24/11/2007: Lettera dal carcere di Bologna
Alle compagne e ai compagni di Lecco
Voglio ringraziarvi con tutto il calore possibile per la solidarietà che mi/ci avete espresso.
La solidarietà non è una lettera, un comunicato, una scritta su un muro e nemmeno una vetrina infranta. È un’arma che terrorizza il potere e i suoi servi; è un fuoco che senti dentro e ti aiuta a essere libero anche quando sei rinchiuso; è un’emozione che non si lascia fermare da un muro né dalle sbarre. Lo capisco ora, che per la prima volta mi vivo il carcere dall’altra parte… dalla parte più brutta. Essere anarchici ha un prezzo e a volte il prezzo è questo.
Non sono e non siamo qui per caso. L’abietto e insopportabile esistente in cui tutti viviamo si regge su orrori che nessuna parola può descrivere: i reparti “diagnosi e cura”, dove molti vivono per decenni senza capire, la sperimentazione di miscugli di farmaci su persone che vivono legate a un letto, l’ergastolo, il 41 bis, i bombardamenti di città lontane, i lager per gli immigrati, le deportazioni (in particolare quelle verso i lager libici, o le recenti deportazioni di persone che hanno documenti in regola e non hanno commessi reati, a discrezione insindacabile del questore), le celle delle questure dove la gente attende per giorni di conoscere il proprio destino mentre vomita o chiede il metadone, la vivisezione, gli allevamenti dove tanti animali soffrono una vita intera (a volte per essere mangiati, più spesso per marcire in un magazzino)…
Tutto questo deve sparire. Ogni secondo di ritardo è intollerabile. Non esistono alternative alla guerra sociale.
Con amore e rabbia brucianti,
per la libertà totale di ogni essere vivente,
vi abbraccio
La Dozza, 6/11/2007
(Un giorno uguale agli altri in un luogo invisibile)
Fede
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