13/06/2007: BALTASAR GARZÓN, UN COLTELLO NELLA PIAGA


Lo scorso 10 aprile canal 2 della TVE [televisione spagnola, ndt] ha trasmesso il documentario "El alma de los verdugos" ["l'anima dei boia", ndt] codiretto e copresentato dal giudice della Audiencia Nacional [tribunale speciale "antiterrorista" spagnolo, ndt] Baltasar Garzón. Il contenuto del documentario presuppone per quanto possibile un sostegno a chi per molti anni ha cercato il riconoscimento e il risarcimento di centinaia di vittime delle detenzioni arbitrarie, delle torture, delle sparizioni forzate, in definitiva del terrorismo di stato tra gli anni settanta e ottanta, in Argentina, Cile o altri paesi latinoamericani. É giusto che la tortura venga sempre denunciata ed è certo che il documentario ha reso evidente una realtà lacerante.
Nonostante tutto, dubitiamo, e così lo rendiamo pubblico, che la persona più adeguata per attuare tale denuncia sia il giudice Baltasar Garzón, autopresentatosi come un'autorità nella persecuzione dei torturatori.
Come lo stesso Vicente Romero - codirettore del documentario - ha assicurato, "continuano ad esserci torture in altri paesi, sequestri, sparizioni e carceri segrete". Proprio Garzón, nella sua quotidiana attività nel tribunale speciale antiterrorista dell'Udienza Nazionale, conosce perfettamente questa realtà, in prima persona, essendo egli stesso colui il quale emana l'ordine di isolamento delle persone accusate di terrorismo, reale spazio di impunità in cui si producono brutali torture.
Ma l'impunità dei torturatori non è un qualcosa che riguarda soltando le dittature sudamericane, ma anche lo Stato spagnolo. Le reiterate raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura e del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio Europeo, del Comitato dei Diritti Umani, del Comitato Contro la Tortura e del Relatore contro la Tortura delle Nazioni Unite, così come di organismi non governativi della taglia di Amnesty International, Human Rights Watch o della Organizzazione Mondiale Contro la Tortura, denunciano un sistema che facilita o protegge l'esistenza di un quadro grave di torture nello Stato spagnolo dove, come denunciano le associaciazioni e i collettivi che lavorano in questo ambito, da ciò che ci portiamo dietro dal secolo XXI si starebbero producendo più di 700 casi annuali di denunce di torture e maltrattamenti nei confronti di persone di tutti i tipi e condizioni.
Però queste denuncie - e le condanne - non sono soltanto generiche, ma si riferiscono anche al coautore del reportage Baltasar Garzón: in attesa dei Giochi Olimpici di Barcellona si sviluppò in Catalogna la cosidetta «Operación Garzón» che si concluse con la detenzione da parte della Guardia Civile di una trentina di persone, la maggioranza vincolate al movimento indipendentista catalano. Molti degli arrestati denunciarono di essere stati sottoposti, durante gli interrogatori, a torture come la bolsa [metodo di tortura consistente nell'avvolgere la testa del detenuto con una busta di plastica fino ad asfissiarlo, ndt], le percosse su tutto il corpo, gli elettrodi, l'impedimeto del sonno, di aver subito minacce e essere stati vittima di simulazioni di esecuzione. Alcuni tentarono il suicidio. Il caso fu risolto 12 anni dopo con una sentenza del 2 novembre 2004 dal Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo, il quale segnalò la propria convinzione che le investigazioni sulle denuncie non erano state «abbastanza profonde ed effettive per rispondere alle esigenze» dei trattati internazionali. E ciò coinvolgeva anche Baltasar Garzón poichè, secondo i querelanti, «a seguito delle denuncie formulate di fronte al Tribunale Centrale di Istruzione n. 5, furono sottoposti a una visita medica dettagliata. Tale tribunale si limitò a richiedere al medico legale, L. L. G., una semplice relazione, e non una vera perizia sui maltrattamenti denunciati».
Inoltre, la sentenza constata che «il 20 maggio 1997 - quasi 5 anni dopo la
denuncia - l'Audiencia Nacional non aveva dato seguito alla decisione di rimettere ai tribunali competenti le prove dei maltrattamenti». Per tutto questo, Il Governo fu condannato a indennizzare chi aveva fatto ricorso.

