13/06/2007: Sangue, acqua & petrolio: falsità della Guerra del Darfur
Molto è stato scritto sulla crisi nel Darfur, le tre province più occidentali del Sudan, per cui non ripeterò cose già dette. E' sufficiente dire che gli USA stanno a guardare il genocidio contro le tribù Fur, Masaalit e Zaghawa perpetrato dalla milizia Janjaweed appoggiata da Khartoum - un interesse alimentato senza dubbio dal desiderio di Washington di accedere alle riserve di greggio del Sudan, le quali vengono attualmente sfruttate esclusivamente dalla Cina ed in misura minore dalla Malaysia e dall'India.
D'altra parte, Nafi Ali Nafi, il deputato leader del Partito Nazionale del Congresso attualmente al governo ha ammesso che Khartoum ha armato ed addestrato una "forza di difesa popolare" civile di sostegno alla Forza di Difesa Sudanese nel suo intervento contro i ribelli del Darfur, negando al tempo stesso qualsiasi forma di genocidio.
Il Sudan rimane, secondo i parametri della Banca Mondiale, un paese povero altamente indebitato. Ma il petrolio ha cambiato le cose a partire dal 2006, rappresentando oltre il 25% del PIL del Sudan. Tuttavia ben poco della ricchezza prodotta dai 120.000 barili di greggio all'anno si riversa in un'economia sostenuta dai lavoratori immigrati del Bangladesh attratti dalle false promesse del Sudan (finendo poi a spazzare pavimenti per 100 dollari al mese), o nei territori periferici abbandonati come il Darfur.
Il Fondo Monetario Internazionale è il responsabile delle letali politiche di privatizzazione in Sudan, il quale da un lato ha adottato impopolari misure di austerità interna e dall'altro ha aderito all'Area di Libero Scambio per l'Africa orientale e meridionale verso l'estero.
E poi, nel 2006, è stato stimato che oltre 200.000 persone siano morte in Darfur per cause dirette o indirette della guerra e che 2,2 milioni di persone risultano deportate. Che si sappia non vi è petrolio in Darfur, eppure la China National Petroleum Corporation è decisa nel far passare in Darfur un oleodotto che connetta Port Sudan sul Mar Rosso attraverso la ricca regione petrolifera sudanese di Abeyi alle nuove riserve nella Guinea Equatoriale... Ma c'è anche un gigantesco giacimento d'acqua, che corre dal confine libico sotto il Darfur verso il Nilo, ed è possibile affermare che le riserve d'acqua sotterranee stanno per diventare, dopo il petrolio, una merce di valore, al pari dell'uso sostenibile della capacità di portata del Nilo.
Dopo un soggiorno nel mese di aprile ad el-Fasher e Nyala, rispettivamente le capitali del Nord e Sud Darfur, ecco alcune riflessioni sulIa situazione in Darfur nella speranza che gettino nuova luce sulla guerra in corso.
1. Il conflitto in Darfur non è tra "Arabi" ed "Africani". In Darfur è alquanto ovvio che tali distinzioni, benchè brandite da una minoranza degli abitanti, non corrispondono alla realtà di fatto, tant'è che che tutti parlano in arabo, si vestono in fogge identiche ed hanno la stessa cultura. All'interno di una stessa famiglia, le caratteristiche somatiche esprimono l'eredità di meticciato degli abitanti del Darfur. Le differenze che pure esistono sono più di carattere tribale che etnico, il che pone la domanda del perchè mai la questione del Darfur sia stata trattata dai media occidentali come uno scontro razziale. Il conflitto nel Sudan meridionale potrebbe essere facilmente ed emotivamente usato a scopi geopolitici da parte dell'Occidente, facendolo apparire come lo scontro fra una cultura cristiana oppressa al sud ed una cultura islamica dominante al nord. Ma questa argomentazione non può essere applicata al Darfur che ha una popolazione largamente omogenea - e tuttavia continua ad essere venduta in Occidente una subdola e disonesta versione (cioè di Arabi contro Africani) del conflitto. Cosa che avviene in seguito alla demonizzazione della cultura araba ed islamica da parte dei Cristiani fondamentalisti in America, signori dei Nuovi Crociati.
