27/07/2007: L'inferno di poggioreale raccontato in tre lettere
Il carcere Poggioreale di Napoli è diviso in sezioni che si chiamano Padiglioni. Ogni Padiglione ha il nome di una città. Queste tre testimonianze di persone detenute raccontano l’inferno in tre Padiglioni di Poggioreale.
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1° Padiglione, l’Avellino: "Alle 10 di mattina di un anno fa sono entrato nel carcere di Poggioreale. Era la mia prima detenzione. Non pensavo esistesse un posto così. Ho passato 10 ore tra foto segnaletiche, impronte e perquisizioni corporali. Volevo piangere, ma non ci riuscivo. Un umiliazione continua. Mentre aspettavo ho visto un ragazzo di colore essere menato solo perché puzzava. Tremavo. Alle 10 di sera sono entrato nella mia cella del Padiglione Avellino.
Stavo male e ho chiesto un’aspirina. L’agente si gira e mi fa: "Fatte ‘a galera!". Era il benvenuto a Poggioreale. Il padiglione Avellino è il più nuovo. Quello che fanno vedere ai politici. Le celle sono migliori e c’è pure la doccia. Un lusso nell’inferno di Poggioreale. Dentro quella cella stavamo in 6. Bella la cella sì. Ma sempre chiusi stavamo. 22 ore chiusi. E ora che fa caldo è una vera sofferenza. Si dice che quando stai in carcere stai al fresco, ma noi stavamo in un forno! La cella era infuocata, per un po’ di fresco ci buttavamo l’acqua in testa e basta. La notte, ci chiudevano pure la porta di ferro (il blindato) e non si respirava più. Senza corrente d’aria era da impazzire. E non riesci a dormire, ti giri sulla branda che diventa sempre più bagnata dal sudore. C’è chi protesta, chi urla, e lì so botte. La scena è sempre la stessa. Arrivano 4 agenti ti prendono, ti portano nelle celle di sicurezza per menarti. Le botte sono entrate anche nella nostra cella. È successo che il Napoli è andato in serie A e noi abbiamo urlato dalla gioia. Dopo un po’ sono arrivate le guardie. Erano in 4, a volto coperto. Uno alla volta ci hanno preso per portaci giù. A me mi fanno: "Tu tifi Napoli?" e io: "Sì!". Primo ceffone. Poi il secondo, il terzo. Non mi sono più alzato.
Ma non solo. Quando andavamo all’ora d’aria dovevamo camminare con le mani dietro la schiena, rasenti al muro (mai camminare al centro del corridoio) e a testa bassa. Se non facevamo così erano botte. O, se hai fortuna ti urlavano: "Le mani dietro capito! Non la sai l’educazione?". Ma perché quella era educazione! Così ogni giorno.
Ora vivo in uno scantinato con mia moglie. Siamo in tanti a vivere così. Ma questa è una Napoli che non dicono, come le botte nella cella "migliore" di Poggioreale."
Enzo
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2° Padiglione, il Roma: "Ho lasciato da poco un sovraffollamento esagerato, quello dei celloni del Padiglione Roma di Poggioreale. L’indulto in quei celloni è una parola e basta. Stavamo ammassati. 18 detenuti dentro la stessa cella. 18 detenuti e un solo bagno. Il bagno è una tazza e un lavaturo, come lo chiamiamo noi. Che è un lavandino più grande. Il bidè non c’era. Noi ce lo facevamo con delle bacinelle che compravamo noi. Perché il carcere ti da solo ‘u uacillo, ovvero un secchio che secondo loro servirebbe a lavare 18 persone. Noi 18 detenuti stavamo chiusi in cella per 22 o 23 ore al giorno. È una cosa di oggi questa, non è ‘u medioevo. Adesso chi è rimasto lì dentro dorme, come c’ho dormito io, su letti a castello a 4 piani, che l’ultimo sta come in una cassa da morto. E siccome i letti a castello sono alti bloccano pure la finestra della cella, che non si può più aprire. Ora che fa caldo si muore in quella cella di Poggioreale. Io ne ho viste tante in vita mia, ma quello è un inferno. Si vive in condizione disperate e non s’immagina che può succedere lì dentro.
Qualche giorno fa, poco prima che uscissi, un ragazzo per la disperazione s’è spaccato la testa contro un armadietto della cella. Chi sa che fine ha fatto. In un posto così sopravvivi solo per istinto, o per la famiglia. Ma c’è chi non resiste. Capitava che di notte qualcuno di noi urlava. Allora gli altri cercavano di calmarlo perché sapevamo cosa sarebbe successo. Puntuali infatti arrivavano le guardie, se lo prendevano e lo riempivano di botte. Io una volta sono stato messo in isolamento, perché non avevo abbassato il volume della tv. M’hanno lasciato in mutande, dentro una cella senza materasso, per tre giorni. Da solo, con gli scarafaggi a farmi compagnia. "L’uomo esce animale da Poggioreale!"
Carlo
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3° Padiglione, il Napoli: "Tre giorni fa sono uscito da Poggioreale. Stavo nel Padiglione Napoli. In quattro eravamo in cella. Una cella piccola, che era la nostra vita. Lì dentro ci passavamo tutto il nostro tempo. Tranne che per andare al passeggio, non un’ora, ma 40 minuti la mattina e 40 il pomeriggio. A Poggioreale la rieducazione non esiste. Noi passavamo il tempo a giocare a scopa con le carte fatte da noi. Le fabbricavamo con il cartone delle sigarette, sempre della stessa marca, e nella parte bianca ci disegnavamo i segni: il cavallo, il re, l’asso. Quello facevamo. Poi arrivavano le guardie e ce le sequestravano. E noi ricominciavamo.
Un altro passatempo era ‘u dadariello, una specie di dama che si gioca a Poggioreale. Si fa con un pezzo di lenzuolo disegnato e si gioca usando i tappi delle bottiglie come pedine. Anche quello ci sequestravano, e noi ricominciavamo. Le docce stavano fuori dalla cella e la potevamo fare solo due volte a settimana. È poco col caldo che fa ora a Napoli. In più sono docce sporche, piene d’acqua sporca, tanto che noi ci portavamo i giornali per non prenderci malattie. E ti devi anche sbrigare a farti quello schifo di doccia. Un agente appena entri ti fa: "gioventù muoversi!" e sbatte le chiavi sul tavolo. Una doccia schifosa di pochi secondi.
A Poggioreale ogni occasione è buona per umiliarti o peggio ancora per menarti. Anche la conta, il momento in cui fanno l’appello in cella. A Poggioreale prima spengono le tv in tutto il piano e poi urlano "Contaaa!!". Quando entrano in cella ti devi far trovare in piedi, col pigiama, pure con questo caldo, e lo sguardo in basso.
La guardia entra ti fissa come a provocarti, e se tu alzi gli occhi, la frase è sempre la stessa: "Collega rompi a cella e scendili a abbasso!". Portano giù tutta la cella e menano. Ma le violenze non si fermano qui. C’è chi ha subito violenza quella brutta, quella non da uomo, quella di sesso. Noi lo sappiamo che ci sono quest’altre violenze. A bassa voce ci diciamo: "o sai che chello guaglione ha subito ‘a violenza".
Io ho fatto 4 anni di carcere per una bustina di erba, sono recidivo, m’hanno condannato e grazie alla legge Ciriello (leggi "legge Cirielli") il giudice m’ha dovuto dare quattr’anni per un po’ d’erba. A Napoli per certi reati ti dovrebbero dire: "vuoi faticà, o fatte 4 anni di carcere?" Invece siamo cristiani in bocca a ‘o porco!".
Mario
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