15/02/2008: LETTERA APERTA AI CITTADINI ED AI PARTIGIANI DI BOLOGNA CONTRO LA REPRESSIONE DELLE LOTTE SOCIALI


Sabato scorso abbiamo partecipato alla manifestazione nazionale “Rompiamo il silenzio” che si è tenuto a Bologna.
Un corteo deciso e determinato nei contenuti e negli slogan. La convocazione era contro le politiche securitarie e la deriva giustizialista e “legalitaria” dell’amministrazione comunale, dove il sindaco Cofferati, forte con i deboli e debole con i forti, dopo aver individuato tra i pericoli principali per la città i lavavetri, i migranti e le loro baracche lungo il Reno, i temutissimi bevitori di birre in piazze ed i graffitari è ora denunciato per non aver rispettato la salute pubblica avvelenata durante l’anno da emissioni continue di gas di scarico e polveri sottili.
Sabato il corteo ha espresso solidarietà a un gruppo di militanti in carcere da oltre 4 mesi per reati minori, detenuti - peggio di appartenenti ad organizzazioni criminali - in regime di elevata vigilanza, nel sistema carcerario a gironi del nostro paese, condannato anche dalla UE che ha considerato inumana la carcerazione speciale dell’art. 41.
Quel corteo ha espresso contenuti critici e radicali attraverso gli interventi che si sono succeduti durante la manifestazione, contro le guerre neoimperialiste alla faccia dell’art. 11 della costituzione che nega la guerra come risoluzione dei conflitti internazionali, contro i lager di stato per immigrati che si chiamano CPT – che questa amministrazione comunale e il governo Prodi avevano tra l’altro promesso (mentendo) di chiudere durante la campagna elettorale- contro le quotidiane morti per lavoro, la precarizzazione delle condizioni lavorative e la deriva securitaria e repressiva a livello sociale. Per il diritto alla casa contro il furto degli affitti d’oro che arricchiscono indecentemente palazzinari e multiproprietari di immobili. Addirittura per i diritti degli animali.
Un corteo che almeno per un pomeriggio ha oscurato le videocamere disseminate per la città, che la fanno somigliare sempre di più all’incubo Orwelliano del grande fratello.
Arrivati nei pressi di Piazza dell’Unità molte persone si affacciavano alle finestre, alcune si sono unite al corteo. Una signora con un cane, una pensionata, è uscita da un bar con il pugno alzato e ha solidarizzato con il corteo gridando “forza… per fortuna che ancora c’è qualcuno che ci crede” ed è arrivata fino alla fine della manifestazione.
Questo per riaffermare il carattere profondamente politico della manifestazione quando l’immagine e la lettura dell’informazione locale offre solo in maniera preoccupatamene monolitica quella da ordine pubblico.

Un’ultima osservazione all’ANPI. Ribadito ancora il carattere profondamente politico e libertario del corteo non capiamo la presa di posizione dell’associazione partigiana. Il rogo della bandiera nazionale non era certo un’offesa al monumento ai partigiani della Bolognina ma una critica - discutibile se volete - allo stato, che con i CPT, l’art. 41, la criminalizzazione dei migranti e delle realtà antagoniste e la guerra permanente, viola diritti fondamentali e – tra l’altro - il dettato e lo spirito costituzionale. La denuncia da parte di coloro che durante il fascismo erano chiamati “banditen” contro il corteo non è un bel segnale politico. Sarebbe stata auspicabile, ed è questo che chiediamo, la richiesta di un incontro, di un dibattito per capire, confrontarsi, spiegarsi, non una denuncia che riduce il tutto ad un fatto penale.
Lanciamo un appello perché si aprano spazi politici di discussione in questa città che ha dato molto con le lotte popolari contro dittature e fascismi.
In questa città per cui oggi basta fare una scritta su un muro per essere definiti criminali, terroristi e finire per mesi in carcere.
In questa città vetrina che somiglia sempre di più ad un carcere.

Franco Coppoli e Sabina Paladini,
insegnanti Bologna

http://www.autprol.org/