07/01/2008: CONTRIBUTO AL DIBATTITO POST-CORTEO DI VICENZA


Intervengo solo ora nel dibattito sulla manifestazione di Vicenza del 15/12/07 in quanto, leggermente restio alla rete Internet, ne ero all’oscuro. In seguito alla lettura di vari testi di diversa natura sul tema ho deciso di intervenire ed esprimere il mio pensiero.
Non ero presente al corteo del 17/2/07 a Vicenza contro la base Dal Molin, ma ho voluto esserci il 15 dicembre, dopo aver saputo che si stava preparando un tentativo autoorganizzato d’occupazione della base.
Ho voluto esserci anche perché questo tentativo me ne ha ricordato un altro accaduto il 18/05/1986, di cui scriverò in seguito.
Ai giorni nostri non c’è movimento, gruppo, partito, governo o banda di criminali legalizzati che non abbia scritta sulla propria bandiera la parola pace.
Di pace parla il governo italiano (oggi centro-sinistra, ieri centro-destra) nel momento di inviare in Jugoslavia, Kosovo, Albania, Iraq, Afghanistan… i suoi carri armati; di pace parla il governo israeliano, mentre massacra uomini, donne e bambini; di pace parlano i governi degli Stati Uniti e Gran Bretagna (l’operazione Enduring Freedom è solo un esempio); di pace parlano anche milioni di giovani e lavoratori che colorano le piazze giocando a fare i giocolieri, ballando al ritmo dei tamburi, mentre in paesi lontani si balla per schivare le pallottole dei cecchini o saltando su mine anti-uomo di fabbricazione italiana, sotto i bombardamenti di aerei partiti da basi occidentali… proprio come quella che sarà il Dal Molin, se non riusciremo a fermarla. E a ben pensarci, potremmo facilmente comprendere come questa cosiddetta pace non sia altro che la forma concreta e duratura del conflitto armato imperialista, tanto che si potrebbe ben dire, parafrasando un vecchio motto: se vuoi la guerra, prepara la pace.
I movimenti pacifisti portano, oggi come ieri, sulle proprie spalle la gravissima responsabilità di essere la punta avanzata dello schieramento che si batte per la conservazione della situazione sociale così com’è.
Agitando lo spettro della guerra al “terrorismo”, dell’emergenza immigrati, ecc., il potere fa leva sui più atavici sentimenti di paura della gente per non farla pensare alle enormi spese militari e ai crimini che lo Stato stesso commette, oltre frontiera come al proprio interno (vedi CPT, mattanza a Genova ’01, 41bis).
Come si fa a non pensare che la costruenda base USA di Vicenza sarà fucina di morte d’intere popolazioni inermi? E se si arriva a mettere insieme questo pensiero, come si può credere che possano bastare 1-10-100 cortei-sfilata a fermare questi lavori? Sfilate magari a braccetto con alcuni partiti di governo che, con la loro presenza sotto forma di bandiere rette da militanti di base più o meno ingenui, portano il loro contributo al rafforzamento di quel sistema di potere che ha creato e che incrementa gli arsenali atomici, che avalla lo sterminio d’intere popolazioni.
Voglio dirlo ben chiaro: i migliori alleati degli Stati guerrafondai sono proprio coloro che li contestano senza metterne in discussione l’esistenza, perché in questo modo avallano la criminalizzazione di una possibile alternativa all’interno delle lotte in corso.
Alternativa che il 15 dicembre a Vicenza poteva essere rappresentata dalla deviazione del corteo in direzione dell’aeroporto Dal Molin perché… se non quel giorno, quando?
Deviazione già praticata a Trino Vercellese il 18 maggio del 1986 quando, nel corso di una manifestazione antinucleare, il corteo si spaccava in due tronconi distinti. Da una parte le forze politiche istituzionali, le associazioni in difesa dell’ambiente e i comitati per la pace. Dall’altra, un grosso troncone del corteo decideva d’imboccare la strada che portava ai cantieri della centrale nucleare.
Quel giorno, anche se l’occupazione non riuscì, si evidenziò la diversità di contenuti, di metodi e di modi di rapportarsi contro i signori della morte. Diversità che si concretizzò cinque mesi dopo, allorquando, durante il corteo del 10 Ottobre, uno spezzone autoorganizzato distrusse le strutture (ruspe, escavatrici, trivellatrici, containers) presenti all’interno del cantiere della centrale nucleare in costruzione, esprimendo la volontà di opporsi ai progetti di morte e di terrore dello Stato e del capitale e di rompere l’immagine della manifestazione simbolica, programmata in ogni suo dettaglio dalle forze istituzionali organizzatrici, in accordo con l’ENEL e gli enti locali. Inoltre, con il cospicuo lancio di uova di vernice avvenuto davanti al Municipio di Trino Vercellese, aveva voluto manifestare il rifiuto di delegare la lotta antinucleare alle istituzioni e ai loro complici.

“le occasioni non ci fanno essere ciò che siamo, ma mostrano chi siamo” (Mme de Longueville)
Il 15 Dicembre si è persa un’occasione, ma altre non mancheranno di certo. Anche perché i progetti terroristici degli Stati non si limitano a Vicenza e a Novara (base di assemblaggio per gli sterminatori F35), ma continuano con le opere di devastazione dei territori e saccheggio delle risorse (TAV, Bre.be.mi., Expo 2015, inceneritori, discariche e nefandezze simili).
E allora, forse, chi in buona fede ha tirato dritto quando veniva invitato a deviare il percorso, chi ha tradito gli accordi precedentemente presi cedendo alle minacce mafiose dei capi disobbedienti, chi ha deciso di accodarsi alla “volontà popolare dei vicentini”, chi si era illuso del conflitto annunciato per poi vederlo spettacolarizzato e cogestito con la questura… forse la prossima volta farà da sé.
Certo, le difficoltà che ci troveremo di fronte saranno enormi, sia dal punto di vista organizzativo che da quello difensivo, ma tra la scelta di affrontarle e quella di nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, vi è un’enorme differenza: la stessa che passa tra una confortevole illusione ed il testardo sogno ad occhio aperti.

2/1/08 un antimilitarista milanese

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