31/08/2007: Avni Er: condannato a morte dalla giustizia italiana


Le parole attraversano i catodi della comunicazione. Invadono le strade, le case, gli uffici, i locali, le terrazze che si affacciano su questo mondo che, per quanto ingiusto, amiamo. Per poterlo cambiare.
L'era telematica offre lo spunto per conoscere e far conoscere. Per avvicinare gli uni agli altri. Finanche per materializzare l'atomismo di una società satura di parole date e tradite.
All’ingiustizia e ai torti non ci si dovrebbe mai fare il callo.
Per questo richiamiamo l'attenzione su uno dei tanti drammi che costellano il quotidiano vivere cittadino. Poiché Badu 'e carros, piaccia o meno, è parte di Nuoro.
Avni Er è un detenuto turco, condannato in Italia e rinchiuso nel carcere di Nuoro, per ciò che ha fatto in Turchia. Ovvero per aver osato resistere ad un regime dispotico e tiranno.
Una legge scellerata e politica, vuole la sua organizzazione annoverata tra quelle "terroristiche internazionali". Sebbene essa, il DHKP-C, non abbia mai dichiarato guerra ad alcuno che non fosse il governo turco, l'Italia ha visto bene di essere accomodante e solidale con uno dei suoi partner commerciali più promettenti e fidati, condannando Avni a 7 anni di detenzione con l’accusa (art. 270 bis) di far parte di una organizzazione finalizzata al “compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo ed eversione internazionale”. Nonostante, di fatto, tutte le azioni di lotta siano state compiute in territorio turco e contro obbiettivi turchi (militari e politici, mai civili).
Questo perchè la Turchia non è esattamente il tipo di democrazia in cui alcuno di noi vorrebbe vivere. L'Europa stessa ha negato la sua adesione all'UE (anche) per la sistematica violazione dei diritti umani e civili; per l'uso della tortura come strumento di repressione politica; per il genocidio ai danni del popolo Kurdo. Eppure, nonostante tutto, l'Occidente democratico e liberale che riconosce gli orrori del regime turco, disconosce contemporaneamente l'azione di chi ai suoi soprusi reagisce. Avni è "terrorista" nella misura in cui lo sono tutti i Partigiani che, da via Rasella a Piazzale Loreto, hanno sofferto e lottato per una Liberazione che, alfine, è arrivata. Siamo sicuri che se un tribunale straniero avesse processato Marisa Musu e compagni, la destra fascista si sarebbe compiaciuta, come le autorità turche lo sono della collaborazione della magistratura italiana. Avni, ora, rischia l'estradizione. Ad attenderlo, in Turchia, l'ergastolo e la tortura. Le stesse condizioni detentive che, Amnesty International denuncia da sempre e che solo pallidamente film come "Fuga di mezzanotte" riescono ad evocare.
Per far si che ciò non accada è necessaria una presa di posizione che vada al di là della semplice solidarietà verso chi è colpito dall’ingiustizia. Perché se si accetta il principio che due sistemi giuridici, quali quello italiano e quello turco, basati su principi e pratiche totalmente diversi nei confronti del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e della persona siano pari a livello dei rapporti internazionali non si fa altro che abbassare il livello di garanzia giuridica offerto dal sistema italiano ed europeo in genere (non considerando il sistema giuridico anglosassone dove l’individuo è valutato…). Non si fa altro che ammettere la superiorità di un sistema che, deridendo i nostri principi di uguaglianza e garanzia giuridica, impone ad uno Stato Sovrano (?) di rinunciarvi coscientemente in cambio di chissà quali innominabili vantaggi.
Per dare speranza ad Avni e a tutti coloro che non smettono di sognare è necessaria una massiccia mobilitazione che scuota le coscienze e illumini questo Stato sempre meno di Diritto. Che richiami anche i potenti, Ministro di Grazia e Giustizia in primis, al rispetto dei valori giuridici fondanti delle nostre società, affinché l’eccezione, quando non il palese abuso delle pieghe normative e dei cosiddetti “supremi interessi nazionali”, non diventi anche qui pratica quotidiana di oppressione e strumento politico di “prevenzione attiva” del dissenso. Perché Avni è un prigioniero politico, un partigiano, un combattente per la libertà. Contro la sua deportazione nell'inferno turco bisogna organizzarsi e lottare. Perché le nostre società non diventino anche di Diritto delle democrazie aristocratiche (il governo dei migliori, come vorrebbe la carta costituzionale dell’Unione Europea), ma garantiscano l’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini e l’intangibilità della loro persona anche in caso di condanna. Perché dei problemi politici di una società non ci si può liberare delegando ad altri il lavoro “sporco”, come si cerca di fare in questo caso e come è stato fatto in altri (vedi Abu Omar…).
Non vi chiediamo dunque di lottare per la liberazione di Avni Er, vi chiediamo di lottare per la sua vita. Semplicemente. Perché ciò significherà lottare per la vostra.

Comitato Permanente Contro la Repressione – Nuoro

E sigo sempre gai, e mai mi rendo
E cando bat bisonzu, mi difendo.

http://www.autprol.org/