13/06/2007: LOTTA AD OLTRANZA AL FASCISMO SINDACALPADRONALE NEI POSTI DI LAVORO
Tre settimane fa i lavoratori di un turno della Tiberina, azienda tra le più piccole dell’indotto di Melfi, hanno scioperato contro la gestione sindacalpadronale delle assunzioni, dei ritmi di produzione e del salario.
La protesta ha disturbato il tavolo di “discussione” tra rappresentanti padronali e vertici sindacali che hanno cercato con ogni mezzo di isolare i ribelli e dividere i lavoratori, preoccupati in particolare per un gruppo di operai che hanno preso la parola facendo sentire le loro ragioni e la determinazione a non voler restare più fuori dalle decisioni.
Le condizioni lavorative delle aziende dell’indotto melfitano sono a dir poco disumane.
I lavoratori, assunti in stragrande maggioranza col secondo livello, sono costretti a ritmi produttivi super elevati con straordinari su straordinari per un salario da fame, grazie a contratti territoriali che spesso non fanno distinzioni tra giorni feriali, pre-festivi e festivi.
Condizioni che, ovviamente, peggiorano per l’esercito degli interinali che pur di lavorare accettano ridicoli contratti il più delle volte soltanto giornalieri.
Tutto questo con il beneplacito dei capoccia del sindacato, in special modo confederali, che al sud dimostrano più che mai la loro natura mafiosa gestendo in società con i padroni e partiti istituzionali le assunzioni in maniera clientelare e che in tutto il paese oggi acuiscono sempre più il clima dittatoriale nei posti di lavoro.
Escludono ancor più dalle decisioni RSU seri ed onesti, soprattutto i giovani, e intralciano con ogni mezzo voci di dissenso non compromesse nella mafia sindacale.
Ad ogni focolaio di lotta che intacca la pace concertativa, partono i ritiri delle tessere e sempre più frequentemente i licenziamenti delle avanguardie.
Esemplare è l’accanimento dei capi confederali nei confronti dei sei delegati FIOM, avanguardie attive nelle proteste, arrestati il 12 febbraio insieme ad altri 8 compagni rivoluzionari, espulsi ed accusati di essere infiltrati tra i lavoratori come chiunque implicato nell’inchiesta. E oggi attaccano anche chiunque dimostri loro solidarietà. Inoltre il Primo Maggio, in diverse città, la direzione sindacale ha predisposto un enorme impiego della sbirraglia per impedire a chiunque non fosse loro allineato di arrivare al nelle piazze.
Questo inasprimento del clima di controllo repressivo e di caccia alle streghe serve agli sbirri confederali per continuare a sferrare attacchi ai lavoratori in combutta con governo e Confindustria.
A breve finirà il semestre per il trasferimento del TFR ai fondi pensioni privati, perfetta rapina che frutterà ingenti somme di denaro alle casse di CGIL, CISL e UIL ed è prossima la controriforma previdenziale (su cui le parti sociali sono d’accordo da molto tempo) che diminuirà le pensioni e aumenterà l’età pensionabile. Allo stesso modo via via l’intero stato sociale sarà profondamente ritoccato.
Inoltre, è ancora in ballo il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici per cui la cosca al capo dei confederali ha proposto la solita piattaforma ridicola che suscita tantissimi malumori e bocciature tra gli operai, com’è già apparso chiaro alla FIAT di Pomigliano.
Esplosioni di rabbia come quella alla Tiberina, ci fanno capire come, dopo i 21 giorni di blocchi del 2004, da una parte la linea perdente dei confederali abbia fatto rimanere in sospeso molte rivendicazioni operaie e non hanno per nulla portato gli stabilimenti di Melfi sulla linea degli altri in Italia; dall’altra, a dispetto di chi con miseri contentini credeva di zittirli, dimostra come i lavoratori sono sempre pronti ad impugnare l’arma della lotta per far valere le proprie ragioni.
Da quella gloriosa mobilitazione l’intera classe operaia e le masse popolari in genere capirono che, per rendere incisive le lotte, bisogna colpire al cuore della produzione e rompere le dinamiche concertative facendo diventare le proprie ragioni un problema di ordine pubblico. Infatti, negli anni seguenti quegli insegnamenti sono serviti per tantissimi fermenti di massa come quelle per l’ambiente contro le scorie a Scanzano Jonico e contro la TAV in Val di Susa.
Sulla stessa strada i metalmeccanici, durante la vertenza per lo scorso rinnovo del CCNL, hanno picchettato e bloccato le strade, rompendo, di fatto, il meccanismo dei tantissimi scioperi ininfluenti messo in piedi dai vari Epifani e Rinaldini per sfiancare il malcontento e accontentare in pieno i padroni.
Da questi insegnamenti, il proletariato deve ripartire per far pagar caro ogni sopruso alla banda guerrafondaia di Prodi al governo, retto dalle stampelle confederali consegnategli da di Confindustria.
È necessario, inoltre, che ogni fermento non rimanga isolato e fine a se stesso. Per far ciò è importante che la classe lavoratrice si doti di una propria organizzazione, fuori dagli interessi padronali, capace di dare alle lotte economiche e sociali una prospettiva politica. Un partito comunista in grado far diventare ogni battaglia dei lavoratori un passo in avanti verso il sorgere di una società senza guerra e sfruttamento.
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