2. Il Sudan non è uno stato islamico fondamentalista. Nonostante fin dal 1983 siano stati introdotti dal regime precedente alcuni aspetti della legge della sharia e di una politica di islamizzazione che tecnicamente si applicava solo nel nord, la tradizione islamica del Sudan è soprattutto di origine Sufi col suo porre l'accento su un rapporto personale ed estatico di comunione con Allah. L'austero Islam Salafita che ha prodotto gruppi come al-Qaeda rimane una tradizione minoritaria all'interno del Sudan con effetti sociali e politici molto limitati (anche se Osama bin Laden ha soggiornato a Khartoum agli inizi degli anni '90). In politica, il longevo Partito della Umma può far ricordare la mania anti-coloniale della Rivolta Madhista del 1881-1885, ma in reatà, tale Partito con è che un cavalluccio di legno del nipote di Mahdi, Sadiq al-Mahdi. Nel frattempo, i Fratelli Musulmani non sono stati consultati (come invece prevede un principio di una shura della sharia) sulla politica di islamizzazione del governo, ed alcuni aspetti del codice legale erano im conflitto diretto con la sharia per cui il codice legale resta inaccettabile per molti Sudanesi - Musulmani inclusi.
3. La causa del conflitto non è solo politica. E' chiaro che molti ribelli hanno preso le armi perchè hanno visto in questa scelta l'unica (basata sull'apparente successo della lotta al sud) per convincere Khartoum ad una devoluzione di potere e di risorse per la situazione stagnante nel Darfur. Ma di più grande preoccupazione è l'implacabile avanzata della desertificazione da est ad una valocità di 10 km all'anno. Ad esempio, solo nel 1992, il confine col deserto correva a 120 km buoni ad ovest di Nyala. Oggi, invece, il deserto è a soli 5 km dal limite della città. Così la desertificazione ed il degrado ambientale - esacerbato dal diradamento delle foreste del Darfur da parte del mercanti di legname - ha compresso le tribù in aree sempre più ristrette in cui non si contano i litigi e gli scontri in seguito alla riduzione della terra da pascolo e delle risorse d'acqua. La modernizzazione iniziata con l'era Nimeri (vedi più avanti) aveva messo in crisi le tradizionali modalità per la risoluzione delle controversie, e come in Somalia, la disponibilità di armi automatiche ha alimentato la spirale delle appartenenze di sangue tribali oltre i confini tradizionali.
4. Il dispiegamento di truppe ONU in funzione di peacekeeping non gioverà. E' evidente che la reale predisposizione di campi per i "profughi interni" in tutto il Darfur faccia il gioco di Khartoum. Questi campi, come quello di Abu Shouk a nord di el-Fasher in cui vi sono 50.000 profughi, sono gestiti dai governi regionali, aiutati da una pletora di agenzie ONU e di altro tipo, e vigilati in un certo senso dalla Unione Africana. Ma sebbene la vita nei campi sia relativamente passabile, con empori di telefonini cellulari e cosmetici e livelli di igiene che appaiono migliori di quelli nelle città (almeno confrontando Abu Shouk con el-Fasher), rimangono pur sempre dei campi di concentramento nel loro senso vero e proprio. Infatti, vi si concentrano forzatamente popolazioni tribali e già nomadi in una situazione di "città" artificiale per anni, urbanizzandole ed esponendole alle seduzioni del mercato - e naturalmente prosciugando sul terreno ogni supporto per i ribelli. Il dispiegamento dei caschi blu dell'ONU andrà forse a rafforzare un po' questa situazione, facendo così un grosso favore a Khartoum a spese del Darfur.
Detto questo, il Darfur resta chiaramente un territorio occupato, con la "tecnologia" dell'esercito sudanese (mezzi pesanti di marca Toyota con grosse mitragliatrici montate sopra) molto in evidenza, con elicotteri da guerra di fabbricazione cinese a el-Fasher ed aerei MiG di pattuglia a Nyala - e con una forte presenza dei servizi della Sicurezza ed Intelligence Nazionale in grande unifome.
Noi comunisti anarchici non possiamo ovviamente che condannare l'uso brutale ed indiretto della forza da parte di Khartoum - come l'uso cinico che fa dei campi profughi al fine di controllare il processo politico civile nel Darfur.
Ma noi comunisti anarchici dobbiamo anche respingere sia gli accenti razziali del dibattito da parte dei media occidentali sia la falsa soluzione offerta da una presenza militare armata dell'ONU. Dovremmo meglio considerare anche le radici ambientali e tribali di questa guerra complessa e vedere che - come già ben sostenuto dai ribelli del Darfur - l'unica garanzia di una piccola dose di democrazia nel Darfur sta nella devoluzione del potere al popolo in armi (sebbene questo non vada letto come una approvazione incondizionata di qualsiasi piattaforma dei ribelli).
