04/06/2007: Comunicato sulle perquisizioni a Bologna del 31 maggio 2007
Nella stessa città in cui il prode questore Birillo (ops! Cirillo, scusate), in una brillante azione degna di encomio, insieme a due suoi degni compari armati di tutto punto riesce coraggiosamente ad arrestare in un bar due donne romene incinte di sette mesi per il furto di un portafoglio…
…alle sette del mattino del 31 maggio la digos si è presentata alla porta di 12 case e alla sede del Centro di Documentazione Fuoriluogo per effettuare perquisizioni. Il provvedimento, firmato dal solito pm della procura bolognese Paolo Giovagnoli, parla di otto indagati per i reati di apologia del delitto di attentato per finalità terroristiche ed eversive dell’ordine democratico (art. 414 co.3 e 4 in relazione all’art. 280 co.4) e per associazione sovversiva (art. 270 bis), gli altri mandati invece si riferiscono a “persone informate sui fatti”. In due casi le perquisizioni sono state condotte con l'ausilio di unità cinofile.
L’episodio incriminato si riferisce alla distribuzione di un opuscolo contro la legge 30, detta Biagi, in occasione di una conferenza pubblica che aveva come titolo niente di meno che “La dignità del lavoro”. Che squallide facce di bronzo!
Ricordiamo che, come riferiva in quei giorni di marzo il quotidiano locale, il tutto era avvenuto a volto scoperto e anche con qualche parola di spiegazione ai presenti sull’opuscolo distribuito che, tra l’altro, era stato pubblicato quasi cinque anni prima. Stanno davvero grattando il fondo del barile: associazione sovversiva per la critica di una legge che ha ridotto allo stremo i lavoratori e del suo ideatore per le responsabilità che gli competono nell’aggravamento delle condizioni di sfruttamento. Basterebbe farsi un giro in una qualunque fabbrica, ufficio, ospedale dove insomma qualcuno sperimenta sulla propria pelle la concretizzazione di quelle sue perspicaci idee, per sapere con che affetto lo ricordano questi lavoratori.
La perquisizione al Centro di Documentazione Fuoriluogo è iniziata in assenza dei compagni interessati grazie al sequestro delle chiavi in una delle case. Chi non era schedato è stato portato in questura e alcuni compagni non indagati hanno dovuto subire un interrogatorio come “persone informate sui fatti”. Hanno sequestrato l’opuscolo "incriminato" a chi l’aveva e tutto quello che capitava sotto mano, ovviamente senza alcun collegamento con il mandato, a seconda delle preferenze dei digos distribuiti fra le varie case, oltre alla roba di altri conviventi dei perquisiti con la solita indiscriminata arroganza autoritaria di questi servi sadici e stolti. L’esito, secondo loro positivo, è dovuto al ritrovamento di ben quattro bulloni, due petardini e tanti volantini, insieme ai soliti computer che spariscono ogni due o tre mesi nei loro uffici per ritornare, quando va bene, dopo anni. Le chiavi del Centro non sono state restituite, quindi rimangono nelle mani degli sbirri.
Nessuno è stato trattenuto.
Continua l’atmosfera da ventennio fascista con la messa sotto accusa di “terrorismo” di ogni manifestazione di pensiero anche minimamente, ironicamente, sommessamente e a volte niente più che dissidente. Solo per riportare qualche esempio recente, un compagno è stato perquisito per imbrattamento con successivo sequestro dell'auto e del computer, una compagna è stata rincorsa e minacciata dalla polizia, e salvata solo dalla presenza di altre donne, perché stava cancellando l’originale maschio epiteto “puttana” da una scritta sul muro. Pochi mesi fa sono stati incarcerati dei compagni perché avevano espresso solidarietà verso alcuni arrestati.. Tra poco bisognerà aspettarsi che uno che sta leggendo un libro sulle bierre o sugli anarchici alla fermata dell’autobus possa venire preso e condotto in carcere per apologia di reato.
Ma tutto questo succede perché all’avanzare della repressione corrisponde un aumento tale della paura da far arretrare la lotta fino ai limiti del soffocamento. Se è vero che i rapporti di forza ci sono avversi, è anche vero che il terrore non può abbassare così tanto il volume delle nostre parole e delle nostre azioni da ridurci al silenzio totale.
I fuoriluogo
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