17/03/2008: Sulmona - Presidio sotto il carcere
In ogni città non si fa altro che parlare di sicurezza, del problema sicurezza,di questa ondata di criminalità che invade le nostre strade, violenza e ultra violenza spiattellata negli schermi davanti a "cittadini" sempre più assoggettati al dominio del grande fratello. State attenti, chiudetevi nelle vostre case: potreste imbattere in un rom, in un ladro, un violentatore e perchè no in un terrorista. Nella folclorica italia abbiamo terroristi di tutti i colori e di tutti i tipi: musulmani, anarchici, brigatisti vecchi e nuovi, ultras, operai. Tutti loro sono additati come sovversivi, rivoltosi, con finalità di eversione dell'ordine democratico, dunque terroristi da far sbranare all'opinione publica.
Tutta gente indagata o indagabile per associazione sovversiva.
In effetti quest'ordine democratico va mantenuto, un ordine che semina guerre per far crescere il germe della tecnocrazia attraverso interventi umanitari, un ordine che distrugge aria terra e acqua per il nostro sviluppo, per lo sviluppo del progresso umano (così lo chiamano), un ordine che mantiene la giusta e sana distanza tra sfruttati e sfruttatori, un ordine che per mantenersi in vita deve sacrificare più di mille morti all'anno sul lavoro solo in questo paese.
Un ordine che per mantenersi ha bisogno del servilismo, del controllo sociale, del ricatto costante verso i suoi sudditi.
Dunque telecamere ovunque, condizioni miserabili e precarie di vite, un sistema punitivo per chiunque esce dalle linee preindicate, che si concretizza nelle varie forme repressive (espulsioni, fogli di via, T.S.O., sorveglianza speciale e carcere).
Come non capire chi sente dentro di se una forte tensione che spinge al rovesciamento di questo ordine, alla sovversione di questo esistente.
Uomini e donne che vengono chiamati terroristi, nient'altro non sono che persone che non accettano il potere del dominio esercitato su di loro e sugli altri, ognuno con diversi modi di opporsi a quest'ultimo.
Quello che viene condannato da parte del sistema non è quello che una persona ha fatto, ma quello che una persona è, il suo pensiero, e la sua potenzialità di nemico interno al sistema stesso.
Il fatto di essere anarchico già di per sè è condannabile e perseguibile, parlare di azione diretta e sabotaggi nella democrazia del libero pensiero è sufficente per incappare nelle maglie della repressione.
La minaccia di un pensiero antipotere deve essere eliminata nel nascere, è per questo che molti compagni anarchici e non solo finiscono nelle patrie galere con capi di accusa come associazione sovversiva.
Questo è anche il caso di un nostro amico e compagno, Michele, che per il suo impegno nelle lotte, da quelle in difesa della terra contro la devestazione ambientale in Umbria a quelle contro l'istituzione carceraria e le più sottili forme di tortura tecnologica e controllo mentale, dopo quattro mesi si vede ancora rinchiuso in una merda di prigione sotto un regime speciale come l'E.I.V. (elevato indice di vigilanza). Accusato con
altri quattro ragazzi di appartenere a una associazione sovversiva, e nello specifico di aver compiuto un paio di sabotaggi e di aver minacciato la presidente della regione. Le indagini si basano sulle solite quattro frasi estrapolate e decontestualizzate dal loro contesto.
Gli altri quattro ragazzi sono o in stato di libertà in attesa di giudizio o agli arresti domiciliari. La domanda sorge spontanea: com'è che a Michele viene respinto il ricorso per la scarcerazione?
La risposta a nostro avviso è molto semplice: per ciò che Michele è, ovvero un ragazzo che ha sempre rivendicato fino ad ora il suo essere anarchico. Un dettaglio che ha fatto la differenza rispetto ai suoi coindagati.
Non ci interessa entrare nelle logiche da aula di tribunale, di dover parlare di innocenza o colpevolezza, ci basta condividere la tensione per il rovesciamento di questo sistema, la nostra solidarietà è nella complicità degli intenti.
Ogni persona che si sente ribelle, che non accetta di tollerare ancora soprusi e repressione, dovrebbe interessarsi delle condizioni dei propri compagni, saperli sostenere e difendere nei momenti di bisogno.
Cosi come la solidarietà non può rimanere una parola vuota, un concetto passivo, bensì dovrebbe riempirsi di una portata attiva, la solidarietà dovrebbe sposarsi con la complicità nel portare avanti le lotte interrotte da arresti e repressione.
Perciò rilanciare l'azione diretta come pratica di solidarietà e di lotta.
SABATO 5 APRILE DA MEZZOGIORNO AL TRAMONTO
PRESIDIO SOTTO IL CARCERE DI SULMONA DOVE SI TROVA MICHELE
LIBERTA' PER MICHELE, LIBERTA' PER TUTTE E TUTTI
Per scrivergli:
MIchele Fabiani
via lamaccio 2, 67039 Sulmona (AQ)
anarchiche e anarchici
http://www.autprol.org/