L'ovvia domanda diviene allora, qual è l'alternativa? Ecco allora una breve panoramica della sinistra sudanese. Il Partito Comunista Sudanese (HSS) è stato fondato nel 1946 durante la grande insurrezione anticoloniale post bellica, ed è giunto al potere per poco nel 1964 quando un governo di transizione includeva tutte la fazioni compresi i Fratelli Musulmani. Ma dopo le dure lotte secessioniste al sud seguite alle elezioni del 1965, il governo svoltò a destra e mise fuori legge l'HSS.
Il partito rinacque nel 1969 grazie al golpe del Colonnello Gafaar Mohammed Nimeri, che abbattè l'ala militare dell'HSS e gettò le basi per un partito unico al governo di uno stato filo-sovietico. Ma nel 1970, Nimeri, la Libia di Muammar Gheddafi e l'Egitto di Anwar Sadat annunciarono la loro intenzione di unire i loro tre paesi in una federazione. La cosa era inaccettabile per l'HSS che preparò un colpo di stato per metterer Major Hashim al-Ata al posto di Nimeri - il quale però tornò al potere nel giro di tre giorni e l'HSS venne nuovamente eliminato dalla scena politica.
La politica estera di Nimeri nel frattempo si rivolgeva verso gli USA sull'onda dell'assassinio nel 1981 di Sadat, il quale aveva fatto torto a Nimeri quando aveva raggiunto una pace separata con Israele. Nel 1985, uno sciopero generale paralizzò Khartoum e portò alla caduta di Nimeri mentre era in visita negli USA, con un golpe incruento. Il Dottor Gizuli Dafallah, un sindacalista molto in vista durante lo sciopero, venne fatto primo ministro dal consiglio militare di transizione, un indicatore della crescita del potere del movimento sindacale nel Sudan.
Ma il governo si dimostrò instabile nel contesto dovuto sia all'emergere di una nuova forza secessionista nel sud, l'Esercito del Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan (SPLM/A) sia alle profonde divisioni sulla islamizzazione del codice legale dell'era Nimeri; e nel 1989, Brigadier Omar el-Bashir compì il suo colpo di stato nel nome del Consiglio del Comando Rivoluzionario per la Salvezza Nazionale.
La sinistra nazionalista dello SPLM/A accolse il sostegno del regime stalinista di Mengistu Haile Mariam nella vicina Etiopia, ma egli stesso venne defenestrato nel 1991, in seguito al collasso globale del Blocco Orientale ed all'azione dei movimenti di liberazione.
Nel 2001, il Bikisha Media Collective del Sud Africa - che è stato il cuore nella costituzione della attuale Federazione Comunista Anarchica Zabalaza - ebbe dei contatti con un ufficiale comandante ribelle della Alleanza Democratica Nazionale (TWD) del Sudan. Formatasi nel 1989, la TWD era in esilio in Eritrea, comprendeva 11 gruppi di opposizione del nord e del sud del Sudan, fra cui l'HSS, lo SPLM/A e vari sindacati, e puntava a sostituire il regime di el-Bashir con una democrazia parlamentare.
In quella occasione, l'ufficiale della TWD ci chiese: "Con grande rispetto in quanto compagni in armi, vorrei maggiori informazioni a proposito della rivoluzione, poichè è diritto ci ciascuno di noi lottare per quella libertà che ci è stata negata in quanto Africani amanti della pace, dal momento che eravamo mentalmente prigionieri".
Egli ci chiese informazioni per la "migliore formazione possibile" e "tecniche definite" necessarie per perseguire la vittoria. Da parte nostra gli indicammo la Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Libertari. Benchè il contatto si sia in seguito perduto, questo dimostra come ci fosse una fame di pratiche politiche che i comunisti anarchici possono indicare ed offrire.
Con questo non voglio esagerare le potenzialità di un progetto comunista anarchico in Sudan oggi. Già l'ingresso nel governo da parte dello SPLM in seguito all'accordo di pace globale del 2005, ha tagliato le potenzialità alle sue tendenze interne più radicali (ed i dissidenti all'interno del movimento tendono oggi a porsi più su basi etniche).
La legalizzazione dell'HSS ha portato poi alla frattura del suo vecchio edificio stalinista, con parecchie tendenze di "ultra-sinistra" che rompono col partito, primariamente tra gli studenti all'Università di Khartoum. Sebbene queste tendenze siano soprattutto in odore di maoismo, influenzate come sono dalle condizioni di guerra nei territori rurali, rimangono a mio parere le potenzialità perchè il comunismo anarchico qui possa prendere strada con idee nuove. Ed il movimento sindacale, sebbene sia molto legato alle città, è fprte, e questo è un buon segno per chiunque desideri vedere una classe operaria potente nel Sudan.
Michael Schmidt (ZACF-Sud Africa)
(traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali)
http://www.autprol.org/