti a lungo secretati. Come in molti altri casi, anche in questo si dimostra una volta di più come l’accusa non sia indipendente”. Sedefoglu ha inoltre dichiarato che la lotta contro un sistema iniquo, in un paese dove la disoccupazione, la fame e la povertà hanno raggiunto livelli altissimi, è legittima e giusta.
Necati Abay, portavoce della “Piattaforma Solidale con i Giornalisti Imprigionati”, ha parlato dei 5 giornalisti e scrittori che sono dietro le sbarre per essere coinvolti in questo caso.
Dursun Yildiz, portavoce provvisorio della “Piattaforma delle filiali KESK”, ha dichiarato: “Oggigiorno il popoli del Medio Oriente sono minacciati di annientamento da guerre e occupazioni. Ma verrà il giorno in cui essi chiederanno il conto agli imperialisti e ai colonialisti.”
Hanife Yildiz, madre di un militante fatto scomparire, ha chiesto giustizia come segue: “Si vuole la condanna dei nostri figli, che stanno per essere giudicati in questa corte oggi, perché essi stanno dalla parte del popolo e difendono i diritti degli oppressi. Mio figlio è stato rapito e fatto sparire, io chiedo giustizia. I tiranni responsabili delle sofferenze del popolo dovranno essere condannati, io voglio giustizia. Dovrebbero pagare per questi dolori, io chiedo giustizia! Ora basta!”

We Want Freedom Campaign

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