17/10/2007: Mobilitarsi per salvare una vita, mobilitarsi per difendere un’idea
Ci vantiamo. Di essere democratici, liberi, giusti. Di essere coloro che nel mondo difendono i valori della giustizia e dell’uguaglianza, dell’umanità e della civiltà. Ci vantiamo di difendere uomini e animali da cose come la sofferenza, la tortura, la morte. Ci vantiamo. Di essere coloro che per primi sono riusciti a superare lo stadio della bestialità più cieca e che hanno portato l’umanità tutta a toccare vette di civiltà mai raggiunte. Che hanno dischiuso all’essere umano le porte dell’infinito, qualunque contenuto si voglia dare a questa parola.
Ci vantiamo chi? Io? Tu? Quelli? Gli altri? Chi è che si vanta? Ovviamente coloro che della terra hanno fatto una gabbia. Coloro che della vita hanno fatto una risorsa. Che della libertà hanno fatto un affare. Che della giustizia hanno fatto un punto di vista, della democrazia una questione di pochi, dell’umanità un capitale.
Sono essi che, quasi increduli di fronte a ciò che quotidianamente fanno patire ai loro simili, tentano di dissipare con la menzogna ripetuta costantemente (tecnica nota nel mondo del marketing e della comunicazione come profezia che si autoavvera) la realtà di ciò che sono, di ciò che le nostre società sono diventate. Di ciò che, essi sperano, tutti noi presto o tardi diventeremo. Ovvero degli insensibili, degli indifferenti, individui che qualunque cosa succeda risponderanno invariabilmente: «Me ne frego!» Essi, appunto, lo sperano. Ma lo sperano in un modo tutto particolare, in una maniera totalmente attiva: fanno di tutto per farci diventare come loro. O meglio, quasi come loro. Perché di sicuro non vogliono che tutti noi abbiamo i loro privilegi. Le loro ricchezze. Le loro impunità. Perché altrimenti saremmo tutti uguali e a quel punto che senso avrebbe tanta fatica? Così si accontentano di indicarci di volta in volta il nemico da odiare e l’amico da temere, ciò che dobbiamo rispettare e ciò che dobbiamo disprezzare, quello che dobbiamo mangiare, bere, comprare, consumare. Quello che ci fa bene e quello che ci fa male. E siamo sempre liberi di scegliere, perché loro vendono tutto. A volte lo fanno da politici, prospettando sacrifici necessari e guerre umanitarie. A volte lo fanno da sacerdoti, decantando beatitudini e cantando perfezioni. A volte lo fanno da imprenditori vantando le loro merci e promettendo piaceri.
Sempre, comunque, lo fanno da mercanti, vendendo illusioni e spettacoli con l’unico scopo di accecarci e tenerci distratti dalla vera realtà. Chi non si lascia abbindolare da tutta questa fantasmagoria è sorvegliato. È spiato, indagato, perquisito, arrestato. Al meglio, è intimidito alla minima avvisaglia di mutamento d’umore. Sempre è criminalizzato, additato al pubblico orrore, accusato delle peggiori nefandezze. Anche se prove non ce ne sono. Anche se non c’è alcun minimo indizio materiale. Perché l’indizio è dato solo dal non essere ciechi, dal non essersi fatti rincretinire dal capitalismo. Basta essere una persona che pensa per essere sospettato. Se poi si hanno delle “idee non conformi allo spirito dell’epoca”, allora i sospetti diventano certezze. Allora si diventa terroristi. Automaticamente. Altrettanto automaticamente si viene rinchiusi, processati (se si è fortunati), condannati. La base giuridica dei reati d’opinione è tutta qui. Le legislazioni speciali adottate (o aggravate) in tutto il mondo su iniziativa e imposizione degli Stati Uniti d’America per quanto riguarda i reati cosiddetti di terrorismo trova la sua ragione d’essere solo in questo. Non importa dove vivi, cosa fai, quale divinità adori, che macchina guidi o che bevanda bevi. Importa che tu pensi che la Democrazia Capitalista sia la migliore e unica forma di governo possibile. Importa che aspetti che le democrazie capitalistiche riescano a convincere i dittatori del tuo paese, i tuoi torturatori, gli aguzzini del tuo popolo, che conviene diventare democratici. Che, in fondo, non importa quale faccia appare al governo e quale all’opposizione, ma che i governanti la pensino tutti allo stesso modo. Che, qualunque nefandezza abbiano commesso in passato, quando saranno democratici basterà che si mostrino un po’ pentiti, che accusino la giovinezza e “lo spirito dei tempi” (quello di allora, ovviamente), e perché no?, che chiedano pubblicamente scusa. E tutti amici come prima. Ma se solo provi a dire che così non è allora sei un sobbillatore. Se pensi che sia giusto fare qualcosa per cambiare questa situazione allora sei un sovversivo. Sei diventato, senza quasi rendertene conto un pericoloso terrorista. Questo è ciò che può succedere ad ognuno di noi ogni giorno, solo che ci fermiamo un attimo a riflettere sull’andamento delle nostre vite.
Questo è ciò che è successo al compagno Avni Er , condannato da un tribunale italiano a sette anni di carcere per terrorismo, in quanto simpatizzante del movimento comunista turco DHKP-C. Solo perché si occupava di diffondere in Europa le notizie e le prove sulle torture, gli omicidi, gli arresti arbitrari, i massacri nelle carceri, i trattamenti disumanizzanti delle celle di tipo F riservate agli oppositori politici, lo sterminio delle minoranze, compiuti nel suo paese dai dittatori di ieri che hanno intrapreso da tempo il cammino per diventare i democratici di domani, ma che non possono permettersi di lasciare testimoni scomodi in giro. Così si sono accordati con i nemici di ieri (gli ex-comunisti italiani) che sono fra i migliori amici di oggi e di domani perché fosse catturato con una operazione che ha visto coinvolti direttamente sul territorio italiano i servizi segreti turchi (qualcuno ricorda i Lupi Grigi?).
Ora, dal momento che in Italia non c’è la pena di morte, si apprestano ad ottenere per Avni l’estradizione in Turchia. Dove sarà più agevole torturarlo, ma dove verosimilmente non arriverà mai vivo. E noi? Che faremo? Staremo ancora una volta a guardare mentre i nostri oppressori uccidono un altro dei nostri compagni? Ci volteremo dall’altra parte mentre gli aguzzini turchi e italiani giocheranno con la vita di un nostro fratello? Ci indigneremo insieme ai suoi assassini quando sarà soltanto carne morta? Oppure riusciremo a trovare un fioco barlume di luce che guidi le nostre coscienze verso l’azione? Riusciremo ad andare oltre il contingente della quotidianità per immedesimarci in ciò che la Storia pretende da noi? Sentiamo le voci di chi finora si è sacrificato per un’idea ripeterci: combatti, fratello!? Se riusciremo a sentire tutto questo, forse riusciremo ad incontrarci oltre il passo della montagna di piccole differenze che ci dividono. Allora, lì, dall’alto delle nostre differenze riusciremo a contemplare il sole dell’avvenire sorgere sull’infinito mare delle uguaglianze che ci uniscono.
E sigo sempre gai, e mai mi rendo;
e cando bat bisonzu mi difendo.
Comitato permanente contro la repressione Nuoro
CONFERENZA STAMPA PER TUTTI I COMPAGNI E PER TUTI GLI INTERESSATI IL 27/10/07 ALLE ORE 10:30 C/O IL TRITTICO IRONICO V.LE SARDEGNA NUORO (di fronte al distributore)
lasolidarietaeunarma@libero.it
http://www.autprol.org/