07/12/2007: IL TAVOLO SUL NUOVO MODELLO CONTRATTUALE. Un altro passo verso il modello sindacale aziendalistico e corporativo
Lo stesso giorno in cui il governo decideva di porre la fiducia sul Protocollo Damiano su pensioni e mercato del lavoro, ripristinando la versione sottoscritta il 23 luglio 2007 con l’aggiunta del job on call (lavoro a chiamata) per i lavoratori dei settori turismo e spettacolo, si avviava il confronto tra i massimi dirigenti del padronato e della burocrazia sindacale per la modifica del modello contrattuale concertativo, in vigore dal 23 luglio 1993.
E cosi il 27 novembre significativamente nella foresteria di Confindustria a Roma è stato predisposto il tavolo del confronto che ha visto seduti da un lato il presidente di Confindustria, Cordero di Montezemolo, il vicepresidente, Alberto Bombassei, il direttore generale, Maurizio Beretta, e dall’altro i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Il coinvolgimento del governo e delle altre organizzazioni avverrà in un secondo momento, la Confcommercio si è detta disponibile e interessata. Intanto la fiducia accordata al governo da parte de La Sinistra (Prc, Pdci, Sd e Verdi) sul Protocollo Damiano avvia il depotenziamento del Contratto nazionale di lavoro.
La posizione di Confindustria e dei sindacati concertativi
I dirigenti di Confindustria si sono presentati al tavolo portando il documento elaborato dalla loro giunta nel settembre 2005 (vedi l’articolo di approfondimento sul numero di novembre 2005 di Progetto Comunista) e ribadito la richiesta di una maggiore flessibilità sull’organizzazione del lavoro, sull’orario e sul salario. In particolare per Confindustria è necessario che nel salario diventi preponderante la parte variabile, cioè quella legata all’andamento dell’azienda, rispetto alla quota fissa stabilita dalla contrattazione nazionale. Da qui la volontà confindustriale di procedere verso un forte ridimensionamento del Contratto nazionale di lavoro, il quale nella parte economica si limiterebbe a recuperare l’inflazione programmata, mentre la contrattazione aziendale recupererebbe una parte di produttività.
In definitiva il padronato mira ad un aumento del tasso di sfruttamento della forza lavoro attraverso l’incremento del plusvalore. Un indirizzo condiviso dal governo e rafforzato dalla triennalizzazione della parte economica dei contratti.
Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha dato un giudizio positivo sull’avvio del negoziato da cui sarebbe emersa la necessità di procedere su quattro questioni: “la riforma degli enti previdenziali; la riduzione fiscale a partire dal lavoro dipendente; la semplificazione del numero dei contratti di lavoro e il rafforzamento del secondo livello di contrattazione (...) in armonia con il protocollo sul welfare”.
Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha sottolineato la positività dell’incontro che si propone di “dare una prospettiva al sistema contrattuale capace di suscitare maggiore produttività e maggiore salario”, sottolineando l’impegno congiunto con Confindustria per “ottenere un fisco più basso, sia nel secondo livello che nelle detrazioni”, non dissimile il giudizio del segretario della Uil, Luigi Angeletti.
La questione salariale e i contratti
La presenza di una "questione salariale" nel Paese è ormai evidenziata da diverse pubblicazioni (Eurispes, Ires, Istat) e perfino dai vertici di Bankitalia, ma quello che non si dice è che tale questione è strettamente correlata con il modello contrattuale concertativo: dal 1993 a oggi infatti le retribuzioni lorde a stento recuperano i livelli di inflazione reale, infatti l’inflazione programmata sulla cui base si presentano le piattaforme è notoriamente inferiore a quella reale (l’Ires calcola uno scarto di sei punti nel 1994-1996 e uno scarto di quattro punti nel 2001-2004); non sono recepiti gli aumenti di produttività se non in minima parte; il rinnovo dei contratti avviene con un ritardo crescente; il fiscal drag non è stato mai restituito; la precarietà introdotta con il pacchetto Treu e con la legge Biagi ha fatto infine il resto.
In sintesi possiamo affermare senza ombra di dubbio che le piattaforme sindacali presentate alle controparti padronali, proprio in obbedienza al metodo concertativo sono state assolutamente inadeguate e insufficienti a garantire un reale recupero del potere d’acquisto dei salari.
