31/05/2007: Una riflessione sull’audizione del 3/05/07 del ministro della giustizia Clemente Mastella in commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della “criminalità organizzata mafiosa o similare”


Nel percorso di lotta intrapreso abbiamo posto al centro della nostra prassi la lotta contro la differenziazione, l’isolamento e l’annientamento carcerario, per poter effettivamente rilanciare la solidarietà fra interno ed esterno. Consideriamo questo il presupposto per combattere la violenza e il terrorismo dello stato, l’intimidazione e la deterrenza che esso esercita.
All’inizio di questo percorso proponevamo di mettere al centro della mobilitazione contro il carcere e la repressione, il regime speciale applicato con il 41 bis, poiché consideravamo questo il trattamento carcerario che, con la sua durezza, informava di sé, dava l’impronta all’intero sistema. Il 41 bis è solo il nome dato al grado massimo della violenza esercitata dal carcere, la quale, come in una scala, viene applicata in gradi e forme più o meno aperte e dure. E’ solo un nome che però incarna un ben preciso orientamento in materia carceraria; l’art. 41 bis non è stato infatti definito una volta per tutte ma fin dalle sue origini, in quindici anni, ha conosciuto varie modificazioni, come ad esempio l’introduzione del processo in videoconferenza (1998), la sua stabilizzazione all’interno dell’ordinamento penitenziario (2002), fino ad arrivare ai progetti qui analizzati. E’ dunque uno strumento flessibile che si riflette sull’intera struttura differenziata carceraria. Prigionieri trasferiti dalle sezioni di 41 bis alle sezioni Elevato Indice di Vigilanza (EIV) scrivono di aver trovato in queste ultime condizioni ben peggiori e questo significa che l’annientamento carcerario non viene praticato solo nelle sezioni di 41 bis ma che esse lo rafforzano e lo estendono lungo tutti i gradini della scala cercando di renderlo normalità ovunque .
Ogni livello di resistenza a questa società – quindi non soltanto dentro e contro il carcere – trova lo stato già predisposto per isolarlo e vincerlo fino ad applicare se necessario l’armamentario del 41 bis.
Questo trattamento mira all’annientamento dell’identità politica e sociale anche con il processo in videoconferenza o “a distanza”, che nega all’imputato la presenza nei processi che lo riguardano e, con ciò, di rivendicare le proprie ragioni.
Ci sono parti dello Stato che oggi, in perfetta sintonia e continuità con i governi precedenti, vogliono perpetuare ed estendere, come emerge dagli stralci quì sotto riportati, le particolari forme di isolamento e di restrizione operanti nelle sezioni a 41 bis, ed estenderne l’applicabilità.

Dall’audizione citata:

“Innanzitutto la durata del regime speciale. Essa potrebbe essere utilmente portata a tre anni prorogabili per i successivi di durata non inferiore ai due anni”.
Attualmente il provvedimento ha durata non inferiore ad un anno e non superiore ai due ed è prorogabile nelle stesse forme per i periodi successivi di anno in anno.

“…il regime speciale può essere applicato ove ne ricorrono altre condizioni, agli autori dei reati previsti all’art. 4 bis dell’o.p. ‘anche ove tali reati non costituiscano titolo di attuale detenzione’”.
Questo può significare che nonostante si sia terminato di scontare una condanna per “associazione di stampo mafioso”, “associazione terroristica o eversiva” per le quali è previsto il 41 bis, questo trattamento può essere applicato anche nelle detenzioni successive anche se i “reati” contestati non prevedono formalmente l’applicazione di questo regime speciale.
Questo carattere preventivo viene esplicitato nel paragrafo successivo:

“Autorevoli opinioni hanno anche di recente sostenuto l’opportunità di adeguare la struttura del regime speciale alla sua finalità di prevenzione, volta a impedire il perdurare dei collegamenti tra le persone condannate per reati previsti all’art 4 bis o.p. e le associazioni criminali di tipo mafioso, terroristico o eversivo. Secondo tali opinioni, dovrebbe esse normativamente esplicitata la natura propria di un ‘regime detentivo di prevenzione’ fondato sull’esigenza di prevenire il compimento di reati mediante la sospensione dell’ordinario trattamento per autori di delitti di cui all’art 4 bis o.p., in relazione ai quali sia necessario impedire i collegamenti con una organizzazione mafiosa, terroristica o eversiva”.

