19/11/2007: Denuncia situazione FIAT Melfi


Denunciamo il clima fortemente repressivo instaurato dentro e fuori dei cancelli alla Fiat di Melfi, rafforzato dopo le perquisizioni del 16 ottobre per 270bis e 272 cp ai danni di alcuni operai dello stabilimento lucano, immediatamente licenziati dalla direzione.
La presenza di una volante dei carabinieri presidia lo spiazzale antistante l’ingresso durante il cambio turno, per intimorire i lavoratori ed impedire che vengano diffusi materiali di propaganda antipadronale e testi sindacali “non allineati”.
Sembra che la fabbrica stia diventando un carcere! Viene costantemente vietato il diritto all’organizzazione e alla contestazione in maniera direttamente proporzionale all’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro per lo sporco profitto dei padroni!
La bocciatura del protocollo del 26 luglio allo scorso referendum è la riprova che i metalmeccanici alzano la testa anche qui, tra le campagne e le brulle vallate della Basilicata, dove fino a qualche tempo fa era facile, in cambio del posto di lavoro, imporre la rassegnazione e il silenzio.
La Fiat di Melfi è tra gli impianti industriali più grandi e importanti d’Europa e la concentrazione di una classe operaia combattiva risulta molto pericolosa.
Ma la nostra denuncia va anche e soprattutto contro i vertici sindacali e i loro lacchè nelle fabbriche che, come veri cani da guardia e unici infiltrati tra le fila della classe operaia, stanno all’erta per rapportare alla direzione la presenza di “teste calde”, cioè lavoratori combattivi che difendono la propria vita e i loro diritti.
Di che cosa hanno paura?
Dopo gli arresti di 14 lavoratori lo scorso 12 febbraio, tra cui 6 delegati sindacali della Cgil stimati dai loro colleghi per la loro integrità nelle lotte, tutti i sindacati hanno mostrato la ferma determinazione a non accettare più alcuna contestazione alla linea delle loro organizzazioni. A dare ferma battaglia contro chi li considera la vergogna del paese.
Non riuscendo neanche più a fare da pompieri per spegnere i focolai della mobilitazione antipadronale, hanno paura che i lavoratori si dotino di proprie forme di lotta e di autentiche organizzazione di classe. Per questo, con governo e padroni, hanno deciso di ritrovarsi uniti sulle parole d’ordine “controllo e repressione”.
Ma anche durante il fascismo, quando la crisi e la guerra imponevano di rispondere agli scioperi con il massacro, l’arresto e la deportazione delle avanguardie di lotta nei campi di sterminio, la classe operaia riuscì a dotarsi di una propria organizzazione e col Partito Comunista diede inizio alla Resistenza. Oggi la regola è “prevenire”, ma questo li smaschera, se ce ne fosse ancora bisogno, e non riuscirà a impedire la nuova resistenza popolare.

Solidarietà agli operai di Melfi!
Con chi alza la testa contro oppressione e sfruttamento!
Senza libertà non ci sarà mai pace!

14 novembre 2007
Centro di documentazione Filorosso – Foggia
Via miracoli, 11 – 71100 FG

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