Anche il Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio Europeo nel suo rapporto sulla visita di gennaio del 1997, menziona il tribunale che dirige Garzón. In questo rapporto raccoglie le prove di tortura subite dal cittadino basco Jose Arkauz considerando la sua testimonianza "dettagliata e coerente" contraddicendo così la versione del giudice che occultava queste torture affermado che con Arkauz si adottarono scrupolosamente "le indicazioni del CPT per prevenire qualsiasi posibilità di malrattameti o torture". Il Comitato rimprovera al tribunale di non aver adottato misure "ripetutamente raccomandate dal CPT", come la messa a disposizione di un avvocato e inoltre denuncia le numerose irregolarità della visita da parte del medico legale.
In queste due occasioni l'Europa dette prova di funzionare. Perché nello Stato spagnolo e nei suoi tribunali si compie la premessa esposta da Garzón nel documentario, per cui «il torturatore tortura perché possiede la capacità che gli da il potere di farlo. In un'altra situazione non lo farebbe mai». Però il giudice parlava di Argentina e Chile.
Nel dicembre dello scorso anno il giudice annunciò una serie di misure di prevenzione della tortura ad undici islamisti detenuti in isolamento a Ceuta, tra queste la registrazione video che coicideva con la visita nello Stato spagnolo di Eric Sotas, direttore dell'Organizzazione Mondiale Contro la Tortura. Senza Dubbio, durante i suoi anni trascorsi come giudice istruttore nell'Audiencia Nacional, vi sono stati centinaia di cittadini baschi che hanno denunciato davanti a Baltasar Garzón di aver patito torture senza che questi gli prestasse più attenzione che quella di un mero tramite buocratico. Il 25 gennaio la polizia arrestò e mise in isolamento Iker Agirre, accusato di appartenere all'ETA, in un'operazione supervisionata da Garzón. In questo caso non adottò nessuna misura. Il giovane basco riportò in seguito di severe torture.

Conosciamo l'attitudine di Garzón in ambito internazionale così come la conosciamo in quello domestico, visto che è sua abitudine vedere al di fuori delle frontiere della sua attività giurisdizionale ciò che non vede davanti al suo naso. Conosciamo il suo interesse nell'apparire come il giudice progressista, per poter così adottare un atteggiamento estremamente repressivo nei suoi uffici del tribunale eccezionale dell'Audiencia Nacional. Conosciamo bene la sua passività verso la tortura nei suoi affari quotidiani, così come sappiamo che la sua attività in ambito internazionale non è nient'altro che un leggero barlume di difensore dei diritti umani senza però che le sue azioni abbiano potuto esserne testimoni. Sappiamo anche l'importanza che questo ha per quei gruppi che, come noi, nella difficile lotta per il riconoscimento e risarcimento delle vittime della tortura, si aggrapperebbero perfino a un coltello nella piaga. Il coltello che ha offerto Baltasar Garzón a tutte quelle persone che in questo reportage, senza dubitare della sua reale volontà, hanno fatto affidamento in lui.

A loro va tutto il nostro affetto e la nostra solidarietà, sperando che comprendano il dolore che ci causa la riabilitazione che si concede a tale personaggio con iniziative come questa.

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- Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía - APDHA - Andalucía
- Asociación de Juristas Andaluces 17 de Marzo - Andalucía
- Asociación de Solidaridad y Apoyo a los Presos de Aragón - ASAPA - Aragón
- Acció dels Cristians per lŽAbolició de la Tortura - ACAT - Catalunya
- Observatori del Sistema Penal i els Drets Humans de la Universidad de
Barcelona - Catalunya
- Memoria Contra la Tortura - Catalunya
- Asociación de Abogados Vascos - Eskubideak - Euskal Herria
- Observatorio Vasco de Derechos Humanos - Behatokia - Euskal Herria
- Salhaketa - Euskal Herria
- Torturaren Aurkako Taldea - TAT - Euskal Herria
- Asociación Libre de Abogados - Madrid
- Centro de Documentación contra la Tortura - Madrid
- Centro de Asesoría y Estudios Sociales - CAES - Madrid

Traduzione dal castigliano a cura di Senza Censura, www.senzacensura.org

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