“…la riformata normativa potrebbe addirittura sganciare il provvedimento dall’esigenza del controllo sull’attualità dei collegamenti con l’esterno, fissandone i requisiti nella pericolosità del soggetto, desumibili da una serie di indicatori…”.

Di seguito ne riportiamo alcuni:
“b)in indagini in corso sul gruppo criminale;
h)nei contatti delle persone ammesse a colloquio con altri soggetti appartenenti al medesimo gruppo criminale;
k)in colloqui straordinari.
L’inapplicabilità o il mancato rinnovo del regime 41 bis o.p., secondo questa impostazione deve poter avvenire solamente in presenza di elementi specifici e concreti in grado di supportare il convincimento del venir meno della pericolosità sociale del detenuto e della sua capacità di mantenere collegamenti con l’esterno”.
In linea con l’essenza stessa del provvedimento, ovvero quella di spingere il prigioniero a rinnegare se stesso, diventando di fatto un “collaboratore di giustizia”, in questo passaggio si mira ad approfondire il carattere arbitrario e discrezionale nella decisione di applicare il trattamento di 41 bis.

“Opportuna appare altresì l’introduzione, richiesta da ultimo dalla Direzione Nazionale Antimafia, di una norma sanzionatoria per chiunque ponga in essere comportamenti diretti a tenere o consentire collegamenti tra il detenuto sottoposto a 41 bis o.p. e gli ambienti esterni. Infatti, nel caso di comportamenti del genere risultano inapplicabili al detenuto o a i suoi congiunti le fattispecie del favoreggiamento personale o della procurata inosservanza di pena”.
Un attacco esplicito e diretto alla solidarietà e persino agli affetti nel tentativo di criminalizzare entrambi.

“Altro problema che può trovare un’esplicita soluzione in una prospettiva di riforme è quello di evitare la possibilità oggi assai concreta di un intervento giudiziario modificativo del contenuto delle misure adottate . Il reclamo deve riguardare soltanto la legittimità del provvedimento di applicazione, nel senso che il tribunale potrà accogliere o rigettare – pervenendo se del caso ad un totale annullamento – ma non modificare il provvedimento, aumentando, ad esempio, il numero dei colloqui, le ore di socialità o il numero dei pacchi”.
Ciò equivale a perpetuare il trattamento di 41 bis e ad eliminare la possibilità di fare ricorso per modificare il trattamento a cui si è sottoposti.

“In linea con la disciplina vigente in materia di benefici penitenziari a favore dei collaboratori di giustizia, per i detenuti sottoposti al 41bis o.p. la competenza potrebbe essere individuata nel Tribunale di Sorveglianza del luogo presso il quale ha sede il Ministro della Giustizia, autorità che ha emesso il provvedimento sottoposto a reclamo. Affidare la competenza al solo Tribunale di Sorveglianza presso la Corte di Appello di Roma, aumentandone, ove necessario l’organico, assicurerebbe uniformità nell’applicazione della normativa…”.
Questo evidenzia la decennale volontà dello stato di istituire un tribunale speciale, come durante il ventennio fascista, cioè un tribunale direttamente dipendente dalla volontà del governo.

Lottare contro il 41 bis assume il significato di ostacolare il dispiegamento dell’isolamento, del sistema disgregante fondato sul premio e la punizione e della sua proiezione intimidatoria e terroristica all’esterno, rilanciando così la solidarietà di classe che è il presupposto di lotte unitarie, sia fuori che dentro il carcere.
Va in questo senso la giornata di lotta sotto il carcere di L’Aquila che del 41 bis é l’emblema. 

31/05/2007
OLGa

Materiali di approfondimento:
- Testo integrale dell’audizione del 3/05/07 del ministro della giustizia Clemente Mastella in commissione parlamentare di “inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare” (www.autprol.org/public/all1.pdf)
- Il carcere duro diventa più lungo (da www.consiglionazionaleforense.it) (www.autprol.org/public/all2.htm)

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