La contrattazione aziendale, che il nuovo modello contrattuale vorrebbe rendere centrale, copre appena il 25% delle imprese, dove avviene la contrattazione del “premio di risultato”; d'altronde l’83% del tessuto produttivo italiano è fatto di piccole imprese dove non c’è contrattazione, non c’è rappresentanza sindacale e non ci sono diritti e tutele. Il secondo livello presuppone un accordo sugli obietti aziendali che solo se raggiunti, parzialmente o totalmente, prevede un ritorno economico per i lavoratori, il premio di risultato. Questo è salario variabile, soggetto sempre a contrattazione, che per il meccanismo dato subordina i lavoratori agli obiettivi aziendali.
Intanto i contratti non vengono rinnovati, l’Istat segnala la presenza di ben 32 contratti di categoria scaduti, il cui ritardo medio di rinnovo è superiore a tredici mesi (nell’artigianato di ben 7 anni), una massa di 7,2 milioni di lavoratori di varie categorie (metalmeccanici, ferrovieri, dipendenti pubblici, bancari, lavoratori del commercio, lavoratori addetti alle pulizie, ecc). A fronte di questa grave situazione il rapporto Istat del 26 settembre 2007 segnala come gli scioperi legati al mancato rinnovo dei contratti nel periodo gennaio-agosto 2007 sono crollati del 46,7% rispetto allo stesso periodo del 2006, effetto congiunto del “governo amico” e della politica sindacale concertativa.
Tre esempi chiariscono il quadro politico sindacale: la proposta di Federmeccanica per il rinnovo del contratto dei meccanici esplicita il senso del “rinnovo del modello contrattuale” discusso al tavolo tra Confindustria e sindacati concertativi: 66 euro per il rinnovo del contratto nazionale e 33 euro legati alla flessibilità da conquistare a livello aziendale; la piattaforma del commercio con la richiesta di appena 78 euro al quarto livello è espressione di una piattaforma che sul piano salariale non recupera né l’inflazione né la produttività; la Finanziaria 2008, per il contratto dei dipendenti pubblici in scadenza a fine anno, prevede per il biennio 2008-2009 soltanto l’indennità di vacanza contrattuale, sancendo l’avvenuta triennalizzazione.
La necessità di un forte sindacato di classe e di un forte partito comunista
La piena realizzazione del nuovo modello contrattuale necessariamente accelererà il processo di costruzione del sindacato aziendalistico e corporativo, il cui processo di unificazione in una sola confederazione passa attraverso la soluzione del problema degli... esuberi che si verrà a determinare nella burocrazia sindacale di Cgil, Cisl e Uil: probabilmente per una lunga fase assisteremo a un sindacato aziendalistico e corporativo unico e trino, come la santissima trinità.
Questo processo ha subito un’accelerazione con la formazione del Partito Democratico e sopratutto in Cgil fa sentire i suoi effetti: qui le minoranze di sinistra subiscono una crescente repressione, qualcosa che ricorda l’esperienza vissuta in Cisl negli anni Ottanta dalla sinistra Fim di Tiboni. Questo spiega in parte perché Giorgio Cremaschi, seppur con notevole ritardo e in modo contraddittorio, alla fine ha accettato la necessità di strutturare la Rete 28 aprile in Cgil. Quest’area sindacale oggi fa parte di una maggioranza di centrosinistra nella Fiom ma è in minoranza nelle altre categorie. La sua prospettiva nell’immediato è pertanto strettamente legata alla tenuta dell’attuale maggioranza in Fiom Cgil e alla presentazione di un documento alternativo al prossimo congresso della Cgil.
Se la strutturazione della sinistra in Cgil è un fatto importante, nel contempo non è sufficiente, riteniamo infatti necessario l’avvio di un processo di unificazione nel sindacalismo di sinistra. In quest’ambito il sindacato con maggiore radicamento è la Cub Rdb, cui principalmente, quindi, spetta il compito dell'aggregazione del sindacalismo di sinistra: indipendente dai governi e dai padroni, democratico nella sua struttura organizzativa, dove sia garantito il diritto al dissenso pubblico alle aree programmatiche politico-sindacali che si vogliano costituire.
Un processo di unificazione che, con i dovuti passaggi, in prospettiva deve coinvolgere tutto il sindacalismo di sinistra, ovunque collocato, fino alla costruzione di un forte sindacato di classe unificato. Ma fin da subito, a partire dalla necessaria unità nelle lotte, le organizzazioni sindacali di sinistra devono costruire un argine al piano inclinato su cui stanno rotolando i salari, i diritti e le tutele dei lavoratori. Un processo dialetticamente connesso alla costruzione di un forte partito comunista, un lavoro in cui sono già impegnati i militanti del Partito di Alternativa Comunista.
3/12/2007
di Antonino Marceca
Partito di Alternativa Comunista
Lega Internazionale dei Lavoratori - Lit
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