18/06/2007: DOPO LE PERQUISIZIONI E MINACCE... LE DENUNCE
Venerdì 15 giugno vengo a conoscenza di essere stato denunciato dal Maresciallo Biagioli, della Compagnia dei Carabinieri di Spoleto. A comunicarmi la notizia è stato Paolo Dorigo, compagno rivoluzionario vittima di tortura tecnologica, il quale sarebbe stato convocato dalla polizia nella sua città, Mira, per conto della procura di Spoleto, che indaga per presunta diffamazione da parte mia nei confronti del servo dello Stato.
Nei miei confronti non è stato ancora formalizzato nulla, ma sono partiti già e partiranno ancora numerosi interrogatori di “persone informate sui fatti”, come dice il gergo giuridico, ovvero di persone che hanno dato diffusione al mio comunicato sulla perquisizione, sulle violenze e sulle minacce degli sbirri spoletini, in modo da indebolire il fronte della solidarietà e insabbiare la vicenda.
Riepilogo i fatti: la notte tra il 14 e il 15 marzo, all’1,40, il Maresciallo Biagioli, con gli scagnozzi Venanzi e Mariucci, si introducevano senza mandato e senza alcuna autorizzazione nella mia casa. Per giustificare questa sgradita visita i Carabinieri utilizzarono l’articolo 103, il solo che ti permette di fare una perquisizione senza mandato, in quanto “vi era fondato motivo che potessero essere trovate sostanze stupefacenti o psicotrope” e vi era un’urgenza tale da “non poter avvertire tempestivamente l’autorità giudiziaria”. Si trattava chiaramente di una pagliacciata, dato che questa droga veniva cercata nel mio computer, nei giornali e nei volantini anarchici e nelle pagine dei miei libri, mentre ad esempio non mi fecero neanche vuotare le tasche.
Nell’occasione mi venne brevemente sequestrata la Carta d’Identità e gli sbirri mi dissero di seguirli in caserma così da verbalizzare la perquisa e riprendere il documento. In questo modo sono stato costretto ad andare in caserma, dato che i documenti mi servivano e avevo assolutamente intenzione di prendere possesso del verbale della loro irruzione, ma in caserma ci sono andato con la mia macchina, così che potesse per tutti essere chiaro che non si trattava di un fermo. Non solo, fino al momento in cui dovevo firmare il breve verbale, in cui si dichiarava l’esisto ovviamente negativo del loro finto blitz, tutto si è svolto molto tranquillamente.
Appena firmato, invece è incominciata la “festa”: Biagioli ha fatto un segno a Mariucci e in un istante la porta della stanza in cui mi trovavo è stata chiusa a chiave, mi è stato preso il cellulare per evitare registrazioni e sono cominciate le violenze. Biagioli ha esordito dicendo che sono un “pezzo di merda”, che devo stare attento a ciò che scrivo e a ciò che faccio; ha continuato dicendo che dato che sono anarchico e odio lo Stato e i Carabinieri, al prossimo incedente stradale nessuno mi sarebbe venuto a salvare la vita (avevo avuto a dicembre un incidente molto grave), che se appena uscivo dalla caserma qualcuno mi avresse massacrato di botte e preso a coltellate loro non sarebbero intervenuti, che mi avrebbe spaccato la testa lui stesso se non fosse stato un padre di famiglia. L’unica cosa che riuscii a dire, prima di essere azzittito con uno schiaffo, fu di domandare cosa c’entrassero le sue affermazioni con la droga, che se bisognava parlare di stupefacenti era un conto, se bisognava parlare di politica era un altro, e io di politica con i carabinieri non parlo. Il “bravo padre di famiglia”, ha poi continuato strappandomi gli occhiali e gettandoli sul tavolo, premendomi il palmo rigido della mano sulla faccia, prendendo le misure e simulando di spaccarmi il cranio, prendere gli occhi, lo zigomo e la bocca, come lui stesso si è vantato di saper fare con un colpo solo, evidentemente era un esperto. Poi ha ricominciato ad essere gentile, come se nulla fosse successo, augurandosi che la storia finisse li.
Per me invece non è finita affatto li e appena sono tornato a casa ho scritto un comunicato in cui parlavo della perquisizioni e minacce subite. Ho ricevuto moltissima solidarietà e ringrazio tutti di cuore. Aggiungo che il 23 marzo è stato fatto un controllo in Procura e allora era stato trasmesso solo il verbale delle perquisizione, mentre non c’era nessuna relazione su quale fosse questo “fondato motivo di trovare sostanze stupefacenti o psicotrope” o quale fosse l’urgenza tale da “non avvertire tempestivamente l’autorità giudiziaria”; insomma neanche dopo una settimana il “bravo padre di famiglia Biagioli”, aveva avuto il tempo di inventarsi il motivo della sua perquisizione urgente.
Preciso che non ho fatto denuncia, ma mi sono solo limitato a diffondere la notizia a compagni e conoscenti, perché sono anarchico e non ho nessuna fiducia nella loro giustizia. Ma ora che è stato Biagioli a denunciarmi le cose si mettono diversamente. La scarsa intelligenza dei Carabinieri, come ci insegnano quella straordinaria fonte di coscienza popolare che sono le barzellette, è venuta ancora una volta a galla. Il maresciallo Biagioli poteva rimanere a fare il “bravo padre di famiglia”, sapendo che da parte dei giornali e organi di informazione di regime non si sarebbe mai parlato di questa faccenda. Sia chiaro: se ci sarà un processo, faremo di tutto per creare il massimo di casino mediatico. Non solo, il fatto che l’episodio del 15 marzo sia il solo noto, non significa che è il solo episodio, diciamo per ora, “irregolare” dei carramba di Spoleto e del maresciallo Biagioli in particolare, anche su questi casi la mia intenzione è di gettare più fango possibile su questa gente.
Perché non ricordare la “maxi operazione” della scorsa estate dove sono state perquisite le case di decine di minorenni per ritrovare solo pochissimi grammi di fumo, ma in compenso rovinare queste persone davanti alle loro famiglie? Perché non ricordare la morte della giovane extra comunitaria che per scappare dai Carabinieri poiché clandestina, così ci hanno raccontato, si sarebbe lanciata dalla finestra di casa?
Il processo si può anche fare, si può anche perdere, anzi si perderà probabilmente, dato il modo con cui funziona la loro giustizia… Quello che conta è che passi il messaggio, culturale prima che politico, che ogni qual volta queste canaglie si permettono di introdursi nella nostra esistenza, anche se ci tolgono un solo capello, bisogna fare il possibile per rovinargli vita e carriera.
Unico problema sono i soldi, che certamente mancano, ma già molti compagni si sono messi a disposizione per cercare di aiutarmi.
Michele Fabiani
michele@anarchaos.it
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